Master Detective Archives: Rain Code | Recensione - Indagini intriganti
La nuova indagine dall'autore di Danganronpa vira su nuovi territori, senza tagliare i ponti con il passato: la recensione di Master Detective: Rain Code.
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a cura di Gianluca Arena
Senior Editor
In sintesi
- Un lavoro insieme innovativo e derivativo, che riesce in molti dei suoi intenti
- Maggiore libertà di azione ma anche più tempi morti
- Bene artisticamente, meno bene dal punto di vista tecnico
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Too Kyo Games
- Produttore: Spike Chunsoft
- Distributore: Spike Chunsoft
- Testato su: SWITCH
- Piattaforme: SWITCH
- Generi: Avventura
- Data di uscita: 30 giugno 2023
La trilogia di Danganronpa ha segnato un punto di non ritorno per le visual novel di stampo investigativo al pari di quanto fatto, anni prima, da Capcom con Ace Attorney: Kazutaka Kodaka ha fatto jackpot e mostrato al mondo intero il suo talento, costruendo personaggi e situazioni ai limiti del surreale e nondimeno avvolgenti ed appassionanti.
Master Detective Rain Code, nuova IP firmata Spike Chunsoft, punta a ricreare quelle atmosfere in un contesto differente, mettendo insieme una manciata di talenti tra il team di TooKyo Games e alcuni dei membri dello staff responsabili di World's End Club, pubblicato poco meno di tre anni fa su Switch e PC.
Incuriositi dai trailer pubblicati e dalla buona impressione da essi ricavata, ci siamo imbarcati sull'Amaterasu Express per raggiungere Kanai Ward ed esplorarla per voi.
Vediamo allora com'è andata.
Organizzazione Mondiale dei Detective (OMD per gli amici)
Non che World's End Club ci fosse piaciuto particolarmente, come i nostri lettori sapranno bene, ma il fascino magnetico che la trilogia di Danganronpa continua ad esercitare su di noi anche a distanza di oltre dieci anni è tale da soprassedere su eventuali, mezzi passi falsi del team di sviluppo nipponico.
Ecco perché, all'annuncio di una data di uscita ufficiale per Master Detective Rain Code, ci siamo fiondati con aspettative, non lo nascondiamo, abbastanza elevate, perlopiù mantenute dal prodotto finale.
Lo sappiamo, anche noi stiamo storcendo il naso per l'ennesimo caso di protagonista affetto da amnesia temporanea, ma – pur nel loro infinito talento – sembra che i game director giapponesi non riescano a trovare altro espediente narrativo per condurre il giocatore ad una conoscenza graduale dei fatti.
Coloro i quali vorranno però soprassedere su questo evitabile cliché, si troveranno da subito immersi in un'avventura a tratti incalzante e stimolante, a partire proprio dalle prime ore, che ci vedranno imbarcati all'ultimo secondo utile su un treno, l'Amaterasu Express, diretto a Kanai Ward, una metropoli tagliata fuori dal resto del mondo e totalmente in mano ad una mega corporazione senza scrupoli, la suddetta Amaterasu.
Il viaggio stesso è costellato di pericoli: sul treno ci sono altri cinque Master Detective, membri di un consorzio d'élite di investigatori privati sparsi per il mondo, che diffideranno inizialmente del nostro, sprovvisto della memoria e senza alcun Forte, ovvero una caratteristica soprannaturale unica, assai utile nello svolgimento delle indagini.
Ben presto, però, grazie anche alla procace e dispettosa dea della morte Shinigami, con cui, apparentemente, il nostro eroe ha siglato un patto, le cose inizieranno a chiarirsi – e, non senza difficoltà, il nostro raggiungerà finalmente la sua destinazione, un enorme agglomerato di case e grattacieli dove la pioggia non cessa mai di cadere.
Il versante narrativo, al netto di una diffusa verbosità dei protagonisti, risulta uno degli aspetti più convincenti della produzione, con personalità ben tratteggiate, pur nel loro essere orgogliosamente sopra le righe, misteri da risolvere sempre più intricati – con soluzioni che sfidano spesso la logica ed il buon senso – e un'ambientazione magari non originalissima ma decisamente d'effetto, tra vicoli malfamati e Pacificatori minacciosi ad ogni angolo di strada.
Il tocco di Kazutaka Kodaka c'è e si vede, insomma, anche se non siamo ai livelli magistrali, intrisi di cupezza e disperazione che avevano sancito il successo mondiale dei tre episodi principali del franchise Danganronpa.
Nei momenti di stanca dell'avventura, che purtroppo non mancheranno, saranno proprio la bontà della scrittura e la curiosità di vedere come andrà a finire la storia che faranno da traino per il giocatore, spingendolo a proseguire nonostante qualche ingenuità di troppo del titolo dal punto di vista del ritmo e dell'esplorazione.
Più libertà ma anche più attese
La struttura di gioco rappresenta una sorta di via di mezzo tra la linearità dei tre Danganronpa e la relativa libertà in tre dimensioni permessa da World's End Club: dopo una fase introduttiva iniziale in cui si è fisicamente costretti in un treno e non c'è molto spazio per girovagare, Kanai Ward si aprirà pian piano al giocatore, che tra un caso e quello successivo potrà esplorarla a piacimento, sebbene le location, pur ben caratterizzate, si possono contare sulle dita di un paio di mani.
Apprezzabile, per quanto periferica, l'aggiunta di una serie di missioni secondarie facoltative, sparse per i vari distretti della città e atte perlopiù a prolungare l'esperienza di gioco, che nel nostro caso si è attestata sulla trentina abbondante di ore, raggiunte però senza saltare alcun dialogo e senza velocizzare in alcun modo gli scambi di battute tra personaggi.
Ma è una volta accettato un caso, quando la scena del crimine è ancora calda, che Master Detective Rain Code offre il meglio di sé: quando, cioè, prende più apertamente le mosse dalla trilogia che ha visto protagonista quel pazzo sadico di Monokuma, con i Labirinti dei Misteri che vanno a sostituire le fasi processuali della precedente proprietà intellettuale firmata Spike Chunsoft.
Questi non sono altro che la declinazione di TooKyo Games dei palazzi visti in Persona 5: grazie ai poteri della prorompente Shinigami, il nostro può addentrarsi in manifestazioni fisiche dei casi, in cui gli indizi raccolti funzionano da Chiavi che sbloccano porte e possono essere usate per contraddire argomentazioni mendaci o errate da parte sia dei testimoni sia degli indiziati, che si configurano come veri e propri boss da battere a suon di ragionamenti mortali.
L'ossatura è presa quasi di peso da Danganronpa, in particolare dal terzo episodio, e anche i mini-giochi in cui il giocatore sarà coinvolto richiamano quelli già visti qualche anno fa – dai giochi di parole in stile impiccato, con un ansiogeno timer a scandire i nostri tentativi, alle frasi-arma che tolgono energia al giocatore qualora lo colpiscano, ma che possono essere evitate o distrutte con la giusta Chiave.
Si aggiungono qui delle fasi di vero e proprio sfondamento, con il protagonista che siede sulla testa dell'enorme Shinigami che prende a testate (letteralmente!) i muri della fortezza del nemico di turno e la ricreazione nella memoria delle scene del crimine, utile a raccattare qualche indizio sfuggito ad una prima passata.
Dalla trilogia di Danganronpa, purtroppo, queste ereditano anche taluni casi di ottusità in cui, quando anche il giocatore avesse svelato con anticipo il mistero, è comunque tenuto a procedere lungo un percorso prestabilito e a fornire le risposte nell'ordine e nelle modalità intesi dal team di sviluppo.
D'altronde lo sviluppo guidato dei casi è utile a quest'ultimo per tenere sotto controllo l'evolversi della trama e dosare i colpi di scena, tenendo per ultime le carte migliori da giocare durante ogni Labirinto dei Misteri: nondimeno, a partire dalla prossima coproduzione Spike - TooKyo gradiremmo che fosse lasciato un maggiore grado di controllo ai giocatori più perspicaci durante queste fasi.
Chiudiamo l'analisi delle meccaniche di gioco con un (piccolo) pollice verso per la l'inutile inclusione di una certa dose di fanservice: una delle due forme della compagna di viaggio di Yuma non ha alcun motivo di esistere se non per compiacere un certo tipo di pubblico, e la gratuità di certe battute (e pose) non solo non aggiunge nulla al plot e alla caratterizzazione dei personaggi, ma non rende per giunta onore al talento degli scrittori in seno a TooKyo Games.
Alti artistici e bassi tecnici
Difficile esprimersi in maniera netta sul comparto tecnico della produzione, perché non sempre sono chiari i confini di dove finisce la limitatezza del budget messo a disposizione del team di sviluppo e dove iniziano i limiti tecnici di Switch – che però ha dimostrato, anche recentemente, di essere una macchina capace di offrire scorci e performance più che dignitosi se sfruttata a dovere.
Tra i pro abbiamo una direzione e visione artistica ispiratissima, che coniuga personaggi usciti da un manga (denti d'oro con scritte incise, tagli di capelli che sfidano la gravità, mise improponibili ed una immancabile dose di pessimo gusto in tema di abbigliamento) con un'ambientazione estremamente affascinante, a metà tra la Gotham di Bruce Wayne e la città dell'indimenticabile Corvo interpretato da Brandon Lee.
Notevoli anche molte delle sequenze all'interno dei Labirinti dei Misteri, con soluzioni visive accattivanti che, pur richiamando quelle viste nella trilogia di Danganronpa, si distinguono a sufficienza da queste ultime per non sembrare semplici rehash.
Purtroppo, a frenare l'appeal visivo e l'immersione nel mondo di gioco ci sono anche diversi contro, da caricamenti piuttosto diffusi e prolungati, che raramente si mantengono al di sotto dei venti secondi abbondanti, a qualche scatto durante le fasi di esplorazione, un livello di dettaglio complessivo che lascia a desiderare (soprattutto su un televisore ampio) e soluzioni poco eleganti come passanti che scompaiono quando li incrociamo ed elementi dello scenario che si materializzano dal nulla a pochi passi dal nostro a causa di un pop-in piuttosto aggressivo.
Nel complesso, soprattutto se giocato in modalità portatile, Master Detective Rain Code riesce a farsi apprezzare per il lato artistico, ma il passo avanti fatto a livello di esplorazione e libertà di movimento nelle varie aree di Kanai Ward rispetto alla trilogia di Danganronpa è zoppicante, con un motore grafico che non sempre riesce a reggere il peso delle ambizioni di un team di sviluppo talentuoso come TooKyo.
Nessuna critica può invece essere mossa al comparto audio, che raggiunge, e in taluni casi supera, quello già apprezzato nella fortunata trilogia di Danganronpa: d'altronde il compositore principale alle spalle è il medesimo, un certo Masafumi Takada (The Evil Within, Digimon Story Cyber Sleuth, Super Smash Bros. Ultimate), e i motivi sono immediatamente riconoscibili per tutti coloro che hanno speso decine di ore in compagnia di Monokuma e compagni.
Nel contempo, la sensazione di deja-vù non solo non è mai eccessiva, ma riesce a valorizzare i cambi di ritmo della produzione e a far capire immediatamente al giocatore avvezzo ai precedenti lavori del team dinanzi a quale fase di gioco sta per trovarsi.
Nonostante il buon lavoro svolto sull'audio si estenda anche al doppiaggio, tanto in lingua originale quanto in inglese (con puntuale sottotitolazione italiana), la prima versione del gioco da noi testata presentava grossi problemi di lip syncing, risolti quasi del tutto da una patch rilasciata successivamente.
Diciamo "quasi" perché comunque, in certe scene animate girate con il motore di gioco, permangono piccole disconnessioni tra il movimento delle labbra dei personaggi parlanti e la tempistica con cui la traccia parlata giunge all'orecchio del giocatore.
Lo segnaliamo solamente per completezza, perché confidiamo, dopo gli enormi progressi apprezzati in seguito all'uscita della prima patch, che con una seconda, magari al day-one, la situazione si normalizzi del tutto, anche in considerazione del fatto che non abbiamo incontrato alcun altro tipo di problematica a livello di bug e glitch.
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Voto Recensione di Master Detective Rain Code
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
-
Il tocco di Kazutaka Kodaka è evidente
-
Più libertà e più esplorazione rispetto ai precedenti lavori del team
-
Enigmi eccentrici e stimolanti
-
Storia e personaggi deliziosamente sopra le righe...
Contro
-
Una certa sensazione di deja-vù per chi proviene da Danganronpa
-
Non mancano i tempi morti
-
... ma con un po' di fanservice di troppo
Commento
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