“Subito dopo, un’altra ondata di Galli – questa volta Cenomani guidati da Etitovio – seguì le orme dei predecessori e, dopo aver valicato le Alpi nello stesso punto con l’appoggio di Belloveso, si andò a stanziare lì dove oggi si trovano le città di Brescia e Verona. Dopo di loro, Libui e Salluvi si stabilirono presso l’antico popolo dei Liguri Levi che vive nelle vicinanze del fiume Ticino. Quando poi Boi e Lingoni superarono le Alpi Pennine e trovarono che tutte le terre comprese tra il Po e le Alpi stesse erano già state occupate, attraversarono il Po a bordo di zattere e scacciarono dalle loro terre non solo gli Etruschi ma anche gli Umbri, senza però spingersi al di là degli Appennini. Fu allora che i Senoni, gli ultimi Galli a invadere la penisola, occuparono la zona compresa tra i fiumi Montone ed Esino”. Con queste parole, Tito Livio racconta nel suo Ab Urbe Condita la grande invasione dei Celti che si riversò sull’Italia centro settentrionale ad inizio IV secolo a.C, quando anche la stessa potenza nascente di Roma venne messa in serio pericolo dalle truppe di Brenno, che saccheggiarono e distrussero l’Urbe nel 390 a.C. Questo evento venne pressoché taciuto per una questione di prestigio durante i secoli splendenti della Repubblica e dell’Impero ma, nonostante le poche righe scritte a riguardo, esso rappresenta uno degli snodi cruciali della Storia. Grazie a Rise of the Republic, ultimo DLC per Total War: Rome II, è ora possibile rivivere questi anni cruciali, in una campagna ambientata nella sola penisola italiana assieme alle isole della Sicilia e della Sardegna, riportando indietro le lancette dell’orologio esattamente al 399 d.C, quando Roma era ancora solo una delle tante potenze regionali del Lazio, circondata da nemici e da popolazioni ostili.
Storie
Questo nuovo pacchetto aggiuntivo racconta un periodo storico raramente affrontato: siamo soliti vedere le legioni marciare sui barbari inermi o centurioni guidare eserciti contro nemici sempre sopraffatti, ma la lunga parabola di Roma non è fatta esclusivamente da trionfi e momenti di gloria. Per assurgere al dominio dell’Italia prima e del Mediterraneo poi, la città dovette sostenere incessanti lotte con i suoi vicini, in un panorama geopolitico frastagliato e che viene raccontato con estrema accuratezza da
Rise of the Republic. Inutile negarlo, per noi abitanti del Bel Paese questo DLC ha un sapore tutto diverso, perché si focalizza esclusivamente sul passato del nostro territorio, con un valore quasi documentaristico. Da un po’ di tempo a questa parte,
Creative Assebly ha iniziato una partnership editoriale con
Ancient History Encyclopedia, una delle principali testate online sull’antichità e il beneficio in fatto di fedeltà storica è ben tangibile in questa nuova campagna. La mappa di gioco è infatti estremamente curata e nessun dettaglio è lasciato al caso: la pianura Padana che si affaccia sul delta del Po è una zona paludosa, fatta di palafitte e piccoli porti posti sulle rive del fiume, la Sardegna è una terra ostile dove si stagliano alte le torri nuragiche, mentre la Tuscia e l’Etruria sono terre ricche, bonificate dalle industriose città della dodecapoli etrusca. Ancora: sull’Isola d’Elba fioriva l’estrazione e il commercio del rame, le regioni orientali della pianura Padana erano celebri per l’allevamento dei cavalli, mentre la Sicilia era il granaio d’Italia, tutte caratteristiche storiche che puntualmente fanno il loro capolino in questa espansione.
Del medesimo livello anche l’accuratezza con cui sono state create le fazioni, numerose e ben diversificate anche per quel che riguarda quelle non giocabili che, fra Messapi, Piceni, Umbri e Sabini, compongono il frastagliato puzzle della penisola italica, un vero coacervo di culture, popoli e tradizioni. Infine, anche i nomi delle città rispecchiano i loro antichi toponimi e così Tarquinia diventa Tarchuna, l’antica Chiusi prende la denominazione etrusca di Clevsin e Ischia è ancora l’”Isola popolata dalla scimmie”, ossia la mitica Pithecusa. Sono tutti piccoli dettagli, ma che messi assieme sottolineano la cura e la volontà di Creative Assembly di appagare lo zoccolo duro della propria fan base. Qualche perplessità emerge invece durante le battaglie, nello specifico quelle d’assedio, dove gli insediamenti ricordano i loro cugini posteriori di almeno tre secoli e non le città fatte di legno di inizio 400 a.C.
Roma, città fortunata, invincibile e eterna?
Il maggior sforzo è stato ovviamente posto nella ricostruzione delle principali potenze. Sono ben nove, raggruppate in cinque culture differenti. Fra gli stati greci figurano Siracusa e Taras, l’antica Taranto fondata dagli Spartani nel VII secolo a.C, nelle tribù Galliche ci sono i Senoni e gli Insubri, le civiltà italiche sono divise fra Roma e Tarchuna, la città più avanzata fra quelle etrusche, le tribù italiche occupano l’entroterra del sud Italia con i Sanniti, mentre i Veneti sono stanziati nell’estremo nord est. Infine, nella selvaggia Sardegna la civiltà nuragica degli Iliensi lotta contro l’avanzare della potenza cartaginese. Volendo proprio essere maliziosi, spiace non vedere la principale rivale storica di Roma e delle colonie greche fra le fazioni giocabili, così come non sarebbe stato un peccato ampliare la mappa ad una manciata ulteriore di regioni, come la Massalia greca o le coste dell’Adriatico, suddivise fra le tribù illiriche a nord e l’Epiro a sud. Si sta ovviamente guardando la pagliuzza nell’occhio, perché è difficile sollevare reali critiche ad una Creative Assembly tanto attenta nel fornire a ciascuna di queste nove fazioni tratti e caratteristiche uniche.
Con Rise of the Republic si è fortunatamente evitato di incappare nel medesimo errore compiuto con Wrath of Sparta: le città stato greche erano infatti pressoché identiche, con truppe tutte uguali, edifici senza alcuna variazione e con un andamento della partita rallentato dagli estenuanti turni necessari per reclutare degli opliti o per avere una caserma. La nuova espansione mette invece in gioco potenze uniche, nei cui eserciti militano fanterie e cavallerie sempre differenti, con punti di forza e di debolezza specifici, forse non numerosissime nelle loro varianti, ma sarebbe comunque ingiusto chiedere in ogni caso di più, dato il contesto storico a cui era necessario attenersi. Discorso analogo per gli edifici, ridotti rispetto a quelli della campagna principale, ma abbastanza ampi da garantire una certa libertà di manovra nello sviluppo della propria fazione, contraddistinta inoltre dall’immancabile albero delle tecnologie.
Infine, ciascuna fazione ha un’azione politica ad hoc, capace di generare ingenti bonus e di influenzare pesantemente il corso della partita, anche se si nota una certa disparità per quel che riguarda la portata di questa meccanica fra le varie potenze. Con il Ver Sacrum, i Sanniti possono infatti reclutare immediatamente un esercito al completo, mentre i Veneti godono “solo” di bonus legati all’allevamento dei cavalli, spendibili per avere introiti maggiori o per velocizzare il reintegro delle truppe. Ancora, anche se non direttamente legato a questa azione politica, Siracusa dispone di truppe mercenarie uniche e decisamente superiori alla media, mentre se si osservano gli etruschi di Tarchuna, l’assemblea presso il Fanum Voltumnae ha un impatto molto più limitato sulla campagna. Queste abilità uniche, se da un lato differenziano le partite a seconda della fazione scelta, dall’altro non sembrano così bilanciate e con un output equiparabile.
Potius sero quam nunquam
Rise of the Republic ha degli indubbi meriti intrinseci, ma gode anche di quasi cinque anni di miglioramenti, patch e correzioni che hanno provveduto a far dimenticare il lancio quasi drammatico di Total War: Rome II. Grazie all’ultimo update, sono inoltre presenti anche il tanto agognato family tree e una serie di intrighi politici, utili per influenzare le relazioni con le altre fazioni e per regolare i conti interni, fra divisioni e correnti che potrebbero portare a spiacevoli secessioni e guerre civili. Il tempo ha giovato a Rise of the Republic anche da un punto di vista grafico: naturalmente i recenti Total War: WARHAMMER rimangono su un altro livello tecnico, ma questo DLC risulta molto più moderno grazie agli aggiornamenti introdotti con l’Ancient Update. Infine, questa espansione ha una qualità che non salta subito all’occhio, ma che appare evidente nel confronto con Empire Divided, altro recente contenuto aggiuntivo di Rome II; quest’ultimo cercava infatti di introdurre forzatamente molte delle novità viste con i Warhammer e con Attila, migliorie che non venivano supportate e adeguatamente gestite da una UI non programmata per sostenere certe meccaniche. Rise of the Republic si attiene invece ai limiti imposti da una struttura datata, senza invadere campi che non gli appartengono, anche se si sente il peso della mancanza di alcuni schemi oramai entrati nella testa dei giocatori della serie.
– Accurata ricostruzione storica
– Periodo storico affascinante e inesplorato
– Gestione delle fazioni con più profondità
– Qualche utile ritocco estetico
– Insediamenti anacronistici
– Gli anni comunque passano
– Le azioni politiche non sono tutte ben bilanciate
Rise of the Republic inserisce uno scenario inedito nella lunga storia di Total War e analizza un periodo storico, l’inizio dell’ascesa della Roma repubblicana, praticamente mai affrontato in nessun altro titolo. Il risultato è affascinante dal punto di vista del contesto geopolitico, un’Italia ricca di sfaccettature, multiculturale e dove ogni fazione cerca di assurgere al ruolo di potenza dominante, un panorama ricostruito con minuzia da Creative Assembly. Gli anni passano, molte delle trovate di Total War: Rome II, e dunque di questa espansione, sono superate, ma qualche piccolo lavoro di restauro dona a Rise of the Republic una veste più attuale, grazie anche all’Ancient Update, corposa patch gratuita che inserisce finalmente, dopo cinque anni di attesa, gli alberi genealogici.