Sono tanti gli autori che hanno cercato di varcare il confine tra cinema e videogioco, e quasi tutti hanno percorso strade molto diverse tra loro. Hideo Kojima ha usato le regole del cinema per raccontare tutto ciò che i suoi videogiochi non erano in grado di descrivere, Gabriele Salvatores ha sfruttato il videogioco come allegoria della reincarnazione, David Cage ha cercato di iniettare il gameplay nella cinematica e David Cronemberg ha utilizzato il cinema per mostrare persone che giocano a un videogame, mentre queste a loro volta assistono alla riproduzione di un videogioco. Insomma, non si può certo dire che il videogioco e il cinema non abbiano cercato dei punti di tangenza in passato, e tutt’oggi molte opere sia cinematografiche che videoludiche sembrano dirigersi in questa direzione.
Curiosamente, sono molto più rari i progetti intermediali, i progetti che – al posto di tentare di fondere due media – decidono di tenerli separati all’interno di un’unica opera. Matrix dei fratelli Wachowski ne è forse l’esempio più lampante: un progetto costituito da tre film, tre videogiochi, una serie di cortometraggi anime e una serie di fumetti. Ed è proprio in questa categoria che rientra Short Peace, un prodotto costituito da un videogioco e quattro cortometraggi, recentemente uscito su Playstation 3.
Ranko Tsukigime’s Longest Day
Short Peace si trasforma in qualcosa di completamente diverso a seconda di cosa si decide di fare con il disco. Se inserito in una Playstation 3, infatti, il BD di Short Peace si trasforma in un normale Blu Ray se attivato dal riproduttore video della console, mentre diventa un videogioco se avviato tramite l’apposita opzione nella dashboard. Il videogioco è intitolato Ranko Tsukigime’s Longest Day, ed è inquadrabile come un breve platform infarcito di numerose scene animate e qualche exploit completamente fuori di testa.
Il gioco si apre con una lunga sequenza animata nella quale ci viene presentata la protagonista del gioco, la diciassettenne Ranko Tsukigime, figlia di un imprenditore attivo nel campo dei parcheggi automatizzati e sicaria determinata a uccidere il proprio padre per vendicare la morte di sua madre. Nonostante la nostra protagonista sia un’assassina e abbia carisma da vendere, per la prima metà del gioco non facciamo altro che correre. Il titolo, infatti, è costruito come un runner platform, nel quale dobbiamo giungere alla fine di un percorso evitando ostacoli e uccidendo qualche nemico lungo la strada. I nemici uccisi caricano una barra, che ci consente di respingere per qualche secondo l’unica minaccia mortale del gioco: un nemico che ci insegue e che può portare a un game over immediato. Tutto è molto veloce, e i livelli sono costruiti in maniera tale da avere un gran numero di bivi e deviazioni. Talvolta i percorsi meno accessibili nascondono dei segreti, che tuttavia si traducono in una manciata di artwork, brani musicali e costumi sbloccabili.
Dopo i primi quattro o cinque livelli, il gioco inizia a trasformarsi e a presentarci una boss fight a tempo, una corsa senza armi a bordo di una motocicletta, un boss strutturato come uno shooter a scorrimento con le navicelle spaziali e, infine, un beat em up in stile 8 bit. Dalla seconda metà del gioco in poi, dunque, assistiamo a un crescendo di follia rimarcato dalle cutscene, le quali iniziano a farsi confuse e grottesche, fino al climax finale che – senza rovinarvi la sorpresa – si conclude lasciandoci parecchie domande in sospeso. Sia il gioco che la storia sembrano spostarsi dalla linearità alla sperimentazione totale, con dei risultati che – a tratti – ci ricordano i lavori del compianto Satoshi Kon di Paprika e, perché no, del pazzo Shinichi Watanabe di Excel Saga.
Il gioco e le sue cutscene, in ogni caso, sono infarciti dei temi cari all’autore Suda51. Ritroviamo i leitmotiv dell’assassinio e della vendetta, vi è la costante fusione di gameplay moderno e anni Ottanta, ci sono costanti inserti autoreferenziali dell’autore e, naturalmente, qualche bella ragazza. Anche se, dobbamo ammettere, questa volta il buon Suda è risultato più pudico del solito, vista anche la giovane età delle protagoniste.
Il gameplay è divertente e abbastaza intenso, e le continue variazioni nella seconda metà del gioco strappano ben più di un sorriso. Il gioco sprizza stile da ogni pixel, e il lavoro sulla grafica è così buono che spesso ci si vorrebbe fermare nel bel mezzo dei livelli per ammirare ciò che ci circonda. Il problema è che tutto questo si conclude in meno di un’ora di gameplay effettivo. Nonostante la citata presenza di collezionabili e il fatto che il gioco tenga conto dei tempi di completamento di ogni livello e del numero di nemici uccisi, l’esperienza di gioco non ha un grado elevatissimo di rigiocabilità. Già al terzo playthrough potreste avere scoperto tutti i segreti e sbloccato tutto lo sbloccabile, e l’assenza di una modalità online o anche solo delle semplici classifiche online sono un problema davvero grave in un gioco basato sulla velocità. Insomma: la componente videoludica di Short Peace non è il massimo, e francamente crediamo che sarebbero bastati dei piccoli sforzi per renderlo indubbiamente più interessante.
Ora, se la nostra recensione si fermasse qui e visto il prezzo completo della release, probabilmente liquideremmo il tutto con un’insufficienza. Fortunatamente Ranko Tsukigime’s Longest Day rappresenta solo un quinto di Short Peace, anche se i restanti quattro quinti non fanno parte del mondo dei videogiochi.
Short Peace
I quattro cortometraggi che accompagnano Ranko Tsukigime’s Longest Day sono film completamente slegati dalla trama del videogioco, e a loro volta non direttamente correlati fra loro. Il tema comune, come facilmente intuibile, è quello della pace e tutti terminano con un’inquadratura in campo lungo sul monte Fuji. Se il caso di Ranko esplora il tema attraverso la vendetta, l’ossessione e la redenzione, ognuno dei cortometraggi affronta la cosa in maniera completamente diversa.
Si apre con Possessions, diretto da Shuhei Morita, che inaugura la selezione di film nel migliore dei modi con un autentico capolavoro dedicato alla pace tra l’uomo e le cose. Il film racconta della storia di un viandante smarrito, giunto in un piccolo tempio abbandonato in mezzo alla foresta durante una tempesta. L’uomo è profondamente religioso, e prima di accamparsi nel tempio chiede permesso agli spiriti per potervi passare la notte. Durante un momento di raccoglimento, l’uomo viene circondato da oggetti rotti che hanno preso vita. Per nulla intimorito, il viandante decide di ripararli, portando rispetto a un’antica leggenda giapponese. Possessions è un film straordinariamente efficace, caratterizzato da una storia semplice ma profonda e diretto splendidamente da Morita, che ha utilizzato contrasti cromatici meravigliosi e incastrato i tratti a volte duri dell’anime con la leggiadria delle stampe di Hokusai.
Il secondo film, Combustion, è firmato Katsuhiro Otomo. La firma di Otomo è indubbiamente molto “pesante” all’interno del progetto, in quanto è autore del soggetto di due dei quattro cortometraggi. L’autore del classico Akira, in Combustion racconta una storia d’amore impossibile ai tempi del Giappone del periodo Edo, e del suicidio di una ragazza che sceglie di morire arsa viva per vedere per l’ultima volta il proprio amato, fuggito di casa per fare il pompiere. Otomo ha scelto di narrare la vicenda per immagini che sembrano partire da un emakimono, un rotolo di carta illustrata tradizionale, fondendo disegni a mano e computer grafica. L’effetto, a tratti, è davvero stupefacente, complici anche le straordinarie inquadrature dall’alto che sembrano non volerci fare avvicinare ai personaggi se non nei momenti più drammatici. Peccato che la storia, basata su di un manga di vent’anni fa, lasci troppi buchi per lo spettatore occidentale medio e si concluda in maniera sospesa.
Gambo, diretto da Hiroaki Ando, narra della lotta tra un misterioso orso bianco e un demone piovuto dal cielo e intento a rapire le giovani fanciulle per ingravidarle e dare luogo a una progenie di demoni. Il film è il più debole del pacchetto: la storia è relativamente semplice e vicina a molti miti e leggende viste anche in occidente, ma il regista dà decisamente troppo spazio allo scontro tra il demone e l’orso, occupando buona parte dei dieci minuti del cortometraggio e sacrificando inevitabilmente una parte della storia a favore di qualche immagine forte.
Il quarto e ultimo cortometraggio è A Farewell to Weapons, diretto da Hajime Katoki e basato sull’omonimo manga di Otomo. Si tratta dell’unico film ambientato in un futuro devastato dalla guerra, dove un manipolo di uomini sta cercando di bonificare i resti della città di Tokyo dalla presenza di alcuni mech da guerra e di testate nucleari inesplose. Il minutaggio di A Farewell to Weapons si avvicina a quello di un mediometraggio, e fa eco a molte serie animate basate sul futuro post-apocalittico e al cameratismo di classici del calibro di Patlabor. Il risultato è gradevole, seppur non eccezionale, e nel complesso si ha la sensazione che il prodotto funzionerebbe molto bene anche in forma di serialità.
– Videogioco divertente
– Splendido concept del progetto
– Corti di ottima qualità
– Componente videoludica breve e scarna
– Praticamente nessun contenuto extra
– Prezzo di lancio troppo elevato
7.0
Dunque, come valutare un esperimento intermediale come Short Peace? La parte videoludica di Ranko Tsukigime’s Longest Day non arriva alla sufficienza, mentre la componente cinematografica raggiunge con Possessions una vera vetta di eccellenza. Due dei quattro cortometraggi presenti sono entrati nella selezione per gli Oscar, e Possession è stato in lizza per la vittoria alla cerimonia dello scorso 2 marzo. Tale qualità, però, non è sufficiente a controbilanciare gli aspetti negativi a causa dell’elevato costo del pacchetto. Il prezzo di lancio, infatti, è decisamente troppo elevato per la tipologia e la quantità di contenuti offerti. Se Short Peace fosse giunto a un prezzo inferiore ai 40 euro, probabilmente lo avremmo premiato con un voto eccellente. Allo stato attuale delle cose, però, il prodotto è consigliabile soltanto a una nicchia di appassionati. Il consiglio, dunque, è di attendere: se Namco praticherà un auspicabile taglio di prezzo, avrete molti buoni motivi per aggiungere Short Peace alla vostra collezione.