Project Hospital Recensione, Malati di pixel
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a cura di Daniele Spelta
Redattore
Project Hospital è il fratello serio di Two Point Hospital. Stavo per scrivere meno scemo, ma l’aggettivo sarebbe stato fuorviante e avrebbe posto il paragone sul piano sbagliato, perché se il gestionale creato da Two Point Studio cerca di creare soprattutto quell’effetto non sense fra le corsie di folli ospedali, l’opera di Oxymoron Games si affida – per quanto possibile – ad un approccio molto più simulativo all’interno dei reparti, tentando di metter in moto passo dopo passo ogni singolo ingranaggio che lega la diagnosi alla cura.
Sono due approcci differenti ad un genere simile, per fortuna entrambi vincenti. Two Point Hospital funziona proprio per il suo senso dell’umorismo, ma pecca forse in profondità, semplificando eccessivamente la gestione delle strutture ospedaliere ed è proprio in questo solco che si inserisce Project Hospital, pensato prima di tutto per quei giocatori che amano definire fin nel minimo dettaglio le proprie creazioni, che siano città, squadre di calcio, parchi giochi o, come in questo caso, semplici cliniche prima e ospedali metropolitani poi.
Non serve mica una laurea
Chiedo scusa in anticipo per i continui riferimenti a Two Point Hospital, ma il paragone è necessario per inquadrare al meglio il nuovo arrivato e anche la semplice schermata d’avvio è già un primo indizio sulla differente metodologia.
Quella disegnata da Two Point Studio è un inno all’immediatezza, quattro semplici voci e la maggior parte del monitor occupata da un goffo ospedale che lascia ben intuire i toni scanzonati; all’opposto, il primo impatto con Project Hospital è molto più discreto e formale: meno Scrubs – forse pure Drammi Medicali – e più E.R.
Come in tutti i gestionali, il punto di partenza obbligatorio è il tutorial, sapientemente suddiviso in più fase dal team di sviluppo, perché di cose da fare e da imparare ce ne sono davvero tante: si inizia con un semplice terreno spoglio su cui piazzare le fondamenta della propria struttura, a questo punto, tramite gli appositi menù, si innesta un processo logico-sequenziale che procede attraverso la costruzione di porte, pareti e stanze, con una precisa divisione dei vari reparti che vanno a comporre la clinica, dalla medicina di base fino a neurologia, passando da cardiologia e dalla sala per le radiografie.
Pur nella loro eloquenza, i vari tutorial risultano purtroppo dispersivi e non è raro incastrarsi senza sapere il perché: Project Hospital inizialmente rischia di confondere i tirocinanti per via di un’interfaccia piuttosto articolata, che però, dopo qualche ora di pratica, si rivela invece perfettamente connessa in ogni suo punto.
Faccio un esempio: per avere un reparto emergenze funzionante servono dei bagni, una sala d’attesa e lo studio medico. A loro volta, questi ambienti necessitano di alcuni oggetti imprescindibili, aggiungere dei muri per dividere le sezioni non guasta e, ovviamente, serve poi dello staff da assumere per iniziare a curare i primi pazienti. La catena di azioni può sembrare complessa, ma è tenuta assieme da un invisibile filo che collega tra di loro ogni singolo menù, in cui, grazie all’uso di alert e pop up, è facile scovare il tassello mancante: ci sono frecce che mostrano dove posizionare una sedia, le strumentazioni indispensabili sono colorate di rosso, non mancano indicazioni per piazzare esattamente i computer e le caselle che segnalano la necessità di un medico specializzato.
In tutta la sua profondità, Project Hospital nasconde però qualche informazione essenziale, magari celata in qualche riga di testo che non emerge in prima battuta, fra specializzazione del personale e i numerosi nessi sintomi-diagnosi-cure: sapientemente, tramite un semplice tasto è sempre possibile richiamare dei tutorial dedicati alle tante sfaccettature del gioco, in modo tale da ripassare quando è necessario ogni tomo virtuale di medicina.
Architetti oltre che medici
Project Hospital racconta la nascita, la crescita e perché no il collasso di un ospedale, sommerso magari dai debiti come vuole la tanto cara sanità d’oltreoceano. In questo percorso il giocatore veste i panni di un invisibile regista e demiurgo, a cui viene lasciato ampio spazio in ogni singolo processo decisionale, ma a cui non viene negata nemmeno la possibilità di avere un ruolo più da spettatore, ancora di salvezza indispensabile nel momento in cui l’ospedale accoglie decine e decine di pazienti. La modalità che meglio segue lo sviluppo della propria clinica è sicuramente la sandbox, presente e accessibile per fortuna sin dal primo avvio e non legata, come ad esempio in Jurassic World Evolution, al raggiungimento di qualche obiettivo prefissato nelle campagne.
Queste ultime sono sì presenti, ma vanno lette più che altro come delle sfide che pongono il giocatore davanti alle classiche situazioni precarie, come una montagna di debiti da cui riprendere ossigeno, e che aggiungono poco rispetto alla totale libertà offerta dagli scenari sandbox, dove il giocatore viene guidato da obiettivi facoltativi e viene anche esaltato l’estremo grado di personalizzazione.
Perdonate l’ennesimo riferimento a Two Point Hospital, ma se proprio dovessi dire un suo singolo punto debole, indicherei proprio gli scarsi contenuti – almeno al lancio – che impedivano di rifinire a proprio piacimento ogni reparto, rendendo così gli ospedali dei cloni fatti con lo stampino.
Al contrario, in Project Hospital c’è il rischio opposto, ossia quello di perder minuti e minuti per scegliere il colore delle piastrelle, le divise di medici, infermieri e inservienti, esistono svariati modelli per le porte e occorrono numerosi scroll per osservare tutti i decori e ammennicoli vari con cui si può abbellire la propria struttura. Ogni tanto si scivola un po’ nel territorio del secchione compagno di classe che vuole per forza far vedere a tutti quante ne sa e alcuni passaggi potevano essere tranquillamente evitati, come la necessità di tirar su manualmente ogni singolo muro, anche quando si è già tracciato il perimetro ad esempio di un laboratorio.
Inoltre, le infinite possibilità di personalizzazione cozzano con la rigidità del titolo e con una gestione degli spazi alle volte claustrofobica in cui, a causa della massiccia presenza di attrezzature, personale, pc, lampade e ogni altra cosa che può essere infilata dentro ad un ospedale, anche un semplice click sull’esatto oggetto che si vuole selezionare diventa un’azione difficoltosa.
La scelta di lavorare più in verticale che in orizzontale non è poi di molto aiuto, perché gestire un ospedale distribuito su più piani – con tanto di passaggi tra un livello e l’altro, ascensori, soffitti, pavimenti e muri differenti – è sicuramente più complesso che non avere tutti i reparti “spalmati” su un unico piano terra. Anche in questo caso c’è un trucco e volendo si può sempre ricorrere a stanze già pronte all’uso, senza ulteriore tempo speso.
Manuale di medicina per Project Hospital
La parola simulazione mal si addice ai videogiochi, ma Project Hospital ci prova comunque, un po’ per il suo lato gestionale/manageriale, con le compagnie assicurative che rivestono un ruolo primario, dove occorre sempre tener sott’occhio il conto e la distribuzione del personale, ma soprattutto per via del lungo elenco di sintomi, malattie e cure verosimili, ben differenti dagli assurdi nomi e manifestazioni ectoplasmatiche di Two Point Hospital.
Oxymoron Games ha cercato di far respirare al giocatore la vera aria che si sente fra le corsie, anche quando le porte dell’ospedale sono in teoria chiuse, grazie ad una suddivisione fra mansioni giornaliere e notturne, con necessità di personale e situazioni differenti. Ogni macchinario è poi riprodotto in modo piuttosto fedele e ricopre esattamente il ruolo della sua controparte fisica.
Nella trafila di mansioni che ruotano attorno a barelle, microscopi e defibrillatori, le vere protagoniste sono naturalmente le attenzioni e le cure prestate ai pazienti, racchiuse in sapienti menù e che possono essere gestite manualmente, scoprendo poco alla volta i sintomi, indirizzando uomini e donne – ma non bambini, visto che non ci sono – verso i reparti adatti per fare ulteriori esami e, infine, decidere la cura. Procedere manualmente lima alcuni errori che l’IA alle volte commette, ma quando cresce la dimensione dell’ospedale diventa quasi impossibile gestire tutto autonomamente ed è un vero peccato.
Al di là degli sbagli umani o della CPU, seguire di persona i trattamenti e vedere tutti i minimi gesti ha infatti un valore terapeutico non solo sugli avatar stilizzati di Project Hospital, ma anche sul giocatore stesso. Il titolo ha un ritmo estremamente disteso e rilassato, quasi riflessivo da gioco in idle: so che il giudizio ricade al 100% nei gusti soggettivi, ma uno dei elementi che ho maggiormente apprezzato è proprio la ricostruzione dettagliata di ogni singolo gesto, che siano i guanti di lattice indossati o uno stetoscopio appoggiato sul petto di un paziente, il tutto eseguito con pazienza e perfettamente coordinato con il calmo scorrere delle lancette.
L’effetto complessivo è quello di un diorama in movimento, perfetta anestesia e cura contro una frenetica giornata di lavoro reale: c’è anche la possibilità di accelerare il passare dei minuti, ma è un’opzione che ho trovato personalmente contraria ai naturali tempi del gioco.
Schemi ospedalieri
Project Hospital è come un bisturi di precisione nelle mani del giocatore, che può lavorare di fino in ogni singolo ingranaggio dell’ospedale virtuale, anche con il rischio di complicarsi da solo la vita andando in overdose per via di tutti gli strumenti a sua disposizione. La migliore gestione degli spazi poteva essere raggiunta tramite una telecamera libera e in grado di ruotare a 360 gradi, ma Oxymoron Games ha preferito optare per una grafica in 2D con visuale fissa isometrica, che di certo non aiuta a posizionare correttamente tutti gli elementi.
Al di là della staticità, il risultato grafico ottenuto dall’utilizzo di Unity è appena sufficiente, a causa di una scarsa personalità dovuta in buona parte alle aspirazioni simulative del titolo: c’è sì coerenza tra il giocato e la componente visiva, ma quello si muove su schermo viaggia tra l’anonimo e qualcosa di già visto, esattamente Habbo, nome che forse i pionieri dei social network brutti ricorderanno.
+ I tanti elementi di gioco sono ben tenuti assieme
+ Un rimedio alla frenesia moderna
+ Tantissimi modi per personalizzare l'ospedale
- Artisticamente anonimo
- Qualche difficoltà con la gestione degli oggetti
8.0
Two Point Hospital e Project Hospital sono lo yin e lo yang dei gestionali a tema ospedaliero, due parti complementari che danno una visione differente e allo stesso modo coerente ed esatta sullo stesso tema. Seguire la scia fatta di risate e situazioni assurde lasciata da Theme Hospital sarebbe stato un rischio e il secondo posto era assicurato, quindi il team ceco di Oxymoron Games ha saggiamente preferito intraprendere un percorso differente, improntato su toni più seri e con una approccio più verosimile verso la vita in corsia. Ne emerge un gestionale articolato ma ben coeso in tutti i suoi processi, con una UI inizialmente ostica da digerire, ma che ad un’osservazione attenta rivela tutte le sue connessioni interne, che abbassano il rischio di smarrirsi fra voci e menù. Il livello di personalizzazione appaga i giocatori più creativi – e con più tempo a disposizione – mentre le uniche vere complicazioni derivano da una rigidità grafica che rende macchinoso selezionare e posizionare nella casella giusta macchinari o semplici elementi decorativi.
Voto Recensione di Project Hospital Recensione, Malati di pixel - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
-
La perfetta spalla di Two Point Hospital
-
I tanti elementi di gioco sono ben tenuti assieme
-
Un rimedio alla frenesia moderna
-
Tantissimi modi per personalizzare l'ospedale
Contro
-
Telecamera fissa
-
Artisticamente anonimo
-
Qualche difficoltà con la gestione degli oggetti
Commento
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