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Pro
- Due titoli che meritano la grande ribalta.
- Storie e personaggi ancora degni di nota.
- Un nuovo, efficace doppiaggio inglese.
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Contro
- Interventi di rimasterizzazione poco più che sufficienti.
- Alcuni aspetti dei due titoli risultano piuttosto obsoleti.
- La localizzazione testuale italiana avrebbe ampliato la potenziale platea.
Il Verdetto di SpazioGames
Informazioni sul prodotto

- Sviluppatore: Ashibi, Game ARTS
- Produttore: GungHo
- Testato su: SWITCH
- Piattaforme: PC , PS5 , PS4 , XONE , SWITCH , XSX
- Generi: Gioco di Ruolo
- Data di uscita: 18 aprile 2025
Dopo quella dedicata a Suikoden, di cui trovate la recensione sulle nostre pagine, arriva un'altra collezione di grandi classici del genere dei giochi di ruolo, stavolta addirittura antecedenti a quelli targati Konami.
Lunar The Silver Star e Lunar Eternal Blue rimangono due dei JRPG ricordati con maggiore affetto dal pubblico, nonostante la serie sia (sembri?) morta da tempo: era ora che qualcuno decidesse di rendere omaggio al lavoro di Game Arts.
Ecco, allora, che GungHo Online Entertainment propone una rimasterizzazione dei primi due, storici episodi, imbellettandola con una serie di feature moderne: basterà?
Abbiamo recensito per voi la versione Switch, ma il pacchetto sarà disponibile anche in versione PS4, Xbox One e PC. Vediamo com'è andata.
Cos'è Lunar Silver Star Story
Lunar Silver Star Story riscosse successo alla sua uscita, nell'estate del 1992 in Giappone e solo alla fine dell'anno successivo negli Stati Uniti (saltando l'Europa a piè pari) essenzialmente per due motivi: l'uno era la superiorità tecnologica che il formato CD dello sfortunato Sega Mega CD assicurava rispetto alle cartucce, e l'altro era la qualità della scrittura e della storia raccontata, con personaggi memorabili con cui era facilissimo entrare in sintonia.
Il capostipite raccontava la storia di Alex, un ragazzino che, affascinato dai racconti sul grande Dyne, combattente capace di domare i draghi, sogna di ripercorrerne le orme, nonostante viva in un tranquillo villaggio ai confini della civiltà, Burg, in cui la vita scorre placida e non succede quasi mai nulla.
Alex passa le giornate con i suoi amici, dall'inseparabile Nall, una sorta di grillo parlante sempre sulla spalla del nostro, alla dolcissima Luna, sorella putativa nonché amore non confessato, passando per Nash e Ramus, due amici di infanzia che insieme si rivelano una miscela esplosiva.
Inutile dire che, a pochi minuti dai titoli di testa, il gruppo si avventura in quella che sembra poco più che una scampagnata e che si trasformerà, nel più classico degli sviluppi, in un viaggio lungo e non privo di pericoli, che cambierà per sempre le loro vite.
Nonostante i cliché abbondino, e Lunar sia figlio della sua epoca in tanti risvolti, è impossibile non empatizzare con i personaggi, così vicini alle figure amicali che tutti abbiamo avuto durante la nostra infanzia e prima adolescenza – sebbene la storia riservi colpi di scena tutto sommato prevedibili e tiri dritto per la sua strada.
A testimonianza di questo, a distanza di tanti anni, ricordavamo perfettamente i nomi ed il carattere del cast principale quando rigiocammo a questo titolo nella forma del suo remake per PSP.
Come anticipato, a garantire al JRPG di Game Arts un buon successo di vendite c'era anche l'aspetto tecnologico: liberi della limitazioni di spazio e memoria imposte dal formato cartuccia, gli sviluppatori poterono sbizzarrirsi inserendo pezzi cantati nella colonna sonora, filmati di intermezzo che punteggiavano l'avanzamento lungo la campagna ed una forma piuttosto grezza di doppiaggio, in linea con quanto faceva NEC sul suo PC Engine Turbo Duo.
Questi elementi contribuirono a far fare un sostanziale passo avanti allo storytelling, all'immedesimazione nei personaggi ed al lato artistico della produzione, che agli occhi di un pubblico abituato a degli sprite piuttosto piccoli e limitati nel campo animazioni, apparve come un nuovo standard per i giochi di ruolo, nonostante un gameplay comunque molto tradizionale ed uno sviluppo dei personaggi assolutamente in linea con le produzioni del periodo.
I circa quindici minuti di dialoghi registrati della versione originale e la pubblicazione della colonna sonora in un CD a sé stante (firmata da un team capitanato da Noriyuki Iwadare) – che oggi sono considerati meno che la normalità – all'epoca rappresentarono una testimonianza delle enormi potenzialità che il formato CD poteva regalare al medium videoludico.
Come abbiamo scritto nella nostra recensione del succitato remake per PSP, comunque, che trovate ancora sulle nostre pagine, i meriti di Lunar Silver Star Story andavano ben oltre l'avanzamento tecnologico – e, sebbene non tutti gli aspetti di gioco siano invecchiati benissimo, esso rimane a tutt'oggi un mattone importante della storia del genere dei giochi di ruolo di matrice nipponica.
Cos'è Lunar Eternal Blue
Ambientato circa mille anni dopo gli eventi raccontati nel predecessore, Lunar Eternal Blue racconta una storia più matura, per quanto rimanga concentrato sui legami di infanzia e sulle montagne russe emozionali che rispondono al nome di adolescenza.
In questo caso il protagonista è Hino, affiancato anche stavolta da un fido famiglio femminile, Ruby. iIn seguito all'esplorazione di antichissime rovine, alla ricerca di una gemma preziosa e, apparentemente, dal grande potere, i due fanno scattare una delle tante trappole di cui la zona è disseminata.
Non contenti, e nonostante l'avvertimento di un misterioso cavaliere, si avventurano con la gemma in un'altrettanto misteriosa torre, dove incontrano l'enigmatica Lucia, che richiede il loro aiuto per prevenire un disastro di immani proporzioni.
Sebbene non manchino momenti di leggerezza, evidenziati dai filmati in computer grafica più lunghi ed elaborati rispetto al predecessore, i toni sono mediamente più oscuri rispetto al capostipite, e la sensazione, nonostante i flebili collegamenti tra i due titoli, è che il team di sviluppo, che era il medesimo, provò a cimentarsi con una narrativa più matura e con tematiche meno canoniche rispetto agli standard dei JRPG dell'epoca.
Questa versione, come detto, si basa su quella pubblicata su PlayStation nel 1999 in Giappone ed un anno e mezzo dopo negli Stati Uniti (se ve lo state chiedendo, no, nemmeno stavolta l'Europa ricevette una release ufficiale), considerata quella definitiva, giunta sul mercato con diverse migliorie tecniche rispetto a quella originaria, pubblicata invece in esclusiva per Sega Mega CD a fine '94.
Nonostante oggi sia ricordato forse con meno reverenza e tenerezza rispetto al primo titolo del franchise, Lunar Eternal Blue era, nel complesso, un titolo migliore sotto tanti punti di vista, dall'intelligenza artificiale nemica al bilanciamento della difficoltà, passando per uno storytelling ancora più a suo agio con il formato CD, che nel frattempo si era imposto come standard per l'industria videoludica (e non solo).
Lo stesso sistema di salvataggio, che consentiva di salvare i progressi quasi ovunque ma al costo di punti esperienza, costringeva il giocatore ad una gestione più sensata delle risorse e ad un'ottimizzazione dei tempi di gioco.
Come anche per il primo Lunar, il lavoro svolto da Working Design andò ben oltre il semplice processo di localizzazione, con migliorie alla quality of life del gioco e alla fruibilità pensate su misura per il pubblico occidentale, che si trovò tra le mani una versione già migliorata rispetto a quella giapponese.
Troppo poco e a troppo
Lo diciamo subito, nonostante l'acquisto di questa Collection rimanga consigliato per gli appassionati dei JRPG d'epoca: ci aspettavamo di più dall'opera di rimasterizzazione di GungHo, che si è limitata al minimo sindacale per le produzioni di questo tipo, optando, peraltro, per un prezzo forse un pelino sopra la media.
Ma andiamo con ordine: la prima cosa che balzerà all'occhio dei giocatori più attenti (o più stagionati, che abbiano avuto modo di cimentarsi con gli originali) è il miglioramento della grafica in pixel art dell'edizione PS1, con una rimasterizzazione discreta e a tratti appena percettibile, sempre in bilico sul sottile confine tra rispetto del materiale originario e pigrizia.
La possibilità di attivare e disattivare a piacimento l'effetto blur inserito dagli sviluppatori responsabili di questa raccolta, così come di passare dalla versione originale a quella rifatta con la semplice pressione di un tasto, sono gradite – ma, come anticipavamo, rappresentano ormai lo standard per questo tipo di produzioni di recupero, tanto quanto l'opzione per accelerare i combattimenti, mai troppo lodata per ottimizzare i tempi ma ormai canonica.
Per quanto ci riguarda, l'aggiunta più significativa è rappresentata dal nuovo doppiaggio, che aggiunge pathos a molte scene e modernizza i toni, certi scambi di battute e finanche il taglio dato alla storia, portando il titolo un passo più vicino agli standard odierni.
D'altro canto, dispiace vedere che, a fronte dell'aggiunta dei sottotitoli in francese e tedesco, presenti per la prima volta nella storia del franchise, il nostro Paese venga (ancora una volta, aggiungeremmo) tagliato fuori. Chi ci segue su queste pagine sa che siamo convinti sostenitori dei titoli in lingua originale e della necessità di imparare l'inglese, e difatti non ci saremmo lamentati dinanzi ad un titolo solo in inglese o giapponese.
Il boccone si fa più amaro e difficile da deglutire se però pensiamo GungHo abbia ritenuto meritevoli di una sottotitolazione altri due Paesi europei a nostro discapito: se il francese è una lingua molto parlata nel mondo, il tedesco appare come una scelta quantomeno cervellotica visto quanti lo parlano al di fuori della Germania. Peccato, insomma, per l'assenza dell'italiano.
Altre aggiunte e migliorie assortite comprendono il supporto al widescreen, il rifacimento (perlopiù molto sottile, in un paio di casi più eclatante) di alcune scene di intermezzo dei due titoli e, da non sottovalutare, l'aggiunta di una cover art reversibile originale del maestro Toshiyuki Kubooka per le versioni fisiche occidentali, che stavolta, grazie al cielo, comprendono anche il continente europeo.
Come anticipato qualche riga più sopra, i circa 50 euro richiesti al lancio per il solo download digitale appaiono allora un po' esagerati: un peccato, considerando anche che il pacchetto non propone materiale inedito o e non vede alla fine dei conti interventi più significativi di quelli qui citati.
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