Psychonauts 2 | Recensione - Un'altra gemma sulla corona di Tim Schafer
Il ritorno "morbido" della serie platform è l'ennesima consacrazione di un genio del gaming
Advertisement
a cura di Paolo Sirio
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Double Fine
- Produttore: Xbox Game Studios
- Distributore: Microsoft
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE , XSX
- Generi: Piattaforme
- Data di uscita: 25 agosto 2021
Psychonauts 2 ne ha dovuta fare di strada. Il progetto, che era diventato più un meme o se volete un mito tra gli appassionati – nei cui desiderata finiva sempre un po’ come ai tempi Final Fantasy VII Remake -, è partito a furor di popolo su una piattaforma di kickstarting che non era Kickstarter ma Fig e lì ha passato diversi anni prima di trasformarsi in qualcosa di più concreto.
Da quel passaggio in poi, direte, tutto liscio? Non proprio: il platform di Double Fine Productions si è guadagnato la pubblicazione di Starbreeze appena prima che quest’ultima implodesse sotto i colpi di operazioni finanziarie ed editoriali quantomeno dubbie; episodio che, se non altro, è servito da assist per convincere Tim Schafer e soci che, probabilmente, l’idea di farsi acquisire da Microsoft non sarebbe stata tanto male.
Ed eccoci qui, ai giorni nostri, con una proprietà intellettuale da rilanciare (anche perché, si sa, la raccolta fondi in rete è una cosa, le vendite e l’accoglienza sono un’altra – vero, Shenmue III?) e, per i molteplici capricci del destino, da “ammanettare” indissolubilmente ad un marchio Xbox che a questo genere di esperienza aveva rinunciato, per qualche ragione non troppo ragionevole, svariati anni fa.
In queste due dimensioni cerebrali specifiche, alla fine, Psychonauts 2 ce la fa? La nostra recensione del prossimo instant classic, almeno negli intenti, di Xbox Game Pass e affini.
Una naturale estensione…
Chi si aspettava una rivoluzione da Psychonauts 2 è probabile che rimanga deluso, perché questo secondo capitolo è una naturale estensione – sia in termini di storia (che potrete ricostruire attraverso un video introduttivo sull’originale e su Rhombus of Ruin per PlayStation VR) che, soprattutto, di gameplay – del capostipite lanciato ormai fin troppo tempo fa.
Poteri e oggetti che utilizzerete, così come le situazioni di gioco in cui vi ritroverete, saranno sostanzialmente assimilabili a quelle dell’amato classico, andando a chiarire come la mano e la mente dietro la progettualità di Double Fine Productions siano rimaste le stesse. Specie a distanza di tutti questi anni, per quanto possa sembrare conservativa, la scelta potrebbe essere stata la più sensata, pure in considerazione del fatto che, oggi più di allora, un’esperienza del genere è assai rara.
Questo copre sia pregi che difetti del filone e del capostipite con Raz e soci. Alcuni elementi che erano troppo complessi all’epoca per il genere di riferimento lo sono pure oggi (pensiamo al level up, che prova ad intrecciarti i fili ma è in realtà molto semplice), ma almeno si prendono la briga di farsi spiegare un tantino meglio, nel segno di quell’accessibilità cui Xbox Game Studios e il team stesso hanno dimostrato di tenere parecchio.
Ancora, come nell’originale la mappa non ha alcuna utilità, e con i “livelli” e l’hub che hanno assunto dimensioni e aperture importanti potreste avvertirne il bisogno specialmente all’inizio prima di prenderci la mano, e nel platforming in sé la prospettiva resta alquanto ingannevole, complice l’inquadratura che parte un po’ troppo dal basso.
La creatività, però, non manca mai e ciò ha un impatto quando c’è da superare certi limiti intrinsechi nel modo di fare videogiochi dello Schafer contemporaneo e tenerti intrappolato nel delizioso loop ludico di Psychonauts 2. Il gioco segue schemi già noti ai fan ma propone mondi sempre nuovi e diversi, il che, unito alla destrutturazione tipica del platform, dà continuamente una mano di vernice fresca all’esperienza.
Capitano il mondo che ti piace di più e il mondo che ti piace di meno, e noi stessi ne abbiamo almeno un paio che non vi citiamo esplicitamente per non rovinarvi la sorpresa, ma possiamo di certo parlarvi dei canoni che ci portano a classificarli così: ce ne sono di più aperti, in cui hai la sensazione di poter girovagare in santa pace per raccogliere collezionabili e oggetti di vario genere, così come di chiusi e circoscritti che hanno però una connotazione così spiritosa (torniamo a breve sull’argomento) che non vorresti uscirne mai.
Abbiamo portato a termine il gioco in 14 ore circa, il che rende l’idea di come il seguito sia solo lievemente più corposo del predecessore numerato: all’atto pratico, ci sono più mondi ma in genere questi sono più brevi in termini di golden path, proponendo ramificazioni e stratificazioni mai troppo elaborate (non siamo dalle parti dei Super Mario 3D, evidentemente) eppure capaci di dare brevi momenti di ragionamento per quegli utenti desiderosi di agguantare il 100% e di garantire un flusso del gameplay più naturale senza più i segni palesi delle legature tra ciascuna sezione.
Una manciata di variazioni sul tema del primo Psychonauts è costituita dal livello di difficoltà, con la new entry che sembra un po’ più facile nonostante ai volti noti si siano aggiunti nuovi nemici e qualche boss qua e là; vi farà piacere notare che, magari anche nell’ottica della summenzionata accessibilità, i danni da caduta sono ora meno punitivi, avendo un impatto più regolare sull’esperienza di gioco. Un dettaglio che i cultori della saga noteranno sicuramente è lo screen time del cast originale, forse messo un pochino troppo da parte per costruire una nuova classe di Psiconauti per il futuro dell’IP.
… Ma un passo avanti
Se finora abbiamo discusso della cifra tradizionalista di Psychonauts 2, è bene far presente come il secondo capitolo, pur essendo intento nel mantenere inalterato il suo DNA, spinga la serie avanti per adeguarla ai tempi moderni e ad un nuovo pubblico. Il franchise è, in una sola parola, cresciuto e lo ha fatto cercando di non cambiare in maniera eccessiva, per non alienare l’audience originale ed essere fedele al contempo alle aspettative dei novizi.
Il classico humor di Double Fine è tornato, ma ha adesso temi più maturi e meno sfumati rispetto a quanto fatto in passato che vengono trattati attraverso i personaggi e le loro storie, come l’amore a prescindere dal genere e la pazzia; uno degli aspetti che colpiscono di più è la sua capacità di toccare certe corde senza snaturare il proprio stile da “gioco per bambini”, cosa che non è affatto o, se lo è, lo è in un canone simile a quello di Burton al cinema.
Il nuovo Psychonauts è più addentrato e delicato sui problemi mentali - dimostrando una trattazione moderna di una dinamica che è cambiata negli ultimi anni e ha assunto una parte centrale in un mondo come il gaming che si propone di dare una mano sia sulla divulgazione che sulla loro soluzione - e su piaghe sociali quali l’alcol, i rimpianti, i dubbi e i blocchi dentro ognuno di noi che ci impediscono di esprimere il nostro pieno potenziale.
Raz continua ad essere un pasticcione che spesso non ha idea di cosa stia facendo ma, in P2, una porzione fondamentale delle sue azioni è guidata proprio dalla volontà di sbloccare certi meccanismi nelle menti di chi gli sta attorno e di rimettere insieme i pezzi delle loro identità; un percorso di maturazione sia della saga che del personaggio, se vogliamo, in cui è possibile inquadrare un messaggio ben preciso per tutti i giocatori.
Il marchio di fabbrica dell’ironia è un caposaldo della poetica di Schafer e resta tale in questo nuovo titolo, con umorismo che viene fatto a spese della TV, un cavallo di battaglia del creativo, ma anche sugli ultimi trend e sui costumi moderni. Parte dell’approfondire determinate meccaniche funziona proprio perché il gioco in genere non si prende troppo sul serio, restando sé stesso pure in un evidente processo di crescita e capace di strappare sorrisi a iosa.
La direzione artistica è prelibata: sembra un film Pixar in computer grafica dal primo momento, coloratissimo e “gelatinoso” a tema cervelli. Avendo rigiocato il capostipite proprio di recente, è interessante notarne i segni lasciati dall’invecchiamento sulla sua veste grafica e come i nostri occhi, distanti anni luce dai teraflops delle console moderne, lo avessero trasfigurato ai tempi esattamente come Double Fine ha disegnato questo seguito.
Sarebbe più opportuno parlare di direzioni artistiche al plurale, però, visto che Psychonauts 2 cambia stile molteplici volte nei mondi più tipici, passando da studi televisivi a sbrilluccicanti visioni degli anni ’60-70 con l’autorevolezza che contraddistingue i platform. Un tratto tipico dell’originale che è rimasto inalterato qui è la presenza piuttosto massiccia di cutscene: se all’epoca era un momento di forte distinzione rispetto ai concorrenti, con la storia che veniva portata avanti alla maniera degli action, oggi questo espediente sembra però sottrarre almeno alcuni frangenti della storia che ci sarebbe piaciuto giocare in prima persona.
Abbiamo avuto modo di provare Psychonauts 2 sia su PC che su Xbox Series X, con quest’ultima in possesso della sola versione next-gen nativa uscita dagli uffici di Microsoft. Tra gli altri abbellimenti, l’edizione next-gen comprende un’opzione con cui scegliere un frame rate di 120fps: tuttavia, almeno al momento della nostra prova, tale soluzione non è la più consigliabile, se consideriamo che si registrano dei problemi di performance di lieve entità che comportano cali di fluidità negli ambienti più affollati – in genere, l’atrio della base degli Psiconauti è un buon esempio di zona che crea questi problemini.
I caricamenti sono super veloci e la transizione da stato di non gioco a quello di attività è molto fluida, anche se la presenza delle schermate di caricamento si avverte ancora e rivela la natura di gioco di una generazione fa, grazie all’utilizzo degli SSD su tutte le piattaforme più recenti.
Se dovessimo chiudere sulla nota più positiva del nostro viaggio su Psychonauts 2, probabilmente sceglieremmo l’aspetto dell’esplorazione, che proprio al pari dell’originale viene ripagata a suon di oggetti, potenziamenti e collezionabili di varia natura: girovagare per un’area (come piace a noi, non sono mai troppo piccole né troppo grandi) è un piacere perché, salvo rarissimi casi, c’è sempre un appiglio a cui aggrapparsi e una ricompensa da ottenere per aver immaginato che ti avrebbe portato a qualcosa, o un angolo dietro il quale guardare con Double Fine sorniona dietro i suoi schermi a pensare che qualche matto ci avrebbe sbirciato.
In tal senso, è apprezzabile la decisione di lasciare che i giocatori possano continuare a vagare per le lande del gioco persino una volta terminata la storia: sia per ottenere l’agognato 100% su tutti i mondi o giocarsi qualche (leggera) missione secondaria, sia per sbirciare dietro quegli angoli e svelare magari nuovi dialoghi ottenuti proprio alla conclusione della main quest.
Versioni testate: PC, Xbox Series X
Siete a caccia di platform next-gen? Ratchet & Clank Rift Apart per PS5 è appena uscito ed è già in offerta su Amazon
Voto Recensione di Psychonauts 2 - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
-
Platforming più raffinato del capostipite
-
Esplorazione appagante
-
Cifra artistica e penne ispirate
Contro
-
Esperienza aderente all’originale
Commento
Advertisement