Loro 1, la recensione del nuovo film di Sorrentino
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a cura di Gottlieb
Dopo la pecora, la cagna. Il mare, lo sfarzo che si palesa in un pasto di gamberi e vino su un’imbarcazione arenata al largo delle coste di Taranto: sulla scena un consumato Riccardo Scamarcio che ambisce a ottenere un appalto irraggiungibile, sfruttando quella che era la parola d’esordio di Jep Gambardella in La grande bellezza, quell’entità che muove il mondo nelle direzioni dei potenti: “la fessa”. La prima parte di Loro, un film che Sorrentino ha ritenuto opportuno spezzare in due parti, si presenta come una orgiastica introduzione a quella che sarà la storia intorno a Silvio Berlusconi, uno dei più eclettici imprenditori del nostro Paese, ma allo stesso tempo un uomo così attento a incensarsi e a raccontarsi che ha permesso al regista partenopeo di entrare in quella sfera privata che tanto mancava al quadro completo del Presidente. Per questo la prima metà dell’intero film è orfana di Lui, che non si vede, non si mostra, non si concede: tutti ne parlano, tutti lo cercano e lo bramano, compreso Scamarcio, intenzionato ad abbandonare Taranto, trasferirsi a Roma e fare di tutto pur di incontrarlo e cedergli la più bella delle puttane della sua scuderia. Ci si domanda più volte dove Sorrentino ci voglia condurre, mostrandoci degli squarci della vita dei politici, da chi si lascia sedurre ingenuamente da donne di malaffare a chi sfrutta le proprie posizioni di potere per raggiungere vette di un piacere effimero, che dura appena quattro secondi. Quanto basta, in età avanzata. Poi il tono cambia, la linea impudica si trasferisce in quella villa dove la pecora era stramazzata e Sorrentino ci mostra il fulcro della vicenda, l’ago del compasso attorno al quale gira il Paese, quel Premier dal sorriso stampato in volto, pronto a vivere le sue giornate con un fare quasi irreale, goliardico, ma solenne quando bisogna impartire lezioni e insegnamenti: in questo la scrittura si esalta, nel mettergli in bocca dichiarazioni che fanno sentire un po’ di nostalgia per le solennità espresse da Jep Gambardella nei suoi scorci romani, nelle sue passeggiate notturne sul LungoTevere, e che rappresentano in un certo qual modo i punti cardini di una carriera politica vissuta facendo credere agli italiani ciò che lui voleva far credere. Non c’è schieramento politico, però, in Loro 1: la pellicola è girata e la sceneggiatura scritta in modo tale che da sinistra a destra tutti possano lasciarsi colpire dalla figura di Silvio Berlusconi, un Toni Servillo che più tirato non si poteva, tra cera e trucco, tra panciera e una capigliatura che gli dà quasi le sembianze di una maschera vivente.
Viene quasi da pensare, guardando quella maschera, che Sorrentino abbia ritratto Berlusconi con una vena di simpatia: non per il politico, non per il berlusconismo che tendiamo a credere sia all’antipodo della visione sociale del regista, ma per l’uomo. Perché nello spaccato che divide la prima parte di Loro 1, quella della sfrenata e disturbante rappresentazione di quel mondo fatto di olgettine, coca e MDMA, dalla seconda, quella più sentimentale, si nota la volontà di dimostrare che chi ha inseguito Berlusconi per anni lo ha fatto con gesti che lui, nel suo privato, non ha necessariamente condiviso. Nel rapporto con Veronica, nell’affrontare il racconto di quella che è la sua vita, in quel complesso che lo accompagna ogni volta che viene citato Agnelli e nel mostrare il famoso vulcano di Villa Certosa mentre parla di Putin, Milan e affari, Sorrentino traccia un Lui che si apre al mondo, che si mostra e si concede. La grande bellezza della narrazione del regista partenopeo sta nel riuscire a mandare un messaggio universale che ogni spettatore può interpretare e comprendere, che tutti potranno leggere in maniera diversa: da chi si esalterà nell’ascoltare quei deliri di onnipotenza del Presidente a chi si lascerà sedurre da quella patina di divertimento e di corruzione che aleggia attorno all’impero di Scamarcio, alla ricerca di un passpartout per accedere alle grazie di Silvio. In Loro 1 c’è tutto: dal politico che implora la troia di turno di mostrarle le tette a un politico fattosi da solo che per riconquistare la moglie le porta Fabio Concato in giardino a cantare per lei. Nella prima parte di questo spaccato della nostra Italia c’è il grottesco, c’è il sentimento, c’è l’epidermico orrore di un mondo che immaginiamo, ma che non crediamo possa essere davvero reale, c’è lo sguardo attonito dinanzi a ciò che il nostro popolo ha disegnato per raggiungere la grazia.
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La seconda parte di Loro, in uscita il 10 maggio, ci permetterà di comprendere meglio la direzione dell’opera di Sorrentino: per quanto giudicarla nella sua interezza non sia possibile, si sente la volontà del regista di raccontare una storia che possa fare il verso a La Grande Bellezza, pur non riuscendoci, almeno non in questi primi passaggi. La medesima solennità che era riuscito, il regista, a dare al Divo Andreotti sembra non esserci ancora in Berlusconi, che ha avuto sì poco spazio in un film che avrebbe dovuto vederlo protagonista ma che potrebbe cedere alla sua parte più umana e farci perdere quel delirio di onnipotenza che spesso lo ha accompagnato in questi anni.
Per il voto, i pro e i contro vi rimandiamo a quando sarà possibile visionare anche Loro 2, tra circa dieci giorni.
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