Like a Dragon Ishin! | Recensione - Dal Giappone (pre-restaurazione) con furore
Un salto nel passato, in molti sensi – ma che sa prendere il cuore di nuove leve e fan di Yakuza.
Advertisement
a cura di Gianluca Arena
Senior Editor
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Ryu Ga Gotoku Studio
- Produttore: SEGA
- Distributore: SEGA
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE , XSX , PS5
- Generi: Azione
- Data di uscita: Febbraio 2023
Atteso per anni dagli appassionati del franchise Yakuza, Ishin! si è fatto attendere molto a lungo, e per bocca di Sega stessa e del team che ha sviluppato questo remake per PS5, non avrebbe mai visto la luce se non fosse stato per il grande successo di titoli come Ghost of Tsushima, che hanno dimostrato l'interesse del videogiocatore occidentale per la storia giapponese.
Il processo di sdoganamento del brand in Europa ha sicuramente favorito la pubblicazione e, dopo aver vestito a lungo i panni di un samurai del Giappone del XIX secolo, siamo pronti a dirvi se è valsa la pena attendere nove anni.
Sakamoto Ryoma
Sul finire del XIX Secolo il Giappone visse un periodo parecchio turbolento, spaccato tra la rigidità di tradizioni secolari, come la suddivisione della società in caste e il dominio dell'Imperatore (Mikado), e la necessità di aprirsi al mondo esterno per evolversi ed evitare di soccombere alle potenze straniere – in particolare europee, che con le loro possenti flotte pattugliavano le coste alla ricerca di nuove conquiste.
In questa polveriera, a metà tra verosimiglianza storica e finzione, si muove il nostro protagonista, Sakamoto Ryoma, cresciuto dal padre putativo per diventare, un giorno, la guida del Partito Lealista di Tosa, fondato da Takechi Hanpeita, suo fratello in tutto tranne che nel sangue.
Proprio quando il padre dei due sembra deciso a cedere lo scettro ai due figli, un ninja irrompe e lo fredda con un singolo fendente di spada, dandosi poi alla fuga nella tempeste di pioggia della notte giapponese: nel vano tentativo di fermarlo, Takechi rimane ferito, mentre Sakamoto si batte per tentare di fermare l'assassino misterioso.Le guardie accorse, come spesso accade in queste circostanze, prendono fischi per fiaschi, e incolpano Sakamoto, tra le cui braccia muore il padre, dell'assassinio, non avendo scorto il reale colpevole.
Sakamoto, pur innocente, mette la salvezza di suo fratello ferito dinanzi alla propria, fugge dalla scena del crimine ed alimenta i sospetti, finendo con il venire incolpato dell'omicidio.
Apparentemente, qui finisce il percorso di Sakamoto Ryoma: il nostro alter ego, infatti, sarà costretto ad assumere una falsa identità, e col nome di Hajime Saito si recherà a Kyo (l'attuale Kyoto, a lungo capitale del regno nipponico), alla ricerca di spadaccini abili in un particolare stile di combattimento, che crede di aver riconosciuto nell'assalitore misterioso.
Da questo prologo, com'è tradizione dei prodotti firmati Ryu Ga Gotoku Studio, si dipanerà un intreccio raramente banale, che pescherà a piene mani dal contesto storico e da avvenimenti realmente accaduti in Giappone all'epoca.
Se i tradimenti, gli intrighi e i colpi di scena risulteranno familiari a coloro i quali seguono la serie dagli esordi, sono ambientazione, armamentario e contesto storico e politico le vere novità della narrativa di Like a Dragon Ishin! (gioco che trovate su Amazon), che offre uno spaccato a tratti fin troppo specifico (tanto da rendere necessaria l'introduzione di un glossario) della politica e della situazione sociale del Giappone di due secoli or sono.
Se sono gli appassionati di storia e della cultura giapponese quelli che maggiormente godranno della ricostruzione minuziosa operata dal team di sviluppo, anche tutti gli altri giocatori, grazie soprattutto alla sottotitolazione italiana, riusciranno a seguire agilmente la trama, paradossalmente meno intricata di quella di alcuni dei capitoli canonici della saga.
Il ritorno di facce note, sebbene sotto nuove vesti, non potrà non strappare un sorriso a tutti gli appassionati del franchise, e, in generale, possiamo dire di aver apprezzato molto il cambio di tono rispetto agli episodi ambientati a Kamurocho, che riesce a portare una boccata di aria fresca ad un titolo che, come vedremo, rimane per moltissimi versi una semplice propaggine della serie madre.
Spade e pistole
Dire che Ishin! Sia una versione in costume di uno Yakuza classico, di quelli antecedenti al passaggio al Dragon Engine, sarebbe una semplificazione eccessiva ma di certo non una bugia: l'ossatura del gioco è la medesima che i fan della serie hanno imparato a conoscere, con una mappa di dimensioni abbastanza contenute liberamente esplorabile, riempita di distrazioni ed attività secondarie bizzarre come nella tradizione della serie principale.
Nonostante l'arretratezza tecnologica, i locali di Kyo sapranno offrire comunque il karaoke, la possibilità di darsi alla danza, un'arena di combattimento e tanto altro ancora, tra cui un vero e proprio gioco nel gioco chiamato Second Life, in cui prendersi cura di una fattoria fuori città per trarne profitto ed aiutare Haruka a riscattarla da un imprenditore senza scrupoli.
Tornando alle attività principali, fortemente improntate sulla narrativa e sulla prosecuzione lungo la corposa campagna principale, che abbiamo portato a termine in poco più di venticinque ore, esse consistono perlopiù in due fasi distinte, quelle di lotta e quelle dialogiche.
Se le seconde si spiegano da sole, con una regia migliorata rispetto al titolo originale, che strizza l'occhio agli episodi più recenti del franchise, le prime offrono un riuscito miscuglio di tradizione e novità, recuperando il combat system in tempo reale che ha contraddistinto la serie fino al sesto capitolo principale ma adornandolo con l'uso continuato di spade e pistole, per un totale di quattro diversi stili di combattimento che vivacizzano gli scontri.
Due di questi privilegiano gli scontri ravvicinati, l'uno a mani nude e l'altro impugnando una katana, mentre gli altri due coinvolgono le pistole, all'epoca appena giunte sul territorio giapponese, da sole o in forma ibrida con la katana, in un dual wielding asimmetrico che ci ha conquistato da subito.
Danza folle (questo il nome del peculiare stile) consente di alternare attacchi all'arma bianca a veloci sventagliate con la pistola, con due importanti malus da considerare: l'impossibilità di parare i colpi nemici e la generale riduzione dell'output di danno tanto con l'arma da fuoco quanto con la spada.
In compenso, esso consente di volteggiare agilmente tra i proiettili ed i colpi nemici con una grazia senza pari, e, nel suo rivelarsi fondamentalmente differente da tutti gli stili visti nei vari episodi del franchise, offre una reale ventata di aria fresca ad un combat system altrimenti basilare, seppure discretamente impegnativo ai livelli di difficoltà maggiori.
Da segnalare anche l'anima da gioco di ruolo della produzione: ogni attività – dal dare confidenza ad un passante al completamento di una delle decine di storie secondarie disponibili – accresce delle barre dedicate ed aumenta il continuo senso di progressione, così come, raccogliendo oggetti e materiali in giro per la mappa è possibile migliorare il proprio arsenale presso un fabbro, capace di forgiare katane letali e armature estremamente resistenti.
Sebbene molte di queste attività non siano realmente necessarie al completamento del gioco, che al livello di difficoltà standard si rivela assai permissivo, il loro completamento compulsivo, come in molti altri capitoli della serie, riesce ad impossessarsi presto dei giocatori più dedicati, allungando il tempo di completamento ed immergendo ancora di più nell'affascinante ambientazione del gioco.
Inutile, infine, entrare nella diatriba tra i fan di vecchia data, che avrebbero preferito che il franchise rimanesse su questi binari, e i sostenitori del nuovo corso, che hanno apprezzato non tanto il cambio di protagonista della serie principale, quanto il passaggio ad un combattimento a turni e ad una struttura più spiccatamente da gioco di ruolo nipponico: qui troverete il gameplay vecchio stile, nel rispetto del prodotto originario – e, sinceramente, questa ci è sembrata la scelta più azzeccata trattandosi di una riproposizione più che di un vero e proprio remake.
Unreal Engine, croce e delizia
Nonostante sia privo di problemi veri e propri, il comparto tecnico della produzione è probabilmente quello che ci ha convinto meno, a conti fatti: il titolo gira su una versione customizzata dell'Unreal Engine e non sul Dragon Engine proprietario del team di sviluppo – e questo ha portato ad una serie di piccoli passi indietro dal punto di vista della continuità dell'azione, dei caricamenti e della velocità di streaming degli asset grafici, che restituiscono, nel complesso, un'esperienza di gioco spiccatamente last gen ed un'immagine mediamente più sporca rispetto alle produzioni pensate esclusivamente per le console di attuale generazione.
Entrare ed uscire dagli edifici, con l'eccezione di qualche bar e delle bancarelle all'aperto, richiede sempre un pur breve caricamento con lo schermo che sfuma al nero, un'attesa a cui gli ultimi titoli del franchise ci avevano felicemente disabituato, e all'ingresso in ogni nuova area si percepisce ad occhio nudo la lentezza nel caricamento delle texture di superficie, problema noto dell'Unreal Engine che non aveva afflitto gli ultimi tre episodi della serie usciti (Yakuza Kiwami 2, Yakuza 6 e Like a Dragon).
In aggiunta a questo, il comparto animazioni e le espressioni facciali dei personaggi secondari ricordano ad ogni inquadratura che la prima pubblicazione del titolo era avvenuta a pochi mesi dal lancio di PS4in Giappone, peraltro cross-gen con PlayStation 3.
Dobbiamo anche segnalare come questa sia la release apparentemente dal codice meno stabile tra quelle testate in questo duraturo franchise: sebbene ci stiamo riferendo alla versione 1.0.0, oggetto della totalità delle nostre ore di prova, abbiamo riscontrato strani (ma mai impedienti) bug come NPC incastrati nel terreno, cutscene affossate da pesanti fenomeni di flickering, problemi nel pathfinding di molti personaggi secondari e finanche errori di traduzione e di punteggiatura nella sottotitolazione italiana, per il resto di buona qualità.
Tutte piccole magagne che siamo sicuri verranno messe a posto in tempo per il debutto del gioco, il prossimo 21 febbraio, ma che troviamo giusto segnalarle, visto che il Ryu Ga Gotoku Studio ci aveva sempre abituato a titoli immacolati da questo punto di vista.
Nel complesso, quindi, il lavoro svolto può dirsi sicuramente discreto, ma rappresenta, soprattutto in riferimento ai più recenti standard dettati da PS5, un passo indietro, a maggior ragione se paragonato agli episodi del franchise basati sul Dragon Engine.
Bene, invece, dal punto di vista della direzione artistica e, come tradizione per la serie, da quello sonoro: il Giappone del XIX Secolo è dipinto con accuratezza ed amore per il dettaglio, tra usanze dell'epoca e ricostruzione minuziosa di stili architettonici, costumi ed armi – e il doppiaggio, affidato alle voci storiche della serie, riesce sempre a spiccare per intensità recitativa dei suoi interpreti e per impeccabile scelta anche delle voci minori.
Discorso affine per quanto concerne gli effetti sonori e le musiche di accompagnamento – e, nemmeno a dirlo, per la quantità di contenuti offerti: se la sola campagna principale non porterà via meno di venticinque ore per raggiungerne l'epilogo, la consueta pletora di attività opzionali, da Second Life alla gestione della propria squadra di ronin, passando per le gustosissime missioni secondarie, potrebbero raddoppiare agevolmente la succitata durata complessiva per tutti coloro che vorranno perdersi nel Giappone d'epoca.
Versione recensita: PS5
Voto Recensione di Like a Dragon: Ishin - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
-
Narrativa avvincente
-
Ambientazione originale e fedelmente ricreata
-
Danza folle è uno dei migliori stili di combattimento della storia del franchise
-
Contenuti a profusione
Contro
-
Una riproposizione più che un vero remake
-
Tecnicamente piuttosto sporco
Commento
Advertisement