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Immagine di Pacific Drive | Recensione - Una boccata di originalità
Recensione

Pacific Drive | Recensione - Una boccata di originalità

Fantascienza e paranormale si prendono la scena in Pacific Drive, dove a salvarci troveremo la nostra auto: vediamo com'è andata nella recensione.

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Avatar di Pia Colucci

a cura di Pia Colucci

Redattrice

Pubblicato il 20/02/2024 alle 16:01 - Aggiornato il 08/05/2024 alle 18:05
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In sintesi

  • Una interessante mescolanza di generi ludici diversi che funzionano.
  • Sfida non proprio per tutti, anche in virtù di alcuni sistemi di crafting (e meccaniche rogue) che mettono tantissima carne al fuoco.
  • L'intrigo tiene incollati e il senso di esposizione al pericolo è tangibile. Un vero peccato che manchi l'italiano.
  • Pro
    • Direzione artistica ispirata
    • La trama ti catapulta nel mistero e ti fa chiedere "di più"
    • Interfaccia grafica all'interno dell'auto ben fatta e ricca di minuziosi particolari
  • Contro
    • Molto alta la curva d'apprendimento all'inizio
    • Mancanza della lingua italiano e inglese un po' troppo "settoriale"
    • Il crafting rende secondaria la missione principale

Il Verdetto di SpazioGames

7.5
Pacific Drive è un’esperienza difficile, come abbiamo detto all’inizio della nostra recensione, ma assolutamente unica del suo genere. Sin dai primi minuti di gioco, il titolo introduce tutta l’ansia e la tensione che generalmente caratterizzano le prime scene di un film horror. Qual è l’origine di quel rumore? Si è mosso qualcosa da quella parte? Paranoia e alienazione la fanno da padroni e, quando il pericolo si manifesta in maniera tangibile davanti ai nostri occhi, diventa quasi una lotta contro il tempo: rientrare in auto, ricordare di dover togliere il freno a mano, dover girare la chiave e schiacciare sull’acceleratore. Quanto è difficile farlo su una scala da uno a dieci quando sopra alla nostra testa fluttua un non meglio definito oggetto/entità pronto ad attaccarci? 
Malgrado queste belle premesse, l’asticella della difficoltà (già alta sin dai primi minuti) ci ha quasi scoraggiato – oltre al fatto che, dopo aver perso tutti nostri oggetti, siamo dovuti tornare nuovamente tra quelle misteriose foreste, mal equipaggiati, con l’auto senza sportelli posteriori e una ruota quasi bucata, per recuperare il nostro prezioso bottino, con delle meccaniche rogue non sempre stimolanti come il resto della proposta ludica.
Pacific Drive, alla fine, non è solo un videogioco ma un percorso, con una linea di apprendimento ripida ma piuttosto appagante: è necessario entrare nell’ingranaggio di questo sistema ben congegnato e ingegneristico, se così si può dire, per godersi pienamente un'esperienza che, pur nella bulimia di alcune sue interfacce e del suo sistema di crafting, si fa apprezzare enormemente per atmosfera e personalità. Nulla è lasciato al caso e sarà necessario trovare la propria attitudine da meccanici in erba per lasciare il segno sulla Zona di Esclusione Olimpica.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Pacific Drive
Pacific Drive
  • Sviluppatore: Ironwood Studios
  • Produttore: Kepler Interactive
  • Testato su: PS5
  • Piattaforme: PC , PS5
  • Generi: Avventura
  • Data di uscita: 22 febbraio 2024

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Le rigogliose foreste che popolano lo stato di Washington sono sicuramente materiale di ispirazione per un titolo come Pacific Drive, l’ultimo videogioco nato dalla software house di Seattle, Ironwood Studios.

Sono proprio i dintorni della città dello Space Needle a stuzzicare la voglia di mistero e scoperta, almeno nell’immaginario comune. È proprio tra quei boschi che accompagniamo l’agente del FBI Dale Cooper mentre si accinge, con la sua auto, ad entrare nella cittadina di Twin Peaks, la serie culto degli anni Novanta firmata dal visionario David Lynch. 

È nella natura selvaggia di quei luoghi negli Stati Uniti nord-occidentali è nata l’ispirazione per Pacific Drive, un diverso e stimolante videogioco che unisce un congegnato sistema di crafting, driving sim e roguelike. È stato un brutto temporale a dare ispirazione al game creator Alex Dracott, mentre visitava le coste del Pacifico, come ci ha raccontato lui stesso nella nostra chiacchierata.

In quel momento, malgrado le intemperie e la scarsa visibilità, non si è perso d’animo, sentendosi un «tutt’uno» con la sua auto, una vecchia station wagon che guida sin da quando era un adolescente. Dracott si è sentito protetto dalle lamiere, seppur sgangherate e sporche di fango – un posto sicuro e familiare, divenuto l’anima della storia che caratterizza un videogioco unico nel suo genere. 

Dopo aver testato per la prima volta Pacific Drive qualche settimana fa, abbiamo affrontato il viaggio completo per la recensione: vediamo com'è andata.

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On the road again...

Pacific Drive è un survival difficile. È questa la prima cosa che salta all’occhio mentre si fa il proprio ingresso nel mondo di gioco, un luogo nella natura selvaggia, distaccato nello spazio e nel tempo, in cui appaiono strani fenomeni, aumento delle radiazioni, anomalie, un clima volatile fatto di piogge intense e trombe d’aria.

Ambientato in un periodo non ben definito – ma, visto il modello della nostra auto, ipotizziamo che sia ambientato alla fine degli anni Sessanta e inizio anni Settanta, quando i racconti fantascientifici e la paranoia collettiva riguardo forme di vita extraterrestre iniziarono ad insinuarsi nella mente delle persone dopo il successo della missione lunare del 1969.

Strani esperimenti negli anni ’40 hanno condotto, in un angolo della Penisola Olimpica di Washington, ad un’invasione di strane e pericolose anomalie, portando il governo degli Stati Uniti alla decisione di chiudere la zona incriminata. 

Uno scenario deserto e spettrale, popolato da strani fenomeni che fluttuano verso il cielo e da una sinistra luce abbagliante rossa che circonda la Zona non fa altro che stuzzicare – nella mente di noi videogiocatori – analogie con altre opere che mettono il sovrannaturale e il mistero al centro di tutto: primo fra tutti Control, il gioco di Remedy, con il quale Pacific Drive condivide stilemi ed estetica. 

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Nella Zona succedono... cose.

Ma ci sono anche alcune tra le più famose opere indie del panorama videoludico, come Everybody’s Gone to The Rapture e Firewatch – con le quali il gioco condivide un mondo privo di altre presenze umane e una costante voce via radio che fa compagnia al protagonista. Per il resto, la controparte "walking" è soppiantata da una “driving” strutturata e variegata, in cui non serve solo schiacciare sull’acceleratore e partire alla scoperta di nuove mete.

Partire in quarta

Il gioco inizia con un protagonista senza nome, intrappolato nella Zona di Esclusione Olimpica. Per ordine delle voci che arriveranno dalla nostra radio, andremo alla scoperta e al recupero di diversi rifornimenti utili per la costruzione di attrezzi per la nostra auto e per la nostra sopravvivenza (recupero della benzina, oggetti per la creazione di medikit, raccolta di sfere al plasma che ci aiuteranno ad uscire dalla Zona e via dicendo). 

Come prima cosa, non possiamo avere una macchina senza un’officina: nei primi minuti di gioco ci troveremo a guidare verso il nostro fidato hub, al quale faremo ritorno dopo ogni spedizione nella natura selvaggia.

Qui potremmo assemblare e creare pezzi sul nostro tavolo di lavoro, consultare la mappa e mettere in ordine il nostro inventario. Pacific Drive ci mette sul piatto un’infinità di informazioni che possono intimorire i neofiti, una lista infinita di materie prime da creare e raccogliere, gli schemi dei progetti che dobbiamo studiare e di cui fare tesoro, e infine la missione principale che non dobbiamo perdere di vista. 

La sensazione di sentirsi al sicuro solo dentro la propria auto è reale e tangibile.
La prima missione ci porterà a circa tre ore di viaggio verso un posto isolato nelle foreste di Washington, fortunatamente raggiungibile con il fast travel. Una volta lì, però, dovremmo cavarcela da soli. In compagnia del nostro piccolo catorcio, dovremmo collezionare diversi oggetti per creare un martello in grado di rompere degli involucri contenenti plasma radioattivo. 

Il nostro spazio è limitato sulla mappa ma non per questo poco vasto: la sensazione è proprio quella di sentirsi soli in una moltitudine di eventi che non si riescono a comprendere, di tanto in tanto la voce alla radio ci guiderà verso il prossimo obiettivo mentre la sensazione di sentirsi al sicuro solo all’interno della propria auto è reale e tangibile.

Se è davvero questo l’obiettivo che volevano far vivere gli sviluppatori di Ironwood Studios, direi che ci sono riusciti pienamente. Tuttavia, è doveroso precisare che l’auto, seppur veloce e sicura, non è invincibile: malgrado i nostri sforzi nel creare e rifinire parti delle sua struttura come il motore, gli pneumatici e i portelloni, anche la nostra station wagon arrugginita sarà vittima delle intemperie, degli urti e delle radiazioni.

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L'abitacolo dell'auto è realizzato con una maniacale e piacevole cura per i dettagli.

Ci saranno dei momenti, all’interno della missione, in cui succederà qualcosa che sarà pronto ad annientarci: a bordo della nostra auto dovremmo scappare disperatamente (attraverso la strada asfaltata o sentieri impervi) verso un gateway mentre una tempesta arriverà e, in stile battle royale, si stringerà intorno a noi.

Se non dovessimo riuscire ad arrivare al gateway in tempo, Pacific Drive gioca la carta del roguelike, riportandoci al garage ed evitando il game over, ma “ripagandoci” con la nostra auto completamente a pezzi e con la perdita di tutte le nostre risorse accumulate nel corso dell’esplorazione.

Dovremo quindi ritornare tra i boschi e, proprio dove l’anomalia ci ha raggiunti, ritrovare il nostro amato catorcio, ormai ridotto ad un cumulo di vecchi rottami e recuperare tutti gli oggetti che c’eravamo lasciati alle spalle. 

Il preciso sistema di crafting prevede anche un’attenta selezione e stoccaggio delle risorse e questo – almeno nelle nostre prime ore di gioco – è stata un’esperienza che ci ha coinvolto in toto, acuendo la voglia di mistero che ci ha “stregato” all'inizio. Questa, a lungo andare, è stata la nota dolente dell'esperienza, che tuttavia si muove lungo un percorso lineare e ricco di qualità.

Survival of the Fittest

La grafica di Pacific Drive risulta ben curata e minimale; tuttavia, la cosa che salta agli occhi è l’interno del nostro abitacolo, fulcro della nostra avventura. Come se fosse l’interfaccia di una navicella spaziale, i comandi sono sotto il nostro controllo: poter girare la chiave per mettere in moto, attivare i tergicristalli in caso di pioggia e consultare la mappa attraverso il piccolo monitor posto al lato del passeggero dona un senso di calore e sicurezza.

La mancata presenza di comandi “a schermo” (tranne quelli dedicati agli obiettivi e alle risorse da recuperare) rende Pacific Drive un gioco coinvolgente e realistico – e ci ha fatto quasi rimpiangere la mancanza di un visore VR, che renderebbe l’esperienza assolutamente indimenticabile.

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Il sistema di crafting è molto (a volte troppo) ricco e pieno di possibilità.

Attraverso la nostra radio, oltre alle voci dei personaggi che ci indicheranno la via, ci si gode anche un’accurata colonna sonora fatta di canzoni, musica strumentale o lirica, pronta a risollevarci il morale perché, malgrado non fosse nell’intenzione degli sviluppatori, Pacific Drive è un survival che spaventa: non c’è nulla di più terrificante della sensazione di ritrovarsi da soli circondati da fenomeni che non si riescono a comprendere.

Possiamo, ad esempio, passare su delle dune che – in realtà – possono scoppiare e lanciare in aria la nostra auto, con piccoli jump scare imprevedibili che rendono l’esperienza di gioco interessante e completa.

È necessario, infine, indicare la mancanza della lingua italiana. I dialoghi sono brevi e comprensibili anche da coloro che non masticano molto l’inglese ma sono tuttavia difficili da seguire leggendo, soprattutto quando si è alla guida e la visibilità è ridotta – non solo dalla già limitata visuale in prima persona, ma anche dalle mille cose da controllare sul proprio parabrezza.

Le parole inglesi dedicate a parti meccaniche e automobilistiche fanno parte di un vocabolario molto preciso e di cui non tutti saranno a conoscenza. Nel mio caso, per fare un esempio reale, è stato molto difficile capire, ad esempio, che “putty” sta per “stucco”, non essendo una parola frequente nel parlato comune. Ci sarebbe da sperare che il gioco possa venire tradotto in italiano, insomma, perché le informazioni sono tante e i dialoghi, spesso divertenti e i brillanti, così rischiano di perdersi un po', mentre scorrono via durante le fasi di gameplay.

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