Sid Meier's Civilization VII | Recensione - Riscrivere la Storia
Civilization VII si presenta con numerose novità rispetto ai precedenti capitoli, ma questa nuova formula riuscirà a convincere tutti? Ecco la recensione.
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a cura di Daniele Spelta
Redattore
In sintesi
- Opera alcune scelte di vera rivoluzione per la saga.
- Ciò nonostante, è sempre Civilization.
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Pro
- Civilization è sempre sinonimo di eccellenza per i 4X e questo non fa eccezione.
- La diplomazia ha fatto parecchi passi in avanti.
- Si sprecano molti meno click rispetto al passato.
- La gestione dei leader e delle civiltà è davvero interessante.
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Contro
- Molti resteranno delusi dalla nuova periodizzazione in tre epoche.
- L'interfaccia ha meno carattere e risulta meno leggibile rispetto a quelle a cui ci ha abituato la serie.
- I DLC completeranno un gioco a cui attualmente mancano proprio delle parti.
Il Verdetto di SpazioGames
Questa settima iterazione non si siede sugli allori e non ha paura di proiettare la serie verso il futuro, anche a costo di tradire le sue radici. Il titolo risulta molto più snello, rapido e intuitivo da giocare, la diplomazia ha finalmente il posto che le spetta e la longevità è pericolosamente aumentata grazie alla separazione fra i leader e le civiltà che si alternano durante le partite.
Civilization VII è un eccellente strategico, ma questo non significa che tutto sia perfetto. Dopo svariate ore di gioco ancora fatichiamo ad abituarci alla nuova UI, l’eliminazione di alcune unità rende fin troppo astratte le azioni e solo le future espansioni renderanno il titolo davvero completo. Inutile girarci attorno, il pomo della discordia è la presenza di solo tre epoche storiche, una scelta di design radicale e implementata da Firaxis per eliminare la cronica stanchezza del late game. Nonostante le ottime intenzioni, questa decisione rischia di scontentare i tradizionalisti, crea dei solchi fin troppo profondi nella partita e, anche al loro interno, i singoli capitoli hanno dei passaggi a vuoto, come le crisi e degli obiettivi non sempre a fuoco.
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Firaxis Games
- Produttore: 2K Games
- Distributore: Take-Two Interactive
- Testato su: PC
- Piattaforme: PC , PS4 , PS5 , XONE , XSX , SWITCH
- Generi: Strategico
- Data di uscita: 11 febbraio 2025
La Storia è un argomento abbastanza di moda o, almeno, è quello che la nostra bolla social vuole farci credere. Come sempre accade, quando una materia oltrepassa i confini delle polverose aule e delle biblioteche, ecco che si ergono su invisibili palchi virtuali sedicenti tuttologi, iniziano ad apparire video che in dieci minuti vogliono spiegare tutte le vicende della repubblica romana e nascono improbabili podcast che assomigliano più a un racconto di cronaca rosa infarcito di inutili aneddoti.
Naturalmente ci sono anche validi professori che, lasciati gli ambienti accademici, diventano dei divulgatori, figure di intrattenimento costrette a semplificare la materia per raggiungere un pubblico più vasto e per rendere più interessanti i temi trattati.
Insomma, tutto deve essere più accessibile, immediato e deve richiedere all’ascoltatore il minor sforzo possibile. Passateci il paragone forse esagerato e forse da vecchi reazionari, ma questa tendenza l’abbiamo sentita con forza in Sid Meier’s Civilization VII, l’ultimo capitolo della celebre serie di strategici a turni 4X nata negli uffici di MicroProse e ora gestita da Firaxis Games.
Strategia dappertutto
Ogni episodio è sempre stato una piccola rivoluzione, ma questa volta si tratta di un cambiamento radicale.
Non è affatto un caso che, dopo vent’anni di carriera, il titolo arrivi in contemporanea sia nel suo habitat naturale, popolato da giocatori PC di lunga data abituati a titoli lenti e complessi, sia su tutte le console, fino a qualche anno ritenute avulse per un canonico 4X e che invece sono state una fonte di audience non indifferente per la saga grazie al sesto episodio.
Forte di questo inaspettato successo, il team di sviluppo è stato quasi costretto ad allargare il raggio d’azione e a creare un’esperienza di gioco che risultasse adatta ad entrambe le platee, un rischio per il probabile rumore che avrebbero generato i più tradizionalisti.
Inutile nasconderlo, noi stessi facciamo parte di questo folto gruppo e, dopo decine e decine di ore passate a riscrivere la storia, ci sentiamo di affermare che Civilization VII è una scommessa parzialmente vinta, almeno secondo gli altissimi standard imposti dalla serie.
La risposta ad ogni male?
Civilization ha sempre mantenuto una filosofia quasi teleologia nel raccontare la storia. Ha seguito le vicende di una civiltà dagli albori del genere umano fino alla conquista dello spazio, una crescita lineare dove già dal primo turno si era proiettati verso il finale in modo quasi deterministico.
Detto in maniera più grezza e meccanica, l’accumulo dei punti cultura e scientifici delineava una strategia che non subiva troppe deviazioni lungo il percorso e il cui peso era evidente solo verso la conclusione.
Questo rendeva la campagna un po’ troppo lineare e, soprattutto, causava una sensazione di stanchezza negli ultimi turni, dove più o meno il destino era già segnato.
Le ricerche erano tutte attive, le città producevano sempre le stesse unità, bisognava spostare decine e decine di truppe, rockstar e inquisitori – e le caselle sulla mappa erano occupate da secoli. Civilization VII cerca di porre rimedio a queste criticità e le innovazioni servono soprattutto a minimizzare il micro-management, a rendere avvincente il late game abbassando il classico effetto valanga degli strategici e a diversificare maggiormente le varie run.
A ciascun popolo la sua guida? Non più.
La divisione fra leader e fazioni ricade in quest'ultima casistica. All’avvio della partita occorre selezionare prima l’alter-ego e, solo in un secondo momento, la civiltà con cui cominciare il viaggio.
Questo duplice passaggio permette di creare sinergie davvero interessanti tra gli attributi dei personaggi e quelli delle popolazioni, nonché bizzarri incroci storici, come un Benjamin Franklin alla guida degli antichi egizi, alle prese con piramidi e mastabe.
La maggiore importanza data ai grandi protagonisti della storia non ha comunque svuotato di significato le civiltà. Ogni potenza ha un suo albero dei progressi civici, infrastrutture ad hoc e anche i suoi grandi personaggi . A questo si sommano poi i tech tree delle religioni e delle ideologie politiche, due elementi che appaiono nel corso della storia e che creano fazioni davvero delineate attorno alle scelte del giocatore.
Infine, è stata introdotta una sorta di narrativa basata su un sistema a scelte multiple. Nulla di radicale, ma l'ennesima meccanica che meno omogeneo lo scorrere del tempo.
Firaxis ha aggiunto nuove scuse per tenere incollati allo schermo i giocatori e, dall’alto delle nostre infinite ore passate in sede di review, possiamo solo dire che l’obiettivo è stato raggiunto. Un altro turno e poi spengo.
Un 4X a dieta
Civilization VII riesce a limitare in parte la micro-gestione, anche se i fan più conservatori avranno una sensazione di nostalgia a causa di alcune scelte divisive. Sono infatti sparite alcune unità diventate superflue nella serie, come i lavoratori.
Le migliorie rurali per la città – come miniere e fattorie – vengono ora costruite in modo automatico ogni volta che l’insediamento cresce e si ottiene un nuovo cittadino, senza dover spedire manovali lungo tutte le caselle.
Anche le spie sono venute meno e le azioni di sabotaggio sono state assorbite dal pannello diplomatico e avvengono in modo più rapido, immediato e con meno attese.
I centri urbani sono poi stati suddivisi fra città vere e proprie e paesi minori. Le prime sono dotate di un sistema di produzione classico e sono spesso più ampie, mentre le seconde sono possono essere migliorate solo grazie al denaro e convertite a centri principali con un investimento economico.
Questa differenziazione è stata adottata per evitare di avere decine e decine di insediamenti da gestire in modo diretto nel late-game, dato che ora si concentrano gli sforzi soprattutto sulla capitale e sulle città principali. Non siamo però sicuri che la soluzione adottata sia la migliore, visto che in molti casi ci siamo letteralmente dimenticati di spendere il denaro nei paesi secondari. I promemoria a tal riguardo scarseggiano, al contrario delle usuali notifiche che segnalano una città inattiva.
Anche gli eserciti sono stati ristrutturati per evitare inutili esborsi di click, soprattutto grazie ai comandanti di terra e di mare. Queste pedine riuniscono su un’unica casella più unità, un sistema molto comodo per spostare velocemente interi squadroni lungo i confini, e sono le uniche che possono essere promosse, con perk che restano validi per le truppe nel loro raggio di azione.
Civilization VII non è di certo un wargame, ma nel complesso le battaglie hanno ora un maggior contenuto tattico e il posizionamento delle truppe e le varie sinergie giocano un ruolo di primaria importanza durante gli scontri.
Una nuova risorsa diplomatica
La diplomazia è stata pesantemente rivista ed è uno degli aspetti che ci ha maggiormente convinto. Ogni accordo – sia quelli proposti che ricevuti – ha un costo in termini di influenza, una nuova e centrale risorsa.
Questa “valuta” ha un alto contenuto strategico e se si gioca di furbizia è possibile guadagnare preziosi vantaggi. Ad esempio, si può richiedere di migliorare i rapporti commerciali con un'altra fazione che, per supportare appieno questa proposta, deve per forza spendere punti influenza.
Se non ne ha abbastanza, può solo accettare passivamente il progetto, ottenendo dei benefici parziali. Al contrario, chi ha proposto lo scambio riscuote sempre il 100% dei guadagni. L’influenza serve inoltre per ottenere il supporto della popolazione durante le guerre, per sabotare l'economia degli avversarsi o per rubare delle tecnologie, tutte azioni affidate ad invisibili spie.
Questo nuovo sistema diplomatico è anche gestito in modo intelligente e attivo da parte dell'AI, che non subisce inerte le iniziative del giocatore – ma, al contrario, è sempre pronta a richiedere nuovi patti e ad avviare trattative molto furbe.
Questa risorsa è poi alla base delle relazioni con le potenze indipendenti, che unificano i tratti dei barbari e delle città stato dei vecchi Civilization. Le fazioni minori possono essere influenzate investendo, scusate la tautologia, dei punti influenza, fino a farle diventare dei vassalli o parte integrante dell’impero, anche se non capiamo bene perché quasi tutte debbano essere ostili in partenza e attaccare senza una valida ragione i nostri insediamenti.
Per concludere il paragrafo sulla diplomazia, ritornano le agende dei vari leader, un modo molto chiaro e razionale per giustificare le ostilità: più si compiono azioni contrarie alle idee dei rivali, più si compromettono i rapporti e si alza il rischio di una guerra aperta.
In questa ottica di spending review, fatichiamo però ad inquadrare la nuova direzione data al commercio. In genere bastavano poche azioni per creare una rotta e importare oro e altre risorse. Ora i materiali rari ottenuti vanno invece allocati manualmente nelle varie città e paesi per godere dei bonus, un’operazione che richiede parecchia attenzione e tempo quando si iniziano ad accumulare numerose risorse e a gestire tanti insediamenti, al netto anche di vantaggi spesso minimi.
Tranquilli, siamo comunque ben lontani dalla follia micro-gestionale del recente Ara: History Untold.
Un diverso approccio metodologico
Le novità fin qui descritte fanno parte del modus operandi del brand e si potrebbe stare qua all’infinito a parlare di tutte quelle piccole modifiche inerenti ai distretti, agli specialisti, alle nuove politiche, alla navigabilità dei fiumi o, ancora, alla felicità dei cittadini.
Sono semplici ritocchi o ritorni di meccaniche già viste. Civilization VII stravolge però la periodizzazione a cui ci ha abituati la serie e si concentra solo su tre epoche ben distinte: antica, delle esplorazioni e moderna.
Queste tre fasi sono così fortemente separate da poter essere giocate singolarmente come campagne più brevi e focalizzate. È un cambio di prospettiva radicale, introdotto principalmente per porre rimedio al cronico problema della parte conclusiva della partita, ultimi turni da molti visti come tediosi e spesso per questo nemmeno completati.
Ciascun segmento vive in modo quasi indipendente rispetto al successivo, tanto che allo scoccare della nuova era ci si lascia alle spalle la civiltà fino ad ora usata e se ne sceglie una nuova, specifica per quel periodo storico. La meccanica potrebbe ricordare quella già adottata in Humankind, un'idea tanto interessante sulla carta quanto mal realizzata all’atto pratico nell'opera di Amplitude.
In Civilization VII esiste per fortuna una sorta di naturale evoluzione per le civiltà, mentre altre diventano disponibili solo dopo aver portato a termine certi obiettivi.
Ad esempio, dopo aver creato una città con tre caselle montagne nei suoi confini, i nostri persiani si sono potuti “evolvere” nell’impero Inca. Inoltre, non c’è quella corsa frenetica che era presente in Humankind, dove per accaparrarsi le fazioni migliori ci si concentrava in modo meccanico sull’accumulare le stelle nel modo più rapido possibile.
Una storia problematica
Purtroppo questa nuova ripartizione fa venir meno il senso di crescita progressiva che da sempre è sinonimo di Civilization e, paradossalmente, il cambio di civiltà non è elemento che più incide in questo senso.
Ogni periodo ha i suoi obiettivi ben definiti – chiamati percorsi di retaggio – e meccaniche che si aggiornano con il passaggio al capitolo successivo. Ad esempio, nell’epoca antica hanno una maggiore importanza le meraviglie, in quella delle esplorazioni vengono introdotte le religioni vere e proprie – prima ci sono solo generici pantheon – e la mappa si amplia grazie alla scoperta del nuovo mondo e le sue risorse, mentre nell’era moderna è fondamentale costruire ferrovie e fabbriche, senza dimenticare la nascita delle ideologie politiche che hanno caratterizzato il XIX e il XX Secolo o le grandi esposizioni universali.
Queste specificità creano più bivi durante la partita, sono una sorta di guida mascherata e danno dei feedback più rapidi al giocatore, che in uno spazio temporale contenuto sente maggiormente gli effetti delle sue scelte, senza rimandare il tutto alle condizioni di vittoria finali.
Peccato però che nel passaggio fra le epoche tutto ciò che resta degli obiettivi raggiunti siano una manciata di bonus e malus da applicare nella fase successiva, un po’ come succedeva nell’età dell’oro e nelle età oscure in Rise and Fall.
Avremmo preferito una maggiore contestualizzazione, come ad esempio per le crisi climatiche introdotte in Gathering Storm, la seconda espansione per Civilization VI.
La stessa soundtrack fatica a restituire il senso di viaggio attraverso la storia. Se ben ricordate, nel sesto capitolo la colonna sonora si arricchiva progressivamente grazie all’introduzione di nuovi strumenti, pur restando ferma la melodia di fondo. Questa soluzione era perfetta per raccontare il processo di crescita della civiltà. Ogni nuova scoperta si sommava alle precedenti, ma era sempre presente il filo che collegava la fazione alle sue origini.
Dal punto di vista tecnico, realizzativo e per le sensazioni che riesce ad evocare, c’è davvero poco da dire sulle musiche di Civilization VII, soprattutto se l’orchestra è diretta ancora una volta dalle sapienti mani di Christopher Tin. Con il salto netto fra le epoche e le civiltà, anche la musica muta completamente e mancano dunque il continuum e la percezione di guidare una stessa popolazione attraverso le pagine della storia.
Punti di vista
Infine, bisognerebbe aprire un paragrafo a parte per parlare delle epoche in sé, dei loro contenuti e del loro modo di raccontare la storia.
Civilization ha sempre avuto una visione miope del progresso, una fiducia quasi incondizionata verso il sapere e la tecnica, un positivismo elevato al quadrato. Questo settimo capitolo non fa eccezione.
Ad esempio, l’epoca delle esplorazioni mitizza le scoperte geografiche e l’allargamento dei confini, ma mostra solo un lato della medaglia. Inoltre, essa stessa smentisce il suo ottimismo. Nel concreto molte delle meccaniche di gioco in questa fase vertono sull’accaparramento delle risorse provenienti dal Nuovo Mondo, uno sfruttamento senza remore di un continente visto come una Terra Nullius, un terreno senza proprietari da cui estrarre ogni materiale.
Ci sono ricadute per questo saccheggio? No, solo dei vantaggi.
Lo stesso dicasi per quella moderna, che finisce verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, dimenticandosi di tutte le ricadute future di una industrializzazione senza regole avvenuta grazie a carbone e petrolio e degli strascichi del conflitto.
Tutto ciò lascia pensare all’inevitabile arrivo delle future espansioni, tipiche della serie e che con ogni probabilità andranno a tappare gli svariati buchi attualmente presenti in Civilization VII.
Un cambio di veste
Con le sue novità, Sid Meier’s Civilization VII ha tutto il regola per essere uno dei capitoli più divisivi – e questo vale anche per la direzione artistica.
Personalmente, abbiamo apprezzato il ritorno ad uno stile meno colorato e da cartoon, i leader trasmettono alla perfezione i loro intenti tramite espressioni e animazioni volutamente esagerate e, per quanto non sarà mai uno di quei titoli da valutare dal punto di vista tecnico, il colpo d’occhio a fine partita è davvero notevole e ogni casella è un concentrato di particolari e dettagli.
Al contrario, l’UI ha fatto dei passi indietro. Molte icone risultano infatti meno leggibili e immediate, spesso i tooltip vanno a sovrapporsi oscurando ciò che sta dietro, ci sono troppi spazi vuoti in alcune schermate – soprattutto negli alberi delle tecnologie e nelle politiche – le unità faticano a risaltare nella mappa ed è facile scordarsi truppe e coloni se addormentati.
Inoltre, il design utilizzato per i menù e per le icone è più moderno e lineare, ma secondo noi manca di personalità e di dettagli, risultando così fin troppo freddo e anonimo.
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