Dopo aver debuttato su PC con una buona ricezione da parte di critica e pubblico, il nostrano Remothered: Tormented Fathers arriva su console, primo capitolo di una trilogia horror pronta a dare più organicità a un racconto diventato interessante sin dal suo debutto.
Sviluppato in Sicilia da Stormind Games e diretto, scritto e ideato da Chris Darril, Remothered affonda le sue radici nel survival horror tradizionale, ispirandosi sia ai classici di qualche generazione fa, sia ai capolavori del cinema di genere.
Tormenti
Che l’autore catanese sia un cinefilo incallito lo si intuisce sin dalle prime battute: la cura per le inquadrature, la costruzione del senso di tensione, i continui richiami a capolavori del passato come Il Silenzio degli Innocenti, Psycho e Rosemary’s Baby, sono tutti elementi che lasciano ben intendere quali siano le inclinazioni dell’opera di Stormind Games.
Tutto inizia quando Rosemary Reed si reca nella villa del dottor Felton, un notaio in pensione affetto da una misteriosa malattia a da gravi disturbi psichici. La protagonista, inizialmente più accomodante e comprensiva, rivela ben presto le proprie intenzioni, scatenando così l’ira dell’uomo. Sua figlia Celeste è infatti scomparsa e dietro questo torbido fatto si celano affari di famiglia avvolti dal mistero.
Ossessioni, bugie e verità sottaciute sono alla base della storia raccontata da Remothered: Tormented Fathers, la cui trama è ben ritmata nonostante la durata esigua del titolo (che è variabile e può comprendere dalle 3 alle 5 ore, a seconda dello stile di gioco adottato). Solo nella parte finale i fili della matassa vengono riavvolti forse in maniera un po’ troppo sbrigativa, sintomo del fatto che probabilmente si è trattata di una necessità di produzione legata allo sviluppo delle vicende nei prossimi due capitoli in cantiere. Remothered parte tuttavia da un’ottima base narrativa, adagiandosi sugli stilemi classici e andando sul sicuro, anche per quanto riguarda il buon colpo di scena – inatteso ma non pienamente originale. La commistione tra file di testo, dialoghi e scene danno pienezza al racconto, che si prende i suoi momenti e dimostra un’impronta autoriale degna di nota, macchiata solo dalla precipitosità degli eventi dopo la metà di gioco.
Remothered è in realtà un titolo a cavallo tra l’horror e il giallo: non presenta mostruosità ributtanti, scene splatter o gli eccessi dell’orrore più spinto; al contrario, vira con decisione sul thriller psicologico.
Horror classico
Per atmosfere e sistema di gioco, gli unici paragoni che si possono davvero attribuire a Remothered sono Clock Tower e Rule of Rose, mentre tutti gli altri sono assolutamente fuorvianti e non danno minimamente l’idea di cosa sia davvero la creatura di Chris Darril.
In verità, il gioco che più gli somiglia è Demento (Hunting Ground, per gli occidentali), titolo di Capcom che è diretta emanazione, appunto, di Clock Tower. Basti pensare a tal proposito che la protagonista è inseguita, a turno, da diversi carnefici che vogliono eliminarla, e che non esistono metodi per sbarazzarsi dei nemici, ma solo delle soluzioni di fortuna per distrarli o rallentarli.
All’interno della magione dei Felton sono disseminati una gran quantità di oggetti, suddivisi in tre categorie: Diversivi classici, utili ad attirare l’attenzione dell’avversario nel punto in cui si è lanciato l’oggetto; diversivi da posizionare, come ad esempio dei carillon che suonano e dirigono l’attenzione del nemico altrove; le armi monouso: pugnali, lame o strumenti d’offesa rudimentali utili a liberarsi dalle grinfie degli assalitori e ad arginare momentaneamente il loro incedere.
Sostanzialmente, quando Remothered richiede il massimo dell’azione, si spinge solo fino a questo punto. Si capisce dunque che bisognerebbe in realtà camminare quatti quatti, senza fare rumore, ma i momenti in cui ci si trova faccia a faccia con gli aggressori sono frequenti, e dunque bisognerà scappare il più lontano possibile (fiato permettendo) e nascondersi in armadi, mobili o sotto i divani, mantenendo la calma (tramite un minigioco) quando vi verrà richiesto.
L’interazione con gli oggetti degli scenari non è sempre immediata, e capiterà pertanto di non riuscire di primo acchito a fare ciò che si vuole. Imprecisioni, queste, non problematiche quando si è in totale solitudine e bisogna trovare la via di fuga o risolvere gli enigmi presenti. Enigmi che tra l’altro sono sin troppo semplici, adibiti solamente all’uso di oggetti e risolvibili premendo il tasto azione, senza usare insomma la materia grigia.
Buona l’IA, che alterna fasi di brillantezza ad altre nella media, anche se ad onor del vero, dopo primi incontri, diventa più facile riuscire ad aggirarla – fermo restando che la difficoltà non si rivela mai bassa.
Tecnicamente Remothered è un titolo che non può competere con le grandi opere presenti sul mercato, né tanto meno si pone quest’obiettivo: si tratta di un titolo indipendente, che anzi si eleva ben al di sopra dei suoi colleghi, dimostrando come il team sia riuscito a creare un’ambientazione sempre credibile e ben strutturata. La modellazione poligonale è buona ma non eccelsa, e presenta a tratti delle spigolosità e qualche espressione poco realistica e caricaturale, mentre le stanze della magione riescono sempre ad essere varie e mai troppo simili a loro stesse.
– Buona storia, ricca di riferimenti a grandi classici del cinema di genere
– Ripesca la concezione classica dei vecchi survival horror
– Buona scrittura, regia e ritmo…
… Ma la seconda parte appare essere più frettolosa della prima
– Qualche imprecisione con le interazioni
– Alcune espressioni sono caricaturali e poco credibili
Sebbene un po’ derivativo per quanto riguarda il sistema di gioco, Remothered: Tormented Fathers riesce a catturare l’attenzione del giocatore e incuriosirlo sin da subito, soprattutto grazie a una buona storia con pochi punti deboli e molte zone d’ombra che verranno messe in luce nei prossimi due capitoli della trilogia. È consigliato agli amanti degli horror più classici, quelli dove lo stealth e le strategie di aggiramento sono elementi di primaria importanza. La versione PS4 non sfigura affatto rispetto a quella PC e, in attesa di ulteriori sviluppi, il consiglio è di supportare un indie nostrano che non ha nulla da invidiare a nessuno.