Source of Madness | Recensione - Follia procedurale
Lovecraft approved, ma a noi sarà piaciuto?
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a cura di Gianluca Arena
Senior Editor
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Carry Castle
- Produttore: Thunderful
- Distributore: Thunderful
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE , XSX , SWITCH , PS5
- Generi: Roguelite
- Data di uscita: 11 maggio 2022
Chi vi scrive, tanto quanto i membri di Carry Castle, autori di Source of Madness, è sempre stato profondamente affascinato dalla mitologia, dagli scritti e dai personaggi usciti dalla penna di H.P. Lovecraft: un autore immortale, tanto geniale quanto sfortunato, capace come nessun altro di insinuare sensazioni di insicurezza, angoscia e mistero nel lettore.
Il titolo che andremo ad analizzare oggi è quasi un'elegia in forma videoludica all'autore statunitense e, sebbene non sia il primo titolo ad omaggiarlo, è sicuramente uno dei più appassionati e pedissequi nel citare il maestro mentre intrattiene i giocatori. Basterà questo per coinvolgere, pad alla mano, tanto i lettori di Lovecraft quanto coloro i quali non lo conoscono e /o non lo apprezzano?
Non vi resta che continuare a leggere la nostra recensione per scoprirlo. Spoiler: non vi sono (troppi) tentacoli nel prosieguo del testo.
Dritti all'azione
Come molti suoi congeneri, Source of Madness non si perde in preamboli narrativi particolarmente complessi: membri di una setta di stregoni interessati alle arti magiche e all'occulto, saremo chiamati ad esplorare la Torre della Follia, comparsa dal nulla a Creta, un reame immaginario profondamente debitore, come anche il bestiario del gioco, all'opera di uno dei maestri della letteratura di genere, ovvero il succitato H.P. Lovecraft.
La strada che ci divide dalla Torre in questione, però – così come le sue sale – è irta di ostacoli, che prendono la forma ributtante di mostri che sembrano usciti dal peggiori incubi dello scrittore di Providence, prematuramente scomparso nel 1937. Nonostante la presenza di un hub centrale, che si popolerà man mano di personaggi non giocanti che oscillano tra l'estremamente utile ed il delirante, la narrativa appare appena abbozzata, soprattutto per un prodotto che richiama in maniera così evidente l'opera di uno scrittore dello spessore di Lovecraft: dimenticate gli oscuri retroscena di Bloodborne (che potete recuperare su Amazon) o l'affascinante mondo portato sugli schermi da Code Vein, Source of Madness è un gioco che ha fretta di metterci nei panni di un (anti)eroe prossimo alla morte piuttosto che raccontarci una storia, seppur vaga e fumosa.
Un'occasione persa, per quanto ci riguarda, ma non ci sentiamo di penalizzare troppo il prodotto per questo: il team di sviluppo è minuscolo, dopotutto, ed il genere di appartenenza, con qualche sporadica eccezione, non ha mai brillato in quanto a storie proposte ed approfondimento dei personaggi.
Piuttosto, i problemi di Source of Madness sono riscontrabili altrove, come vedremo nei paragrafi successivi.
Samey
La formula alla base del prodotto Carry Castle è quella classica dei roguelike, ma declinata nella sua variante meno severa, denominata roguelite: nonostante la morte comporti la perdita definitiva del personaggio in uso e il ricominciare, di fatto, dalla prima casella, la possibilità di scegliere potenziamenti, nuove abilità e persino nuovi eroi da impersonare alla fine di una partita, utilizzando la valuta accumulata che non viene persa con la morte, offre una discreta sensazione di avanzamento, dando un senso anche ai ripetuti fallimenti delle prime ore di gioco.
Gli anelli con cui evocare incantesimi di varia natura e potenza e vesti da mago di varia foggia vanno a comporre le basi di un equipaggiamento inizialmente scarno, ma che tende a crescere a dismisura con il passare delle ore, a patto di soprassedere sulla ripetitività dell'esperienza di gioco.
Progredendo nell'avventura, infatti, la quantità di loot si moltiplicherà, a volte anche troppo, con il risultato che, in alcuni passaggi, finiremo con l'ignorare gli oggetti rinvenuti perché troppo frequenti: controllare le statistiche di ogni singolo pezzo di equipaggiamento ottenuto spezzetterebbe a dismisura il ritmo di gioco, che invece, soprattutto in caso di partite rapide, rimane una delle prerogative dell'opera.
A venir (troppo) presto meno è piuttosto il senso di scoperta, quella scintilla che da sempre spinge i videogiocatori più curiosi a proseguire su strade meno battute, fino a ritrovarsi ad avere accumulato centosessanta ore ad Elden Ring in poche settimane.
Fin troppo spesso, in altre parole, si ha la sgradita impressione che Source of Madness testi la pazienza del giocatore molto di più di quanto non faccia con le sue effettive capacità, perché la frequenza con cui l'algoritmo procedurale ripresenta spezzoni di livelli all'utente è mediamente molto alta, e questo restituisce una sensazione di deja-vu già all'alba della prime quattro o cinque ore di gioco.
Questo è, a nostro avviso, il problema principale della produzione: sebbene tutti i titoli simili risentano di questa problematica, insita nel genere e aggravata, in un certo senso, dalla generazione procedurale delle mappe, in Source of Madness la stanchezza è arrivata molto prima di quanto pensassimo. Non solo: essa è giunta anche molto prima anche dei congeneri che più abbiamo apprezzato nel corso degli anni, da Rogue Legacy al sopraffino Dead Cells (lo trovate su Instant Gaming), che pure non potevano contare su budget poi così superiori all'indie pubblicato da Thunderful.
Abbiamo contato in tutto nove differenti zone del mondo di gioco, popolate grossomodo dalle medesime tipologie di nemici e senza grosse differenze né nelle abilità e negli equipaggiamenti acquistabili dai mercanti né nelle fasi esplorative, tutte davvero troppo simili tra loro per lasciare il segno in un mercato saturo come quello dei roguelite.
Anche un'altra caratteristica parecchio pubblicizzata in fase di promozione del prodotto, ovvero l'utilizzo del machine learning per quanto concerne l'intelligenza artificiale che muove le oscenità che ci troveremo ad affrontare, riesce nel suo intento di rendere la vita al giocatore più difficile solo in parte.
Se, da un lato, è in effetti vero che molti dei nemici rispondono allo stile di gioco adottato, facendosi più aggressivi con i giocatori che tendono ad aspettarli, d'altro canto si assiste ad un appiattimento dei pattern d'attacco indipendentemente dal nemico che si si trova a fronteggiare.
Che sia un'aberrazione stracolma di tentacoli, un occhio che si libra a mezz'aria o una buffa sottospecie di polpo gigante a fronteggiarci, allora, osserveremo in essi i medesimi movimenti, perché la CPU impiegherà le stesse tecniche di attacco, ritenendole efficaci in base al nostro stile di gioco fin lì; in altre parole, la tecnologia dietro il machine learning (o quantomeno la sua applicazione in questo contesto) ci è parsa ancora un po' acerba, sebbene abbia senza dubbio le potenzialità per rappresentare il futuro dell'IA nei videogiochi.
Urla dal profondo
La generazione casuale dei nemici e delle mappe inficia inevitabilmente la caratterizzazione dei personaggi, dei nemici e finanche dei biomi proposti, riflettendosi in un'esperienza visiva piuttosto blanda, sebbene aderente all'immaginario lovecraftiano.
Il lavoro artistico, invece, seppure non esattamente originale, non presta il fianco a critiche: le ambientazioni ed i fondali sono molto ben realizzati, ed evocano l'angoscia ed il senso di straniamento propri dei racconti di Lovecraft a cui il team di sviluppo si è chiaramente ispirato.
Bene anche dal punto di vista sonoro, con suoni inquietanti, urla strazianti e versi gutturali capaci di far sobbalzare sulla sedia i giocatori che sceglieranno il buio ed un paio di cuffie di qualità: i lunghi silenzi, interrotti da gorgoglii inumani, contribuiscono a creare un'atmosfera opprimente e oscura, che era proprio l'obiettivo che il giovane team di sviluppo di prefiggeva.
La versione da noi testata girava a 60 fps generalmente costanti su entrambe le console di attuale generazione di casa Microsoft, e, al netto di qualche hitbox incerta, non abbiamo riscontrato grosse problematiche tecniche in fase di recensione, probabilmente anche grazie al lungo periodo in early access di cui il gioco ha potuto godere nella sua versione PC.
Anche la mappatura dei comandi sul controller Microsoft ci è sembrata quasi nativa, probabilmente perché, sin dalle prime fasi di sviluppo, Carry Castle (ovvero un team di tre amici, giova ricordarlo) ha pensato un'interfaccia che ben si adattasse alla fruizione con i tasti oltre che con mouse e tastiera.
Difficile quantificare il tempo richiesto per arrivare in fondo all'avventura: noi abbiamo impiegato circa tredici ore, ma questa durata può variare anche enormemente da giocatore a giocatore, essendo legata alla build per cui si opta, al numero di tentativi necessari per arrivare ai titoli di coda (legato, ovviamente, all'abilità del singolo utente) e, sfortunatamente, alla costante sensazione di ripetitività cui abbiamo già fatto cenno, che potrebbe indurre i meno dedicati ad abbandonare il titolo ben prima del traguardo.
Versione recensita: Xbox Series X
Voto Recensione di Source of Madness - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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Diverse buone idee...
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Parecchia libertà di scelta nelle build
Contro
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Ripetitivo prima del previsto
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...non tutte realizzate a dovere
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Machine learning dell'IA ancora acerbo
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Mondo di gioco e bestiario nemico scarsamente caratterizzati
Commento
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