Al delirio fatto di cerchi confinanti e difformi che è oO sarete costretti ad abituarvi, lottando costantemente con la vostra pazienza. Siete una sfera bianca in perpetuo movimento che andrà a schiantarsi in continuazione contro pareti circolari e denti triangolari, come in un incubo ricorrente dal quale vi risulterà difficile riemergere. Vorticare ossessivamente attorno a un anello è un atto spontaneo e mai controllabile dal giocatore; infilarsi in quello successivo è invece un’operazione possibile solo quando la sfera passa davanti al punto di intersezione, ma solo dopo aver premuto in tempo l’unico tasto che permette l’interazione. Minimalismo puro, insomma, ma il coefficiente di difficoltà è assai elevato e poco amichevole.
Su di giri
oO potrebbe essere considerato a tutti gli effetti una sorta di platform a scorrimento circolare. Non potrete muovervi in nessuna direzione, ma potrete solo entrare e uscire dall’area di un anello, rimanendo sempre appoggiati sulla linea perimetrale mentre la sfera rotola senza mai fermarsi. Considerando che si tratta di un titolo nato e pensato principalmente per piattaforme mobile, è comprensibile il motivo per cui il sistema di controllo sia limitato a un singolo comando. Eppure oO funziona bene, perché trova nella sua semplicità il modo migliore per proporsi, riuscendo a essere originale e sufficientemente vario senza ricorrere all’escamotage dei livelli simili e con qualche aggiunta, utili per rimpolpare la durata complessiva.
Riuscirci non era affatto facile, perché sebbene l’idea di fondo si presti a numerose varianti, il concept legato alla continua rotazione e al passaggio tra un anello e l’altro presentava insidie di game design nient’affatto trascurabili. Gli sviluppatori hanno preferito mettere a disposizione un numero inferiore di livelli, concentrandosi con attenzione sulla calibrazione della difficoltà, dipendente in larga misura dalla capacità di avere sempre un ottimo tempismo.
Se i primi livelli mettono in evidenza la necessità di alternare la propria posizione e di evitare i triangoli che sbocciano sulle superfici interne ed esterne dei cerchi, in quelli più avanzati bisogna spostarsi ossessivamente e con grande prontezza senza avere mai la possibilità di fare errori di valutazione. Non ricomincerete tutto da capo ogni volta che sbaglierete, sia chiaro, ma bisognerà portare a termine determinati segmenti prima di arrivare dentro agli anelli-checkpoint che vi lasceranno rifiatare per qualche secondo.
La grandezza variabile degli anelli cambierà inevitabilmente i ritmi di gioco: le minori distanze da percorrere si alternano ai tempi dilatati delle grandi distanze, e passare da un anello all’altro diventa spesso una sfida musicale, come se premendo la barra spaziatrice a intervalli irregolari creaste nella vostra mente una sorta di motivetto che vi aiuta a dare un senso alla vostra progressione. Naturalmente il posizionamento degli ostacoli non sempre lo permette, ma alcune delle sezioni più ostiche sembrano quasi aprire le porte alle logiche dei rhythm game.
All around
Ci sono due livelli per ciascun “mondo”, per un totale di dieci. L’ultimo mondo è ospite di una modalità infinita che spinge il giocatore a totalizzare il punteggio maggiore, mostrandogli solo all’ultimo momento come sarà l’anello successivo. Gli anelli vengono infatti creati in modo consequenziale, passo dopo passo, lasciando nell’incertezza l’utente che dovrà in questo caso affidarsi solo alla sua prontezza di riflessi. La campagna principale – se così possiamo definirla – offre invece un pizzico di pianificazione in più, soprattutto per la sua natura “trial & error” che dà modo di spingersi poco più avanti ad ogni tentativo. Memorizzare le sezioni è vitale, ma capire quando è il momento propizio di lanciarsi nell’altro anello vi risparmierà diverse morti, in particolar modo quando affronterete i livelli con gli ostacoli che si ritirano e spuntano fuori a intervalli regolari. Quando questi si sommeranno ad altre file irregolari di denti triangolari, poste dentro e fuori dal perimetro dei cerchi, oO diventerà un vero incubo. Tuttavia, bisogna comunque dire che il gioco non si spinge mai fino alla frustrazione; si mantiene al contrario sempre in un equilibrio che non scade mai nella banalità e non arriva mai ad esasperare il giocatore.
Molto interessanti sono invece i livelli che mostrano i contorni degli anelli come se fossero immersi nell’acqua. Le linee sono sinuose e ondeggianti, e cambiano giocoforza i punti di intersezione con i cerchi successivi, aggiungendo quindi un ulteriore grattacapo per chi, nel frattempo, dovrà stare attento anche agli altri pericoli. Ma gli stage meglio realizzati, quelli che mettono in evidenza una discreta inventiva e fantasia, sono quelli che ospitano al suo interno gli anelli semoventi, che si comportano come delle piattaforme che vagano nell’etere prima di agganciarsi – temporaneamente – a quelli successivi. C’è insomma più di qualcosa di buono in oO, ma visto che si tratta di una conversione che non aggiunge nulla di nuovo rispetto alla versione mobile (dai contenuti assai modesti), non aspettatevi qualcosa di troppo differente da un titolo che si lascia giocare a spizzichi e bocconi. Adatto più a delle brevi pause che non a lunghe e snervanti sessioni.
– Livello di sfida elevato e ben bilanciato
– Concept originale e realizzato a dovere
– Colonna sonora trance-ambient di buona fattura
– Versione PC priva di novità
– Pochi livelli
– La difficoltà elevata potrebbe far desistere i meno pazienti
oO è un gioco che si adatta meglio alle piattaforme mobile. La conversione su PC non aggiunge davvero nulla alla versione originale, e l’unica reale differenza è che al posto di toccare uno schermo, premerete la barra spaziatrice. Considerata la sua natura hardcore, però, capiamo la mossa degli sviluppatori, che hanno pensato di dare agli utenti PC un prodotto che rientra nella categoria dei platform indie dalla difficoltà assai elevata.