Hunt: Showdown | La caccia secondo Crytek
Hunt: Showdown è un atipico sparatutto competitivo online, capace di rendere ogni partita più imprevedibile della precedente. Una volta provati i pericoli e le sensazioni del nuovo lavoro di Crytek è difficile farne a meno.
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a cura di Marino Puntorieri
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Crytek
- Produttore: Crytek
- Distributore: Koch Media
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE
- Generi: Sparatutto
- Data di uscita: 27 agosto 2019 (PC, Xbox One) - 18 febbraio 2020 (PS4)
Di sparatutto multiplayer con una forte anima competitiva ce ne sono a bizzeffe nel panorama videoludico moderno: dai titoli annuali come Call of Duty, passando a quelli che perdurano nel tempo grazie a continui aggiornamenti come Overwatch o Tom Clancy’s Rainbow Six Siege, giusto per citarne un paio, ognuno cerca di ritagliarsi il proprio spazio facendo a gomitate nei cuori dei numerosi appassionati. Proprio per questo, trovare qualcosa di veramente diverso è assai difficile per un contesto sempre a rischio saturazione. Fortunatamente i ragazzi di Crytek, dopo una carriera altalenante, hanno deciso di immergersi in una nuova sfida per portare una ventata d’aria fresca proprio nel panorama sopracitato, con il chiaro obiettivo di rilanciare la software house tedesca agli occhi del pubblico in attesa di un eventuale riscatto definitivo in ottica next-gen. La nuova sfida si chiama Hunt: Showdown e, a pochi giorni dalla release ufficiale, non posso non ammettere di essere rimasto piacevolmente sorpreso.
La vita del cacciatore di (macabre) taglie
Louisiana, 1895, una terra contaminata da creature abominevoli di ogni tipo, il terreno perfetto per i guadagni dei più coraggiosi cacciatori di taglie che diventa l’escamotage utilizzato dai ragazzi di Crytek per gettare i videogiocatori nei server di Hunt: Showdown. Niente storia, documenti o accenni alla causa scatenante dell’epidemia e, considerando l’impatto con ciò che accade su schermo, fin dal primo round, risulta quasi un peccato non aver sfruttato una così curata ambientazione per una componente narrativa.
Hunt: Showdown permette agli utenti di cimentarsi in sfide solitarie, in coppia, o squadre da tre giocatori, fino ad un massimo di dodici in simultanea, per individuare il proprio bersaglio, ucciderlo e riscuotere la taglia come il più tradizionale dei cacciatori di taglie. Non fosse che le (nemmeno troppo velate) tinte da survival horror si traducono nell’utilizzo di alcuni poteri paranormali, tramite una modalità denominata “spettro”, per restringere l’area di ricerca e scovare creature letali come ragni giganti o abomini delle più disperate forme. Scovati tre indizi consecutivi, si può finalmente ottenere la posizione esatta del bersaglio, ed una volta eliminato bisogna rimanere in prossimità del cadavere per il rito che permette di ottenerne finalmente la taglia, per poi poter infine fuggire attraverso specifiche zone designate sulla mappa. In tutte queste fasi, si capisce in poco tempo come possa bastare il minimo passo falso per cadere sotto qualche trappola di altri giocatori, con il serio rischio di trasformarsi da predatore in preda.
Come se ciò non bastasse, l’area di gioco è piena zeppa di morti viventi, alcuni più semplici, altri corazzati e ben più letali, il che va ad arricchire il titolo di una vera e propria anima PvE; entrare continuamente in conflitto, senza la giusta prudenza, con queste creature rischia di far saltare un’eventuale copertura, diventando bersagli facili per gli altri cacciatori. Il pathos che si raggiunge durante le partite di Hunt: Showdown è impareggiabile, con sensazioni difficilmente riscontrabili in altre produzioni con questa intensità. I ragazzi dello studio bavarese hanno enfatizzato il comparto sonoro proprio per favorire questo carattere distintivo come vero cavallo di battaglia dell’intera produzione: capita così di passare all’interno di edifici dove penzolano sporche catene che generano frastuono se anche solo sfiorate, senza dimenticare il rischio di calpestare cocci di vetro disseminati in alcune zone casuali, o corvi che gracchiano improvvisamente prendendo il volo in prossimità di un posto che stiamo attraversando; tutte situazioni che creano tensione ed immedesimano fin da subito il videogiocatore nella partita.
Temi tu la morte?
Le situazioni appena descritte fanno ben capire come un atteggiamento cauto sia preferito a quello diretto e più irruento, ma nonostante ciò in Hunt: Showdown il videogiocatore ha sempre la possibilità di scegliere come interpretare le partite. Tra le numerose bocche da fuoco che richiamano proprio il periodo di fine ‘800 non mancano carabine Winchester, rivoltelle, fucili per le lunghe distanze, canne mozze e armi per il combattimento corpo a corpo che possono fare la differenza tra un approccio ragionato, tendenzialmente lento, ed uno più violento e frenetico. Il rischio camping è ovviamente dietro l’angolo e rischia di rovinare certi match, ma un utilizzo votato all’azione fin da subito snatura quasi le meccaniche di gioco, complice un gunplay immediato, ma abbastanza macchinoso – considerando anche nel bene e nel male il limitato numero di munizioni che obbliga a rifornirsi in giro per la mappa. Durante le partite, poi, tenendo conto della possibilità di giocare anche contro squadre da tre giocatori coordinati o coppie formate dal matchmaking, i giocatori solitari sembrano proprio essere quelli che rischiano di non godersi appieno l’esperienza, trovandosi sempre ad affrontare qualsiasi pericolo in inferiorità numerica.
Ulteriore caratteristica che contraddistingue Hunt: Showdown è il permadeath del cacciatore che permette al titolo in questione di entrare nelle grazie dei giocatori più hardcore, senza però abbandonare i novizi. Il team tedesco ha inserito alcuni elementi per favorire un supporto idealmente di medio-lungo periodo come un sistema di progressione con livelli e ranghi rispettivamente per cacciatori e profili giocatore, divisi per ottenere ricompense uniche e non gettare proprio tutta la fatica accumulata alla prima morte. Fino al raggiungimento del rango 11 in Hunt: Showdown, l’alter ego in game non muore mai definitivamente, permettendo di prendere confidenza ed assimilare le meccaniche, per poi successivamente giocare con il serio rischio di perdere qualsiasi abilità, arma o accessorio con il quale si equipaggia il cacciatore prima dell’inizio del round. Ovviamente dall’interfaccia iniziale si può scegliere come sbloccare tutti i vari oggetti (grazie al rango raggiunto) da riottenere utilizzando valuta in game, così come le varie skill che permettono di avere pratici vantaggi: dalla maggiore resistenza ad alcuni tipi di danni, passando per la maggior precisione delle armi, senza dimenticare la velocità di utilizzo di kit medici o altri strumenti.
Ovviamente è possibile arruolare più cacciatori, e gestire gli stessi impreziosisce la preparazione al match con il serio rischio di affezionarsi anche troppo ad un determinato personaggio che si utilizza e potenzia più e più volte. Il tutto è enfatizzato da un time to kill volutamente basso rispetto alla media per favorire scontri veloci e comunque il più possibile realistici. Unico neo, sotto questo punto di vista, un’interfaccia nel menù per gestire le varie sezioni che non convince completamente, con un layout dello stesso a volte confusionario per la considerazione dei vari parametri presenti. Niente di comunque troppo problematico e, anzi, con il passare del tempo all’interno del gioco si riesce a fare l’abitudine.
Omicidio al chiar di luna
Tecnicamente Hunt: Showdown rappresenta l’ennesimo gioiellino made in Crytek. Sorprende trovare una tale cura nei dettagli in un titolo multiplayer: dal design delle armi ai particolari all’interno di edifici trasandati e rovinati dall’infestazione, fino ai giochi di luce sia di giorno che in piena notte – e senza dimenticare la cura per le creature ben diversificate nonostante le poche tipologie. Ciò che più colpisce sono proprio gli scorci evocativi durante le partite, apprezzabili di giorno, ma ancor di più a notte fonda per ovvi motivi legati soprattutto al sound design precedentemente apprezzato.
La mappa presenta nella sua interezza numerose aree ben diversificate per situazioni sempre concitate ai limiti del controllo, grazie allo spawn casuale dei giocatori e degli obiettivi stessi. Ci sono mattatoi intrisi di carni putrefatte, case dilaniate che per interni ricordano senza troppa difficoltà alcune stanze di giochi horror ben più blasonati, chiese, paludi e distese di grano ricolme di cadaveri (più o meno considerabili tali): insomma, la varietà non è per nulla un problema. Da segnalare, infine, un buon lavoro anche per quanto concerne l’ottimizzazione generale di Hunt: Showdown, il che significa quindi che sono state superate le incertezze delle versioni preliminari, che riguardavano anche una certa instabilità dei server, attualmente non più riscontrabile se non in rare occasioni.
+ PvP e PvE sono ben amalgamati durante i match
+ Atmosfere estremamente coinvolgenti
+ Sound design eccezionale e non solo di contorno
- Meccaniche legate al gunplay semplificate
8.0
Hunt: Showdown è un titolo che porta una ventata d’aria fresca nel panorama degli FPS multiplayer competitivi con tenacia e fermezza. Elementi PVP e PVE si intrecciano durante i match per conferire alle partite numerose situazioni ricche di tensione, complice un impatto grafico convincente ed un comparto sonoro eccezionale per enfatizzare ogni minuto trascorso. Peccato per alcune tegole per quanto concerne gli scontri tra giocatori, tra comandi e movimenti un po’ legnosi, che comunque non rovinano l’esperienza di fondo. Incrociando le dita per un futuro ancora più radioso, in linea con l’ascolto dei vari feedback della community, mi ritengo comunque già soddisfatto.
Voto Recensione di Hunt: Showdown - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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Divertente soprattutto in co
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op
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PvP e PvE sono ben amalgamati durante i match
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Atmosfere estremamente coinvolgenti
-
Sound design eccezionale e non solo di contorno
Contro
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Giocare in solitaria può essere frustrante
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Meccaniche legate al gunplay semplificate
Commento
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