Judgment: gli occhi della mente non si chiudono mai | Recensione
Inseguire la giustizia a qualsiasi costo
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a cura di Gianluca Arena
Senior Editor
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: SEGA
- Produttore: SEGA
- Distributore: Koch Media
- Piattaforme: PS4 , XSX , STADIA , PS5
- Data di uscita: 25 giugno 2019 (PS4) - 23 aprile 2021 (PS5, XSX, Stadia)
Aggiornamento 25 aprile 2021: la recensione include ora un paragrafo aggiuntivo con i dettagli sull'edizione PS5 del gioco e le sue performance.
Kamurocho, il quartiere fittizio di Tokyo pesantemente ispirato a Kabuki-cho, è molto più dell’ambientazione di uno dei franchise più amati e longevi di Sega: è uno state of mind, un luogo di villeggiatura estremamente pericoloso dove ci piace tornare di quando in quando. Qui, gironzolando tra i vicoli, ci siamo sorpresi ad esclamare ” ah ma qui hanno aperto un nuovo sushi bar” come se fossimo a spasso in una città reale dalla quale mancavamo da qualche mese. E qui, dopo anni di peripezie di Kazuma Kiryu, si svolgono le vicende di Takayuki Yagami, protagonista di Judgment, spin-off della serie Yakuza che abbiamo sviscerato per voi.
Yagami passa, in un batter di ciglia, dal ruolo di eroe degli innocenti a difensore di un mostro, vede la sua carriera disintegrarsi e, con la coscienza gravata da un peso enorme, lascia l’avvocatura, reinventandosi investigatore privato per poter pagare l’affitto e le bollette. Il tempo, si sa, sa essere galantuomo e lenire anche le ferite più profonde, ma Yagami sembra troppo segnato dagli avvenimenti per tornare ad essere ciò che era: si accontenta dell’amicizia di Kaito-san, un ex-yakuza ora suo assistente, dell’immutata stima di cui gode presso gli ex colleghi allo Studio Genda e dei piccoli piaceri della vita, dai flirt con qualche cliente alle partitine a flipper notturne nella sua agenzia, che, per inciso, gli fa anche da abitazione. A rompere la monotonia di questa routine arriva una sequela di morti violente e collegate, con Kamurocho che piomba nel terrore della “Talpa”, un serial killer che cava gli occhi alle proprie vittime come marchio distintivo. Come nella tradizione delle produzioni del Ryu Ga Gotoku Studio, la narrativa, l’introspezione psicologica e la caratterizzazione dei personaggi sono di altissimo livello, e, liberi dai vincoli che le storia di malavita fin qui raccontate imponevano, Nagoshi ed il suo team hanno dato vita ad un universo credibile, pulsante, che ruota attorno ad un protagonista capace di risvegliare una forte empatia nel giocatore in quanto molto più fragile ed umano di quel carroarmato che era Kazuma. L’immedesimazione è peraltro aumentata dalla presenza, per la prima volta nella serie dai tempi del secondo Yakuza su PS2, di una sottotitolazione italiana, sebbene, come vedremo, non di qualità eccelsa.
Il giocatore può passare da uno stile all’altro in qualsiasi momento alla pressione della croce analogica, adattando il proprio stile di lotta alla necessità del momento: Yagami si controlla più similmente al Goro Majima visto in Yakuza 0, ponendosi come un personaggio agile ma non troppo resistente, difficile da colpire ma battibile con due o tre colpi ben assestati. Laddove impersonando Kiryu si era chiamati a concentrarsi sulla potenza e sulla difesa, con tanto di possibilità di neutralizzare persino i proiettili, vestendo i panni di Yagami è fondamentale non farsi colpire e dare assoluta priorità ai nemici armati di pistole, capaci di stendere il nostro con due pallottole appena. Certo, il feeling generale dei combattimenti non è mutato in maniera clamorosa, e chi non amava lo stile da risse di strada dei giochi canonici difficilmente si innamorerà di Judgment, ma le modifiche apportate ben si addicono al personaggio e offrono una ventata di aria fresca.
E, a proposito di aria fresca, l’avventura di Yagami propone una serie di meccaniche fin qui inedite o poco esplorate, che vanno ad intersecarsi l’una con l’altra per fornire davvero l’impressione di essere un detective: analisi delle scene del crimine con cursore, non dissimili da quanto visto nei thriller investigativi a la Phoenix Wright, sessioni di interrogatorio dei testimoni, con una sequela di domande “giuste” da porre che consente di guadagnare esperienza extra, inseguimenti, travestimenti, raccolta di prove con il drone e tanto altro ancora. Ognuna di queste aggiunte contribuisce a diversificare significativamente il titolo da quelli precedenti del team e ad aggiungere varietà all’esperienza di gioco, con una sola, significativa eccezione: i pedinamenti. Come se dalle parti di Tokyo non fosse arrivata la lezione appresa da Ubisoft riguardo ai pedinamenti negli Assassin’s Creed, in parecchi frangenti della storia principale, come anche in un buon numero di missioni secondarie, è necessario pedinare dei sospetti, con tanto di instant fail in caso ci si faccia scoprire.
Di eccellente fattura anche il doppiaggio (in lingua originale, come da tradizione, ma stavolta anche inglese) e l’accompagnamento musicale, con tracce che in genere si accontentano di rimanere in background per poi esplodere improvvisamente in concomitanza con gli snodi focali della lunga ed elaborata trama. A proposito di lunghezza, noi abbiamo impiegato circa quaranta ore a portare a termine le avventure di Yagami, dedicandoci al sessanta per cento delle attività collaterali nel processo: chi volesse correre, potrebbe arrivare in fondo in una trentina scarsa di ore, mentre coloro i quali volessero perdersi tra le mille attività opzionali di Kamurocho vi potrebbero soggiornare per almeno altre dieci o quindici ore rispetto al nostro playtime.
Come anticipato nel paragrafo dedicato alla narrativa, pur nella felicità di vedere il titolo finalmente localizzato in italiano, siamo costretti a segnalare, quantomeno al momento della stesura di questo articolo, una serie di errori, tanto grammaticali quanto di sintassi, nella redazione dei sottotitoli. Se, in alcuni casi, le mancanze sono evidentemente imputabili a semplici typo, facilmente risolvibili con una patch, in altre le scelte semantiche e gli errori sintattici portano quasi a pensare all’utilizzo di un traduttore automatico. In ogni caso, sebbene la qualità generale sia migliorabile, è bene sottolineare che nessuno di questi errori impedisce una corretta fruizione del titolo, soprattutto per quanti non masticassero bene l’inglese e avessero fin qui dovuto rinunciare alle produzioni del Ryu Ga Gotoku Studio.
Judgment su PS5
A cura di Domenico Musicò
Nel confermare in toto quanto espresso dal nostro Gianluca nella recensione principale, aggiungiamo che l'arrivo di Judgment per nuove console è la migliore occasione per avere modo di recuperare gli episodi più importanti che gravitano attorno al franchise di Yakuza (non lasciateveli scappare su Game Pass). Pur essendo uno spin-off, il titolo in questione è semplicemente imperdibile per i fan della saga ideata da Nagoshi, che ha dimostrato come il cambio di pelle visto in Like a Dragon non sposti di un virgola la grande qualità del franchise.
La versione PS5 di Judgment, l'unica da noi testata, non è un upgrade. Si tratta a tutti gli effetti di una ripubblicazione, che arriva sulla nuova ammiraglia Sony a due anni di distanza dall'uscita originale. Considerando il tempo trascorso, era lecito aspettarsi dei miglioramenti più importanti e un degno supporto legato alle caratteristiche di DualSense. Non è così: al di là della normale vibrazione del pad, l'esperienza di gioco resta la medesima, e non esistono opzioni e modalità grafiche dedicate al comparto tecnico.
Qualcosa però è cambiato, perché come ricorderete, su PS4 si aveva l'evidente limitazione dei trenta frame al secondo, oltretutto neanche così stabili. Su PS5 il computo totale dei frame è raddoppiato e si riscontra una netta e grande solidità, che mostra il fianco a impercettibili singhiozzi solo durante l'avvio di una scena animata o nei micro caricamenti pre-script. A proposito di questi ultimi, l'SSD della nuova console Sony fa chiaramente la differenza, e le brevi pause del passato sono diventate ormai solo un lontano ricordo del tempo che fu.
La nuova versione di Judgment è davvero tutta qui, pertanto chi lo ha già giocato non ha davvero nessun motivo per lanciarsi a capofitto sul prodotto. Tutti gli altri dovrebbero invece dargli una possibilità, soprattutto in un periodo dove le uscite arrivano col contagocce. Il pacchetto comprende anche i DLC usciti, che in realtà non aggiungono nulla di rilevante, al di là di un paio collezionabili e di dettagli che non destano particolare interesse. Il dettaglio grafico è migliorato grossomodo come ci si aspetterebbe da un qualunque altro upgrade già visto da una generazione all'altra, ma va detto in tutta franchezza che la base di partenza era già degna di nota.
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8.8
Sembra quasi un affronto al “nostro” Kazuma Kiryu affermarlo, eppure Judgment rappresenta il miglior prodotto del Ryu Ga Gotoku Studio da diversi anni a questa parte, per ritmo, scrittura e diversificazione delle meccaniche di gioco.
Il cambio di prospettiva, da uno yakuza dal cuore tenero ad un avvocato in disgrazia, ha giovato alla narrativa, concedendo maggiori libertà creative al team di sviluppo, che si sono riflesse in personaggi secondari molto ben caratterizzati e in nuove dinamiche di gioco perlopiù riuscite, ad eccezione dei pedinamenti.
Se a questo si aggiungono la consueta, impressionante mole di minigiochi ed attività secondarie disponibili, l’aggiunta del doppiaggio inglese e della sottotitolazione italiana (seppur migliorabile) e l’ennesima ottima performance del Dragon Engine, ecco che ci troviamo tra le mani un titolo imperdibile, consigliato non solo ai fan della saga principale ma a tutti gli amanti dei thriller investigativi e della cultura giapponese in senso più ampio.
Voto Recensione di Judgment - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
-
Scrittura di alto livello
-
Una ventata di aria fresca per il franchise
-
Cast di personaggi che speriamo di rivedere presto
-
Localizzato in italiano...
Contro
-
I pedinamenti annoiano presto
-
...ma non nel migliore dei modi
Commento
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