Come il cinema, medium decisamente più vecchio e con il quale si intrecciano sempre più spesso, i videogiochi vedono generi essere accantonati ed altri tornare prepotentemente di moda, a volte senza un motivo preciso, altre solamente perché il mercato sembra premiare alcune tipologie di produzioni a discapito di altre.
I cosiddetti “metroidvania” (neologismo orripilante ma assai efficace), dopo qualche anno nel dimenticatoio, sono tornati in grande spolvero al centro della scena, con una serie di prodotti davvero meritevoli usciti su tutte le piattaforme.
Di questa nuova ondata, il qui presente Hollow Knight è uno dei migliori esponenti in assoluto, anche nella sua versione Switch: continuate a leggere per scoprirne i motivi.
Un oscuro scrutare
Nidosacro è un groviglio di cunicoli, anfratti bui che si alternano a piccoli specchi d’acqua interni, dedali di roccia e sedimenti, all’interno del quale non c’è molto spazio né per l’allegria né per le spiegazioni: al netto delle vaghe rimembranze di qualche personaggio non giocante e di una manciata di indizi sparsi per il mondo di gioco (su lapidi, incisioni e manoscritti rinvenuti), c’è davvero poco che chiarisca al giocatore cosa sta facendo e dove sta andando.
La narrativa è volutamente oscura, proprio come gli ambienti di gioco, e la sola arma a disposizione dell’utente è l’esplorazione: solo avventurandosi per il mondo partorito dal team australiano si troveranno risposte (peraltro mai del tutto soddisfacenti) alle mille domande che inizialmente è lecito porsi.
Chi viveva una volta in quelle che adesso sono rovine corrose dal tempo e dalle intemperie? Cosa ha causato la tragica fine di molti degli abitanti e il progressivo abbandono dei pochi superstiti? C’è modo di far tornare Nidosacro alla gloria dei suoi giorni migliori? E, soprattutto, perché gli attuali abitanti sono così ostili?
Facendo un uso brillante dei migliori esempi di narrativa ambientale, dai prodotti di From Software alle opere di Ken Levine, Hollow Knight riesce ad intrigare ed incuriosire, spingendo i giocatori che davvero vorranno venire a capo del ricco lore del gioco ad esplorare il più possibile, senza tralasciare le interazioni con i personaggi incontrati lungo la strada, anche quelle che apparentemente sembrano superflue.
Formiche, scarabei, millepiedi: ognuno sembra avere qualche parola per il nostro cavaliere, che, se anche al momento in cui è proferita non sembra di alcun interesse, va in realtà ad incastrarsi in un puzzle assai più ampio, che non tutti i giocatori avranno la pazienza di mettere insieme.
Ma questo è esattamente ciò che Team Cherry voleva: nessuno dei tre finali è davvero esaustivo nella sua spiegazione, e in rete, sin dalla prima pubblicazione del gioco, avvenuta su PC lo scorso anno, fioccano siti che danno interpretazioni anche assai differenti della narrativa sottesa al prodotto.
E pensare che la storia ed i personaggi, a nostro avviso, non sono nemmeno il punto focale della produzione.
Deviazioni gradite
Stante una struttura di gioco ampiamente codificata nel corso dei decenni, in cui, dinanzi ad una mappa di dimensioni generose e particolarmente intricata, il giocatore è chiamato ad esplorarne ogni cunicolo e conquistare le abilità necessarie a sbloccarne ogni parte, Hollow Knight aggiunge una serie di peculiarità che lo differiscono dalla concorrenza, arricchendo l’esperienza di gioco e garantendo, nel contempo, un livello di personalizzazione raramente visto in produzioni simili.
In altre parole, non è di certo l’elemento novità ciò che permette al gioco si guadagnarsi un voto eccellente, quanto piuttosto l’esecuzione: lo svolgimento supera il tema in numerosi momenti, caratterizzando la produzione in maniera unica e aprendo a nuove soluzioni di gameplay che ci piacerebbe vedere impiegate anche in produzioni future dello stesso tipo (in primis in un sequel, ovviamente).
Innanzitutto, il contatto tra la spada del nostro cavaliere e uno delle centinaia di nemici presenti nel gioco genera sempre energia, che spinge entrambi nelle direzioni opposte: oltre a rivelarsi un pericolo per il nostro, questo diviene presto un elemento di gameplay affatto secondario, visto che permetterà di sbarazzarsi di parecchi nemici scaraventandoli giù dalla piattaforma su cui sostano, risparmiandosi ulteriori problemi (e colpi ricevuti).
Secondariamente, ad ispessire notevolmente l’elemento strategico della produzione, la capacità di curarsi istantaneamente attingendo alla stessa riserva di energia necessaria per molte delle mosse offensive speciali: soprattutto durante le impegnative boss fight, allora, la chiave della vittoria starà nel capire quando rinculare e curarsi e quando affondare il colpo, tenendo sempre a mente che in Hollow Knight la miglior difesa è l’attacco.
Per riempire il suddetto indicatore, che funge da mana, è infatti necessario infliggere danni ai nemici, e quindi se si vuole avere a disposizione la possibilità di recuperare energia è necessario prima portare colpi a segno: il sistema ci ha ricordato molto il parziale recupero di energia ottenibile in Bloodborne restituendo ad un nemico il colpo appena incassato.
Come se non bastasse, esplorando i cunicoli di Nidosacro (anche quelli apparentemente morti…) si otterrà un numero esorbitante di abilità differenti, intercambiabili in prossimità delle panchine sparse per il mondo di gioco, che fungono anche da checkpoint.
Scelto un loadout standard, che assicuri agilità e velocità in fase di esplorazione, il giocatore dovrà essere bravo a modificarlo in prossimità degli scontri con i boss (ne abbiamo contati oltre trenta e non siamo nemmeno sicuri di averli incontrati tutti): ognuno di essi richiederà tempismo ma anche una strategia differente, pena una serie di morti con annessi improperi.
Il paragone fatto poc’anzi con Bloodborne non era casuale: anche nella gestione della morte il prodotto Team Cherry omaggia, in un certo qual modo, il capolavoro From Software, se è vero che alla morte si perderanno tanto le anime quanto la valuta accumulati e l’unico modo per recuperarli sarà farsi strada fino al punto della dipartita e combattere lo spirito che li sorveglia.
In alcuni punti del gioco, perlopiù in prossimità dei boss, i giocatori meno scafati potrebbero accusare punte di frustrazione, derivate dall’enormità delle barre della salute degli stessi o da pattern di attacco particolarmente difficili da leggere, e capaci di infliggere una notevole quantità di danni: questa è una scelta di game design ben precisa, che accomuna il titolo alla scuola di Miyazaki, e, in difesa del team australiano possiamo dire che, anche nelle numerose morti, non ci siamo mai sentiti gabbati dal software.
Quando abbiamo perso una o più vite la responsabilità è stata sempre la nostra.
Sempre, tranne che contro quella maledetta mantide, che di religioso aveva solo le scomuniche ripetute che ci ha causato. Giocando capirete.
Hand drawn
Per quanto ci riguarda, per giustificare le lodi sperticate che Hollow Knight ha saputo fin qui meritarsi basterebbe sottolineare due elementi portanti del suo impatto visivo: il gioco è interamente disegnato a mano e la direzione artistica intrapresa è semplicemente fenomenale.
Team Cherry ha frullato un manuale di entomologia e la sua visione artistica, popolando il mondo sotterraneo di Nidosacro di una grande quantità di insetti, rivisitati nelle maniere più imprevedibili e geniali: ci sono scarabei combattenti, improbabili esseri con più zampe che giorni vissuti, insetti volanti stranamente simili a corvi e tanto altro ancora, con un gusto malato per le commistioni più strambe tra esseri realmente esistenti e gli effetti di una piaga solo immaginata.
Se le scelte artistiche sono comunque soggette ai gusti personali, la cura riposta nel comparto animazioni, la scioltezza del framerate e lo splendido effetto ottenuto su Switch tanto in modalità tv quanto in portatile non lo sono: il lavoro di porting sulla console ibrida Nintendo, che pure ha richiesto oltre un anno, è stato portato a termine con successo, e il merito è da sottolineare doppiamente viste le ridotte dimensioni del team di sviluppo.
Molto bene anche la colonna sonora, misteriosa e mai invasiva, ma capace di accelerare e pompare adrenalina durante gli scontri più impegnativi (cioè tutti) contro i boss.
La longevità, poi, è un’altra delle numerose frecce nell’arco di Hollow Knight: ogni giocatore tirerà fuori dal prodotto una quantità di contenuti pari all’impegno con cui si è dedicato a comprenderne le dinamiche, comunque non inferiore alla ventina di ore circa.
Questa stima tiene conto di coloro che vorranno accontentarsi del primo finale ottenuto, beninteso: ottenerli tutti e tre richiederà molto più tempo, così come perdersi nei cunicoli di Nidosacro alla ricerca di collezionabili e ulteriori power up può portare i più metodici e curiosi a spendere anche quaranta ore abbondanti in compagnia del titolo.
Noi ci siamo fermati (solo per esigenze redazionali) a poco più di ventitré ore di gioco, con una percentuale di completamento di poco inferiore al settanta per cento, e potete star certi che non appena ultimato questo pezzo ci ritufferemo nell’oscuro mondo del cavaliere insetto, pronti a continuare il viaggio e a prendere altri schiaffi in pieno viso.
Livello di sfida sempre stimolante…
Decine di boss, uno più difficile dell’altro
Alti livelli di personalizzazione
Terribilmente longevo
Direzione artistica strepitosa
…con rare incursioni nella frustrazione
Non tutti ne apprezzeranno la narrativa oscura
Ad un’esecuzione eccellente delle regole codificate del genere di appartenenza, Hollow Knight unisce una serie di idee brillanti, perlopiù prese in prestito dai prodotti firmati da quel geniaccio di Hidetaka Miyazaki, che lo rendono assai più impegnativo e strategico della grande maggioranza dei suoi congeneri.
Se a questo si aggiungono una direzione artistica strepitosa, un livello di personalizzazione notevole e una quantità di contenuti decisamente fuori parametro, considerato anche il modico prezzo richiesto, ecco che il prodotto di Team Cherry si candida al ruolo di migliore metroidvania degli ultimi anni, rappresentando un’aggiunta di grandissimo spessore alla crescente libreria di Nintendo Switch.
Statene alla larga solo se temete i giochi difficili: per tutti gli altri, l’acquisto è caldamente consigliato.