Nel mondo dei videogiochi la negatività paga e non è certo dovuto al fatto che il pragmatismo permetta di attutire i duri colpi della delusione. No, la negatività, semplicemente, tira alla grande, smuove le folle, sommerge gli articoli di click, e porta le community a scaldarsi e a discutere animatamente di un titolo. In parole povere “l’importante è che se ne parli”, e poco importa se le parole sono principalmente insulti.
Per ogni uscita quindi si cerca sempre il pelo nell’uovo, l’elemento della discordia, il muro crepato da sfondare per far partire l’assalto. Crearsi un’immagine immacolata in un posto così martoriato dall’odio non è certo impresa da tutti.
I CD Projekt però ce l’hanno fatta, scagliandosi contro buona parte di ciò che viene visto come il male dai videogiocatori di vecchia data: DLC a raffica, drm obbligatori, prodotti che escono incompleti, blocchi alle mod e compromessi vari. Nati quasi dal nulla e divenuti in breve tempo uno degli studi più rinomati e osannati in circolazione, ora questi sviluppatori polacchi si trovano ad affrontare la loro sfida più difficile con The Witcher 3, terzo capitolo della serie che li ha portati fin qui.
Le aspettative, come prevedibile, erano alle stelle e tutti già pronosticavano un trionfo assoluto, capace di surclassare i già lodevolissimi predecessori. L’hype tuttavia è una brutta bestia, una di quelle che nemmeno uno strigo può ammazzare, e in questo caso ha chiuso all’angolo la software house, costringendola a buttarsi su un progetto spaventosamente ambizioso. I CD Projekt hanno indubbiamente molto talento dalla loro, ma le risorse?
Stavolta non sono bastate.
The Witcher 3 non è il messia degli action gdr che molti si aspettavano… è solo un ottimo gioco. E la parola “ottimo” che altrove suonerebbe come una promozione a pieni voti, qua ha il sapore aspro di una sconfitta.
Un lupo bianco immerso nel grigio
Meglio comunque mettere in campo prima le caratteristiche migliori di questo videogame, per alleggerire un po’ gli animi. A livello narrativo ad esempio siamo davanti a un’opera strabiliante, curata fino all’inverosimile. La storia attorno a cui tutto gira è semplice, e vede il buon Geralt di Rivia alla ricerca della sua figlia adottiva Ciri, personaggio solo citato nei precedenti capitoli. La giovane donna è stata addestrata come uno strigo ma non ha subito le mutazioni necessarie e possiede immensi poteri derivanti dal suo sangue che l’hanno portata a farsi dei pericolosi nemici.
Nulla di più naturale come premessa per portare Geralt a esplorare gran parte del mondo della ricerca di una persona a lui cara, lo diciamo senza mezzi termini, e infatti il nostro eroe dovrà farne di strada durante in questa avventura, una strada costellata di avvenimenti che rappresentano il punto più forte del titolo CD Projekt. Già, perché uno dei vanti della squadra polacca era la cura posta nella creazione delle quest, quantomai visibile nella complessità delle storie che vengono narrate nelle missioni secondarie. Tra i compiti disponibili solo i contratti sono semplici uccisioni di mostri in cambio di una ricompensa, tutto il resto è legato da questline ramificate e ricche di possibilità, con numerose scelte che possono decidere vita e morte di svariati npc. Un lavoro titanico, non c’è che dire, che si fonde con la buona trama principale per tratteggiare un mondo cupo e violento, un’era di tumulti dove spesso solo i più forti, i più pazzi, o i più codardi sopravvivono. La presenza di personaggi molto carismatici e riusciti, e la qualità dei dialoghi non sono altro che la ciliegina sulla torta di una lunga lista di racconti che quasi da soli spingono il giocatore ad andare avanti, sempre più incuriosito.
Fin qui tutto a meraviglia, ma adesso iniziano le crepe, e non stupitevi se per molti di voi queste debolezze strutturali porteranno il castello a crollare.
L’attenzione nello sviluppo delle quest, ad esempio, si è limitata alla loro trama, senza curarsi particolarmente della varietà effettiva delle stesse. Fondamentalmente, ciò che si fa durante tutta la campagna, quest secondarie comprese, è seguire (o farsi seguire da) determinati npc per raggiungere un certo luogo, ove poi ci si ritrova a combattere o a conversare per ottenere qualcosa. A poco serve la presenza di scazzottate, di un gioco di carte chiamato Gwent alquanto godibile, o dei sensi di Witcher, che permettono di evidenziare tracce e indizi in una zona. Il sistema è troppo limitato per offrire reale varietà. L’ultima trovata, in particolare, risulta piacevole durante i primi utilizzi, ma dopo una dozzina di quest che ne richiedono l’uso inizia a farsi brutalmente tediosa, anche perché forza solo ad aguzzare la vista e a gironzolare alla ricerca di un segno mancato. L’assenza di statistiche complesse legate alla diplomazia o alle conversazioni (che dipendono in molti casi semplicemente dallo sviluppo del segno Axii) non permette alle parole di risultare poi così decisive al di fuori di alcuni momenti predefiniti, e la scarsa interattività del resto porta tutti i compiti ad assomigliarsi.
Lama spezzata
Non sarebbe un problema così grave se alla base del gioco ci fosse un combat system lodevole, poiché quest costruite in tal modo sono la norma negli action gdr. Purtroppo però The Witcher 3 casca male anche qui, offrendo un sistema piacevole ma azzoppato con cattiveria da alcuni errori di valutazione.
Di primo acchito sembra di avere ancora a che fare con il sistema di The Witcher 2, eppur basta poco a rendersi conto che la velocità è aumentata e il tutto si è fatto marcatamente più action, con Geralt che sferra fendenti come se il vento lo guidasse e non ha problemi a eliminare con grazia anche nutriti gruppi di nemici. Partendo in normal, la difficoltà che contraddistingueva il secondo capitolo sembra scomparsa, senza più l’obbligo di dosare accuratamente i poteri e i colpi contro nemici pericolosi come i Wraith, ridotti a stracci svolazzanti con il vizio del teletrasporto, e una vena di sfida presente solo dall’hard in poi, dove l’IA è più aggressiva e i danni subiti nettamente superiori. Il feedback delle armi è minimo, nonostante la loro precisione, e i pattern dei nemici risultano elementari anche quando si incontrano bestie molto pericolose come i vampiri o i Fiend. Tutto ciò è dovuto quasi esclusivamente alle debolezze dell’intelligenza artificiale avversaria: circoscritta a zone ben definite, lenta a capire le vostre manovre, e spesso incapace di qualunque azione strategicamente assennata, permette di eliminare qualunque nemico con la semplice toccata e fuga. Non importa come decidiate di sviluppare Geralt: che scegliate di potenziare a dovere il ramo del combattimento corpo a corpo, lo rendiate uno specialista nei segni magici o un esperto di alchimia, potrete comunque ammazzare tutto ciò che vi si para davanti allo stesso modo. Aspettarsi un gameplay capace di surclassare i Souls era da folli, ma qualcosa di meglio di quanto visto assolutamente no. La possibilità di utilizzare attacchi alternativi a quelli base o versioni modificate dei segni è interessante, ma tali poteri vengono ottenuti solo dopo molti punti abilità e sono del tutto accessori. Un vero peccato, specie considerando il numero di bonus passivi e possibilità offerti dai vari rami, peraltro ulteriormente potenziabili se combinati con mutageni di vario colore ottenuti da certi mostri. CD Projekt ha calcolato un bel sistema di sviluppo, e poi ha sbagliato sul gameplay. Addirittura le fasi nei panni di Ciri, che cambiano le mosse disponibili e introducono altri elementi nel mix, danno la costante impressione di esser più delle cutscene interattive che epici confronti. È quasi ironico che The Witcher 2, almeno per la prima metà, risulti ben più divertente del suo seguito durante gli scontri.
La ripetitività delle quest si fa quindi sentire ancor più duramente viste le debolezze nelle battaglie, e va a franare in modo rovinoso sulle meraviglie che invece il team ha compiuto nella creazione del mondo e di altri elementi.
The Witcher 3 è sconfinato, parliamo sul serio, e offre regioni immense e completamente esplorabili, che percorrerete a piedi, a bordo di barche o in sella al vostro fidato cavallo. L’estensione di certi luoghi è inverosimile, e ancor più assurdo è il fatto che, indipendentemente dalla zona, ci siano sempre viste meravigliose di cui godere. Che si tratti delle innevate montagne di Skellige, delle paludi di Velen, o della colorita città di Novigrad questo gioco riesce costantemente a sorprendere, offrendo un livello di dettaglio difficile da concepire sulle attuali console. Vero, tanta bontà divina ha costretto il team a fare dei sacrifici, che si notano in particolar modo sui particellari e sul livello di dettaglio di certi elementi, ma stiamo comunque parlando di un titolo stupendo oltre che enorme. Il mondo è inoltre costellato di zone calde, dove si possono trovare pericoli, tesori, o quest inattese. Ci sono centinaia di ore di gioco da scoprire vagando qua e la, e anche se molti di questi extra poco aggiungono alla campagna, apprezziamo lo sforzo compiuto per non lasciare “vuote” le lande solcate da Geralt.
Bachi grossi come Endrega
Grande qualità la si vede anche nell’interfaccia, che permette di gestire nel dettaglio l’inventario, e si accompagna a un crafting system intricato e ricco di possibilità. Qualche errore di calcolo c’è stato anche qui, a causa di armi craftabili con requisiti di livello troppo alti per la loro effettiva qualità, ma non mancano spade e armature difficili da ottenere e numerosi progetti gustosi da sfoggiare, spesso offerti grazie ai contratti. Certo, nella consapevolezza che l’IA è exploitabile e il combat system così semplice potreste semplicemente voler ignorare tutto, ma è un’altra attività che ha il potenziale per catturare senza pietà alcuna gli amanti della personalizzazione e i completisti.
Da elogiare come sempre la maturità del prodotto, che non si preoccupa di mettere il giocatore dinnanzi a situazioni barbare, rende le scelte morali piuttosto difficili, non teme la sessualità e non manca di mostrare la bruttezza dell’animo umano quando necessario.
Tornando al comparto tecnico, la grafica è da caduta di mascella, anche se la PS4 su cui abbiamo testato il gioco faticava a reggere una tale massa di poligoni, non mancano i pop in e abbiamo notato secchi cali di frame rate in molte occasioni, principalmente nelle zone paludose. Difficile invece valutare quanti e quali bug ci saranno nella versione finale, poiché quella da noi provata era priva della day one patch che dovrebbe risolvere buona parte dei problemi del gioco. Abbiamo parlato con gli sviluppatori, che ci hanno confermato che la patch eliminerà molte mancanze, farà sparire i bug in grado di bloccare l’avanzamento nelle quest primarie e migliorerà il frame rate, ma nella nostra run abbiamo trovato troppe imperfezioni per credere a una pulizia totale. Si va da cavalli in impennata sulle montagne, a nemici che respawnano magicamente dopo una cutscene, passando per npc che si impallano di fronte a dei cartelli, fino a cose più gravi, tipo obiettivi delle secondarie che non si completano, ritardi nel caricamento di texture e modelli, e nemici che stunlockano Geralt senza pietà negli spazi angusti a causa del leggero ritardo di risposta delle manovre difensive. Non abbiamo anche apprezzato la goffaggine dei controlli sottacqua e certe imprecisioni nelle scalate, pur trattandosi di inezie. Buona parte di questi bug sono rari, ma tutti insieme sono preoccupanti e sebbene siamo fiduciosi sul supporto al gioco, vederlo così sporco ci ha intimorito. Aspettiamo di dare un’occhiata alla versione PC, dove il supporto alle mod potrebbe seriamente rappresentare la svolta per l’intera opera.
Chiudiamo con il sonoro, di altissimo livello sia per la qualità dei doppiaggi in lingua inglese che per le musiche, adatte a ogni situazione, e con la longevità, eccezionale. La campagna principale si può finire in poco più di una trentina di ore, ma dedicarsi a tutto quello che The Witcher 3 ha da offrire potrebbe occuparvi per 100, forse addirittura 200 ore.
– Immenso e completamente esplorabile
– Tecnicamente spettacolare, anche su console
– Narrativa curatissima, anche nelle quest secondarie
– Cupo e maturo
– Combat system basilare, e IA nemica scadente
– Cali di frame rate e un gran numero di bug
– Struttura abbastanza ripetitiva delle quest
The Witcher 3 è un lavoro titanico, tecnicamente impressionante ed eccezionale dal punto di vista narrativo che però non è in grado di reggere il colossale peso delle aspettative che si sono create attorno a lui. I CD Projekt hanno chiaramente messo l’anima nella creazione di un mondo splendido e crudele, ma hanno peccato di superbia pensando di poter amalgamare il tutto con un combat system debole e un gameplay in generale incapace di offrire la varietà nelle quest che si trova solitamente nei gdr classici o in progetti più di nicchia. Tale strada li ha portati in un vicolo cieco e ha minato la qualità di un prodotto che con qualche accorgimento sarebbe tranquillamente diventato un classico. Che la loro ultima opera sia solo “ottima” è difficile da accettare, ma il supporto alla community dei modder su pc e la consapevolezza della volontà del team di limarla alla perfezione lasciano ben sperare per il futuro. Chissà che tra un anno The Witcher 3 non esca dal suo bozzolo per trasformarsi in ciò che doveva realmente essere.