Il primo Jurassic World è un film che, al netto degli incassi più che soddisfacenti, ha sicuramente diviso critica e pubblico. Chi lo condannava di non riuscire a replicare la magia e le tematiche dei primi due capitoli della serie di Jurassic Park (specie il primo, indimenticabile episodio datato 1993 e diretto da Steven Spielberg), è andato decisamente poco d’accordo con chi invece ne esaltava la spettacolarità e la capacità di omaggiare la saga dei dinosauri più famosa del cinema. Ora, con l’arrivo nelle sale di Jurassic World: Il Regno Distrutto, la serie decide di fare un’ulteriore passo in avanti e per farlo chiama dietro la macchina da presa J. A. Bayona, il quale prende quanto di buono fatto nel 2015 da Colin Trevorrow (presente ora nelle vesti di sceneggiatore, assieme a Derek Connolly) portandolo su di un piano più spettacolare e decisamente meno pretenzioso. Il risultato è un film che, per quanto godibile, vive inevitabilmente di luce riflessa. Vi spieghiamo il perché.
La trama prende piede 3 anni dopo le vicende viste in Jurassic World, più in particolare il caos causato dalla fuga Indominus Rex e con Isla Nublar abbandonata inevitabilmente alle leggi della natura, senza che l’uomo possa più fare nulla. Tutto parte proprio dal riuscire a recuperare un frammento di ossa dell’ibrido apparso nel film precedente, i cui resti si trovano sul fondale del lago dell’ex parco di divertimenti. Inutile dire che proprio da questo evento apparentemente semplice, Bayona sprigiona da subito tutta la potenza visiva de Il Regno Distrutto, offrendoci a catena alcune delle sequenze più spettacolari viste all’interno della saga giurassica nata negli anni 90. Attenzione, però: abbiamo scritto “spettacolari” e non “memorabili”, poiché se l’adrenalina scorre sicuramente a fiumi per tutti e 128 i minuti di durata del film, dall’altro lato è impossibile negare il fatto che spesso e volentieri il tutto sia impostato come un lungo e tortuoso giro su delle montagne russe a tema preistorico.Non vi sarà una sequenza uguale all’altra, così come non ci si annoia mai, salvo forse alcune sequenze in cui è l’uomo a farla da padrone. Uomo che, ancora una volta, è rappresentato da Bryce Dallas Howard e Chris Pratt, i quali riprendono i ruoli già visti nel primo capitolo della serie. Questa volta, però, entrambi i protagonisti appaiono più coinvolti e meno distaccati nel voler omaggiare la saga di Jurassic Park, vivendo spesso e volentieri alcune situazioni del tutto simili a quanto visto in passato (tranquilli, non vi riveleremo quali). Tra un T-Rex, un Raptor (sì, Blue è ancora dei nostri) e un nuovo ibrido creato in vitro (presenza ormai immancabile), la questione è ora relativa al destino dei dinosauri, considerando anche che le gigantesche creature preistoriche non rappresentano più una minaccia per l’uomo, bensì ne sono potenzialmente le vittime. La piega animalista di Jurassic World: Il Regno Distrutto è quindi palese e se da un lato il cambio di registro rincuora ai fini dell’originalità, dall’altro il tutto è mostrato a schermo con una superficialità spesso imbarazzante, nonostante sia una scelta del tutto voluta e mai lasciata al caso.
Rinnegare le origini dei dinosauri è quindi un errore, nonostante la richiesta di salvarli in nome del diritto alla vita o abbandonarli a una “seconda estinzione” sia la spina dorsale degli eventi messi in piedi da Bayona, una pellicola che non si nega momenti piacevolmente toccanti in un calderone contraddistinto da toni più vicini al thriller e all’horror, quest’ultimo più concettuale che pratico, considerando che la deriva action sarà in ogni caso preponderante. Il cast “umano” di contorno, oltre ai succitati Pratt e Dallas Howard, vede la presenza di Daniella Pineda, Ted Levine e l’esordiente Isabella Sermon, oltre a un cammeo (che definire eccellente è a dir poco) del grande Jeff Goldblum, il quale riprende i panni del suo Ian Malcolm (personaggio visto per l’ultima volta ne Il Mondo Perduto). Per il resto, Jurassic World: Il Regno Distrutto è un inno alla vita, inteso come diritto inderogabile, tanto per l’uomo quanto per le altre specie animali, anche e soprattutto quelle estinte a causa di un meteorite e del conseguente stravolgimento climatico. La pellicola del regista spagnolo J. A. Bayona è quindi un abile meccanismo di intrattenimento, tanto spettacolare quanto (volutamente) lasciato a poche ed elementari chiavi di lettura. In ogni caso, poco sorprendentemente la saga dedicata al mondo giurassico non si chiuderà qui, visto che un terzo capitolo è già stato annunciato ed è in uscita nel 2021. Domandandoci nel frattempo se i dinosauri, antichi dominatori del pianeta e temibili predatori d’altri tempi, non debbano presto essere di nuovo la specie regnante sulla terra. Proprio come 65 milioni di anni fa.
I dinosauri non passeranno mai di moda
Personaggi umani meglio tratteggiati
Spettacolare e rocambolesco…
… forse anche troppo
Filosofia di fondo piuttosto elementare e superficiale
Jurassic World: Il Regno Distrutto viaggia su un piano ancora più spettacolare e volutamente esagerato rispetto al predecessore. Rappresenta, con le dovute differenze, ciò che Il Mondo Perduto ha significato per Jurassic Park, ossia un sequel che omaggiasse in tutto e per tutto il primo capitolo, facendone esplodere tutto il potenziale ma tradendone in parte la filosofia di fondo. E se Il Regno Distrutto farà quindi storcere il naso ai puristi, dall’altro lato è impossibile non attribuirgli lo stesso coraggio che fu mostrato al pubblico con la seconda pellicola di Spielberg dedicata ai dinosauri più famosi del cinema, nell’ormai lontano 1997. Senza dimenticare che avere in ogni caso nuovamente l’occasione di ammirare un Tirannosauro sul grande schermo è ancora oggi un richiamo troppo forte a cui resistere. Tanto per le vecchie quanto per le nuove generazioni.