Humankind | Recensione - Riscrivere una nuova storia
Humankind è l'ultima fatica di Amplitude Studios, un 4X che non ha paura di mostrare idee nuove, anche se non tutte sono al posto giusto
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a cura di Daniele Spelta
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Ampitude Studios
- Produttore: SEGA
- Distributore: Koch Media
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE , XSX , PS5
- Generi: Strategico
- Data di uscita: 17 agosto 2021 - 22 agosto 2023 (console)
Da Venezia a Tebe, passando per Harappa, l’impero australiano si estende lungo tutti e tre i continenti, un’espansione alimentata anche da una guerra vincente contro la civiltà Zulu, terminata sotto l’incedere dei pesanti carri armati e con una bomba atomica tenuta nell’arsenale come deterrente. Correva l’anno 1457.
No, questa Storia non la trovate nei vostri manuali del liceo, anche se con il revisionismo che circola online non ne siamo così certi. Queste pagine sono al contrario scritte da Humankind, il 4X sviluppato da Amplitude Studios che, come avrete ben capito, si diverte a rimescolare le carte del passato in un modo alquanto bizzarro.
Questa visione alternativa è anche quella vincente? In buona parte sì, come vedrete nella nostra recensione.
Un progresso con tanti bivi e deviazioni
Ci togliamo subito il pensiero, tanto sappiamo quale è la domanda che vi frulla nel cervello. Humankind è migliore, o quanto meno all’altezza, dei recenti Civilization? A quesito scontato, rispondiamo in modo altrettanto indifferente e democristiano: è diverso. Il genere di appartenenza è lo stesso, le unità si muovono a turni sulla canonica mappa divisa in caselle e un ruolo fondamentale è giocato dalla ricerca scientifica e dal progresso, ma questi classici stilemi vengono declinati in modo particolare durante tutta la partita.
Il primo punto di rottura è la scelta della propria civiltà o, per meglio dire, delle numerose civiltà che era dopo era possono essere selezionate. Rispetto al monolite di Firaxis, in Humankind non si gestisce un’unica fazione dall’inizio fino al termine dei turni, ma tutto comincia nel neolitico, fase in cui esplorare la mappa alla ricerca di cibo per far crescere la propria tribù.
Raggiunta una certa popolazione, ecco che si entra nella fase antica e ci si parano davanti ben dieci civiltà fra cui scegliere, ciascuna con le proprie unità peculiari, bonus attivi e passivi e una speciale affinità, ad esempio scientifica, militare o espansionistica. Questa situazione si ripete per ben sei volte lungo tutto l’arco della storia e nulla vi vieta di vestire prima i panni dei sapienti babilonesi, per poi cambiare rotta e innalzare la gloria dei Maya e in seguito salpare lungo le rotte tratteggiate dai mercanti di Venezia.
Manca forse un po' di coerenza nei vari passaggi e ci si chiede da dove provengano quegli elefanti cartaginesi quando pochi click fa eravamo degli ittiti, ma siamo pronti a mantenere la sospensione dell'incredulità nel nome delle opzioni strategiche, che crescono a dismisura.
Questa infinita varietà aumenta inoltre notevolmente il fattore rigiocabilità di un titolo che, anche solo per il genere a cui appartiene, può risucchiare comodamente ore e ore della vostra vita con la classica scusa “ancora un turno e poi smetto”. Gli incroci di civiltà sono davvero numerosi e danno vita a situazioni bizzarre, ma è proprio questo lo spirito con cui va vissuta l’avventura in Humankind, che non vuole raccontare le vicende di una singola popolazione, quanto il progresso del genere umano in sé, deciso dal giocatore in base alle sue scelte.
Almeno in teoria, perché nella pratica questo idealismo ha spesso lasciato spazio ad un utilitarismo degno del miglior Jeremy Bentham, che noi abbiamo tradotto in decisioni lineari seguendo l’antico credo del Minmax. Ad esempio, durante una nostra partita, abbiamo optato solo per fazioni con affinità industriale, aumentato a dismisura la capacità produttiva e, già attorno all’età medioevale, riuscivamo a costruire distretti o infrastrutture in un solo turno. Insomma, non avremmo avuto alcun vantaggio ad uscire dalla strada tracciata all’alba della civilizzazione.
Amplitude ha comunque posto un rimedio a situazioni del genere e, durante ciascuna epoca, non c’è spazio per due civiltà identiche: il primo che arriva sceglie, agli altri restano solo le briciole. Questa toppa apre però altre piccole crepe e tutta la partita diventa una corsa sfrenata all’età successiva. Perché questo accada occorre guadagnare delle stelle legate ad alcuni obiettivi, come acquisire un certo numero di territori, sbloccare determinate tecnologie o, ancora, eliminare dei nemici in battaglia.
Ancora una volte le vie da percorrere sono ben differenziate e adatte a stili di gioco differenti, anche se spesso ci si riduce a costruire un nuovo ed inutile distretto o a sbloccare una tecnologia che non volevamo solo per guadagnare un punto in più.
Inoltre abbiamo notato un pesante effetto valanga e chi riesce a sprintare meglio ai blocchi di partenza, è nella maggior parte dei casi anche il primo a tagliare il traguardo davanti a tutti. La vittoria finale è legata al maggior accumulo di punti fama, una risorsa che si ottiene costruendo meraviglie, scoprendo luoghi naturali, attivando certi edifici o sbloccando le appena citate stelle, con un loop che lascia dunque ben poco spazio alla creatività o a metodi alternativi per terminare una partita trionfante.
Una storia già scritta?
Quello che realmente manca a Humankind sono dei feedback negativi, qualcosa che penalizzi - o che comunque metta in difficoltà - chi possiede più punti fama.
Gli eventi casuali, che tanto abbiamo apprezzato per la loro centralità nello storytelling, pesano ben poco in fatto di bonus o malus e anche nell'endgame si nota l'assenza di qualcosa che valorizzi, distacchi o attualizzi l’età contemporanea, come invece è riuscito a fare Civilization con la sua espansione Gathering Storm, attraverso i disastri naturali e i cambiamenti climatici.
Per incappare in penalità severe bisogna insomma impegnarsi parecchio in negativo, magari annettendo contemporaneamente cinque insediamenti sperando che tutti i nuovi cittadini se ne restino quieti.
Ecco il mio nuovo impero
Humankind è un titolo eclettico, di quelli che buttano sul tavolo tante idee e, in questo turbinio di pensieri, alcuni sono davvero interessanti. La gestione dei territori ricade in questa casistica.
Come per Endless Legend, la mappa è già divisa in aree prestabilite e ciascuna zona può essere occupata da una sola città o, per meglio dire, da un avamposto, un agglomerato di case da sviluppare in un centro urbano a sé stante, o da connettere ad una metropoli che occupa via via sempre più caselle. Le due opzioni propongono una dicotomia marcata.
Tante città significa più centri in cui reclutare truppe o costruire distretti scientifici o economici, ma con poco spazio dove svilupparsi, in poco tempo ci si trova alle prese con un vero e proprio puzzle, si fatica ad ottimizzare la raccolta di cibo e alla fine la popolazione cala e diventa scontenta.
Al contrario, poche metropoli hanno enormi aree di sviluppo, sostengono una vasta popolazione e garantiscono introiti maggiori ma, ad esempio in caso di conflitto, si avrebbero ben poche caserme dove arruolare soldati.
Uno strategico che si rispetti deve mettere il giocatore davanti a dei bivi con un reale peso e, in questo frangente, Humankind svolge appieno il suo dovere, grazie a distretti da costruire in modo sapiente per sfruttare in toto le sinergie e pianificazioni urbanistiche che hanno un impatto determinate sull'output delle quattro risorse principali: cibo, industria, monete e influenza.
Su quel tavolo pieno di trovate, accanto a quelle vincenti, ce ne sono altre che abbiamo faticato di più ad inquadrare. Fra queste c’è il sistema di leggi, che permette di orientare la propria fazione lungo quattro assi, scegliendo ad esempio di abbracciare il collettivismo rispetto all’individualismo o la tradizione rispetto al progresso.
Questi allineamenti gestiscono i rapporti contro le altre potenze - quelle con gli stessi ideali saranno ovviamente più propense a trattati pacifici - e danno accesso a bonus legati al cibo o alla capacità produttiva, ma dopo qualche editto abbiamo smesso di trovare l’utilità nel promulgare nuove norme e abbiamo preferito lasciare per metà in bianco il pannello legato alle leggi. Ancora una volta, tante opzioni ma solo alcune significative e incentivate.
La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi
Humankind è un gioco davvero profondo e complesso, motivo per cui difficilmente potrà essere il punto di ingresso per un neofita del genere, ma è proprio nelle sue infinite sfaccettature che si nascondono le migliori idee, come nel caso della diplomazia.
Inizialmente avevamo storto il naso davanti alle solite alleanze e agli scambi commerciali, ma quello che realmente conta nelle relazioni sono le crisi. Queste frizioni si generano ad esempio quando una città è popolata da abitanti che appartengono ad un'altra cultura o religione, oppure a causa delle schermaglie scoppiate fra le truppe sparse nei territori neutri.
Con il crescere di queste rimostranze aumenta il supporto della propria popolazione per una risoluzione bellica, una sorta di risorsa che impedisce di aprire le ostilità senza un reale casus belli. Le guerre non giungono poi al termine con la spietata conquista delle città nemiche, ma occorre azzerare il supporto bellico della popolazione avversaria, scopo che può esser raggiunto mettendo in fuga gli eserciti, razziando le risorse o, appunto, avvantaggiandosi delle affinità culturali e religiose.
Quest'ultimo elemento è, purtroppo, forse l'aspetto più approssimativo di Humankind. La fede si espande infatti per semplice osmosi, i credi sono caratterizzati da ben pochi tratti e non c'è la minima traccia di unità dedicate alla conversione, come missionari e profeti.
Poco male in fin dei conti, gli scontri si fanno spade alla mano e non in nome di una qualche divinità e sono una di quelle idee alternative di Humankind che tanto abbiamo apprezzato. Le battaglie si collocano in una ipotetica via di mezzo tra i duelli tattici di un Heroes of Might & Magic e le semplici scaramucce di un Civilization.
Quando due o più eserciti nemici entrano in rotta di collisione, il normale scorrere dei turni si stoppa e ha inizio una battaglia suddivisa in più fasi, dove hanno un ruolo fondamentale le caratteristiche del terreno e le abilità uniche delle tantissime truppe presenti nel gioco. Questi scontri possono durare anche parecchi minuti e rappresentano una piacevole evoluzione rispetto ai semplici click che nella maggior parte dei 4X risolvono le guerre. L’unica nota dolente riguarda l’AI che, anche ai livelli più alti, fatica ad essere un avversario capace di far sudare le fatidiche sette camicie.
Un piano regolatore incerto
C’è qualche intoppo, ma è difficile non premiare Humankind per la sua voglia di andare fuori dai soliti schemi. L’unico aspetto realmente penalizzante è l’interfaccia di gioco, soprattutto nella visualizzazione della mappa e dei livelli di zoom.
Ad un primo sguardo, l’UI colpisce per la sua eleganza, solo che dietro questo aspetto piacevole si cela un’estrema macchinosità che nasconde molte informazioni fondamentali. Come detto, il vero nemico è la mappa di gioco.
Non c’è infatti la classica mini-mappa, è difficile capire quali caselle siano occupate da distretti e quali siano vuote, se si alza lo zoom spariscono quasi tutte le informazioni e se si scrolla ancora un po’, tutto ciò che resta a schermo è un patchwork di esagoni colorati che teoricamente dovrebbe indicare l’estensione dei vari imperi.
Anche la navigazione del globo con il mouse o con la tastiera è davvero macchinosa, ma forse è proprio grazie questa lentezza che ci siamo soffermati ad osservare da vicino l’affascinante crescita senza regole delle nostre città, fatte da edifici un po’ alla greca, un po’ arabeggianti e con qualche palazzo di cristallo dei giorni nostri.
Sì, Humankind è molto bello da vedere e, cosa anche importante, i turni scorrono via in modo veloce e anche nelle fasi finali, con una splendida mappa che esplode di vita e colori, il passaggio all’anno successivo porta via solo qualche secondo.
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Voto Recensione di Humankind - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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Diverso dai suoi simili...
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Ottimo approccio alla componente bellica
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La gestione delle città è un interessante puzzle strategico
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Un 4X molto appagante anche nell'aspetto grafico
Contro
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... Ma non tutte le idee sono perfettamente realizzate
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In battaglia l'AI è abbastanza incerta
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UI tanto bella da vedere quanto scomoda da leggere
Commento
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