Che Get Even sia un prodotto a cui piace darsi un tono, disegnando un’atmosfera del tutto peculiare e misteriosa, lo si può capire pochi istanti dopo aver lanciato l’eseguibile del gioco, quando un accompagnamento di violini introduce, un po’ a sorpresa, il menu principale. È un titolo che non fatichiamo a definire strano, quello di Farm 51, in molti sensi. Propone una narrativa complessa, una storia che si arrovella su sé stessa per più poco più di 10 ore lasciando il giocatore quasi in balia degli eventi. Tutto ciò, però, è un bene o un male? Scopriamolo insieme.
Il rosso e il neroCosì come dicevamo nelle anteprime già dedicate al titolo, in Get Even i giocatori faranno la conoscenza di Cole Black, un uomo tutto d’un pezzo che si risveglia, suo malgrado, nelle vicinanze di quello che sembra essere un manicomio abbandonato. Una volta entrato, il nostro verrà contattato da tale Red, che lo inviterà a indossare lo speciale dispositivo per la realtà virtuale Pandora, in grado di fargli rivivere con una certa precisione alcuni suoi ricordi passati. È così che la memoria di Black torna agli istanti in cui era impegnato in una misteriosa operazione di recupero di un ostaggio, una povera ragazza con una bomba legata al petto. Ma cosa sarà successo veramente in quel frangente, e perché Black sembra essere così tormentato da questo ricordo? Potremmo andare avanti a riempire pagine intere di interrogativi: Get Even, infatti, è uno di quei titoli che si diverte a sfidare il giocatore proponendogli sempre nuove domande, accompagnate però anche da qualche risposta. La narrativa del gioco è molto più complessa della scarna introduzione che abbiamo appena accennato, e ci ha sorpresi in più di un’occasione non tanto per le tematiche, ma per lo stile scelto per raccontare la vicenda. Avendo puntato tutto sulla tematica della memoria e dei ricordi, gli sviluppatori hanno potuto sbizzarrirsi con la fantasia, proponendo situazioni irrealistiche ma al tempo stesso plausibili. Ecco, allora, che ambienti e stanze finora conosciuti si dissolvono letteralmente davanti ai nostri occhi, trasportandoci in luoghi mai visti prima, oppure in limbo in cui il tempo e lo spazio sembrano essere solo un dettaglio. Si tratta di un particolare su cui è importante soffermarsi, perché ne derivano due delle qualità migliori di Get Even, ovvero il senso di suspense e la carica scenografica delle sue sequenze. Giocando al titolo Farm 51 più volte ci siamo chiesti quale altra scena stravagante ci avrebbe atteso non appena varcato l’angolo, quale incubo popolato da follia, vera o presunta, ci avrebbe accolto. Gli sviluppatori sono stati molto bravi, va ammesso, a spingere il giocatore a chiedersi quale sia stata la molla che ha dato la spinta agli eventi narrati, e dobbiamo dire che, molto lentamente, e con metodo, il plot si lascia scoprire, regalando almeno due colpi di scena di un certo spessore, e che sapranno sorprendere. Nel corso della decina di ore necessarie a terminare il tutto, allora, è possibile annotare qualche momento di stanca, specie verso i tre quarti della storia, ma non c’è dubbio che la storia di Get Even risulti essere matura, interessante, ben scritta e recitata, e soprattutto molto amara. Una vicenda di vendetta e avidità in cui il bene e il male si mischiano, senza regalare alcuna certezza.
Ok, spariamo, ma quando possiamo continuare?Sulla storia, dunque, niente da dire: Get Even riesce a coinvolgere in maniera evidente, pur proponendosi come uno di quei giochi in cui sembra sempre che la sequenza conclusiva sia dietro l’angolo, per poi doversi ricredere e dover continuare. Detto della ottima narrativa, e dell’altrettanto positivo comparto tecnico, le note dolenti arrivano sul gameplay. In effetti non abbiamo ancora detto a quale genere appartenga il titolo, anche perché l’impresa pare abbastanza complicata: non si tratta di un survival horror in senso classico, è uno sparatutto in prima persona ma solo in certi tratti, in alcuni frangenti si atteggia addirittura a puzzle game, in altri ad avventura interattiva. Considerato il quadro, allora, verrebbe da dire che Get Even va semplicemente giocato per quello che è, ovvero un gioco che punta molto sulla narrativa, e che nelle sue sequenze propone soprese, colpi di scena e scene ben orchestrate. In ogni caso, che dire del gameplay? L’impressione finale che abbiamo avuto è stata che le sequenze in cui si chiedeva maggiore impegno al giocatore siano state dei riempitivi non sempre così esaltanti. In termini generici, infatti, il titolo alternerà fasi di esplorazione guidate, intermezzi filmati e sequenze in cui il giocatore, immerso nei ricordi di Black, dovrà imbracciare la propria arma e sparacchiare un po’ di nemici. In queste fasi fa la sua introduzione l’iconica pistola angolare, arma che consente di ottenere una visuale del campo di battaglia anche dietro il riparo fornito da mura, auto e quant’altro. Le cose non vanno sempre nel verso giusto, durante queste fasi, per almeno due motivi. Per prima cosa il gioco incoraggia ad adottare un approccio libero, scegliendo tra stealth e scontro aperto. La prima opzione spesso sarebbe la più indicata, se non fosse per la vista prodigiosa della IA, capace di sparare anche da distanze lontane, e soprattutto all’infuori del cono d’azione segnalato sulla mappa di gioco. Una volta scoperti, almeno al livello di difficoltà più elevata, basteranno un paio di colpi ben assestati da parte dei nostri nemici per metterci fuori gioco, costringendo a ripetere intere sequenze. Il feeling generale delle sparatorie, pertanto, non è dei migliori, sebbene la presenza del cellulare possa aiutare. Questo indispensabile strumento consente di fare luce, controllare note e foto, nonché di ottenere una più che mai utile visuale termica. Grazie alla fotocamera, inoltre, sarà possibile sfruttare gli scherzi della memoria di Cole, creando da zero ripari provvidenziali, oltre che raccogliere prove. Lo scopo principale delle nostre visite nella memoria del protagonista, infatti, sarà quello di raccogliere frammenti di indizi e prove che possano fare luce sulle vicende che hanno portato la misteriosa ragazza delle prime sequenze a indossare una bomba come collana. In termini più pratici, è come se il gioco sapesse che il gameplay non rappresenti proprio l’elemento meglio riuscito, e tenti di arricchire sequenze che spesso ci sono sembrate solo degli intermezzi tra una rilevazione narrativa e l’altra con la ricerca di prove e indizi. Tutto questo gran cercare, d’altra parte, premierà con la consegna di nuove armi e gingilli offensivi che, però, non scaldano più di tanto il cuore, considerati i problemi evidenziati in precedenza.Vale la pena sottolineare, infine, la possibilità di compiere alcune scelte morali, relative al comportamento tenuto nei confronti di alcuni specifici personaggi secondari: anche le decisioni prese in questi frangenti, in qualche modo, ci verranno rinfacciate, e avranno determinate conseguenze.
Sento le voci, ed è una cosa buonaDetto dell’ottima narrativa, e del gameplay che non sempre ci ha convinto, rimane da esprimere qualche giudizio sul comparto tecnico. Il giudizio, qui, risale su vette elevate: abbiamo avuto modo di provare Get Even sia su PC che su PlayStation 4, e in entrambi i casi la resa visiva era decisamente gradevole. La grafica, pertanto, riesce a sostenere in maniera impeccabile i deliri della memoria di Cole, proponendo scenari scuri, spesso angoscianti, oppure architetture scenografiche e d’impatto. Preferiamo concentrarsi però su una delle punte d’eccellenza del titolo, ovvero il sonoro, la cui cura è affidata a una figura di sicuro affidamento, Olivier Deriviere. Un nome che, almeno per chi scrive, fa ritornare subito alla mente la straordinaria colonna sonora a base di cori bulgari del non altrettanto entusiasmante Alone in the Dark, titolo di una decina di anni fa. In Get Even manca forse un tema in grado di strappare subito l’attenzione, ma già a partire dal primo accompagnamento di violino presente nel tema principale si capirà che la colonna sonora, nel titolo Farm 51, è un particolare non banale, e tutto ciò non può che fare veramente piacere. Stupisce non solo il crescendo di drammaticità della musica, o l’assenza di essa, nei momenti giusti, ma anche il giusto tempismo, i contrasti, nonché l’esecuzione complessiva, affidata alla Brussels Philarmonic. Particolarmente curati anche i rumori ambientali, che fino dalle prime fasi riusciranno a far salire il livello della tensione in maniera esponenziale; a questo proposito, consigliamo di giocare il titolo con le cuffie, per poter cogliere appieno tutte le sfumature ascoltabili. Molto bene anche il doppiaggio in inglese, accompagnato da sottotitoli in italiano ben leggibili, e che propone voci dall’accento anglofono convincenti in tutti i suoi protagonisti, specie nelle drammatiche sequenze finali.
– Storia drammatica e raccontata in maniera convincente
– Una evidente e ammirabile cura nel comparto audio
– Tante sequenze d’impatto e colpi di scena
– Problematiche varie nelle fasi shooting, che spesso sembrano essere un riempitivo
Un gioco non banale, veramente molto curato nel sonoro e nella narrativa, per un’esperienza coinvolgente ed una storia che riesce a tenere con il fiato sospeso fino alla fine, a dispetto di qualche calo di tensione. Get Even rappresenta un prodotto affascinante, difficile da incastonare in categorie definite, che però regala una vicenda arricchita da un paio di colpi di scena notevoli, e in cui non si saprà mai quale scena d’impatto possa aspettare dietro l’angolo. In una produzione che spicca per la cura del comparto audio, sia per quanto riguarda le ottime musiche che l’altrettanto positivo doppiaggio in inglese, il problema maggiore sembra essere il gameplay delle fasi shooting, che fin troppo spesso ci è sembrato essere un riempitivo tra una scena e l’altra. Svalutare eccessivamente il giudizio a causa di oggettive mancanze alle dinamiche di gioco, però, ci sembra tutto sommato poco corretto alla luce della qualità di scrittura ed esecuzione; se volete vivere una storia drammatica, e raccontata nel modo giusto, Get Even è il titolo che fa per voi.