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Frostpunk 2 | Recensione - Distopia sociale

Frostpunk 2 è la perfetta evoluzione del primo capitolo sviluppato da 11 Bit Studios, un city builder dove ogni scelta conta.

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

In sintesi

  • Un simulatore politico spietato che mette in luce la follia dell'agire umano.
  • Dal punto di vista gestionale non presenta grandi novità.
  • Il messaggio di fondo è lodevole e lascia il segno, ma sfocia nel totale pessimismo cosmico.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Frostpunk 2
Frostpunk 2
  • Sviluppatore: 11 bit Studios
  • Produttore: 11 bit Studios
  • Testato su: PC
  • Piattaforme: PC , XSX , PS5
  • Generi: Strategico , Survival
  • Data di uscita: 20 settembre 2024

Frostpunk 2 è un trattato di realismo. Le sue meccaniche da city builder, il suo sistema di gestione delle risorse e le terribili tempeste ghiacciate sono solo una scusa per farti sentire male, uno spregiudicato utilitarista che non si vergogna a sacrificare una parte della popolazione per salvare il resto della comunità. Siamo sopravvissuti, ma a quale costo?

Queste parole hanno chiuso il primo capitolo dell'opera sviluppata da 11 Bit Studios e mi sono tornate alla mente quando una ragazza ha visto morire la sua famiglia alle porte di Nuova Londra, una giovane donna che ha appena perso le sue mani in fabbrica e che era stata accolta solo perché veniva considerata idonea per i lavori pesanti.

Un futuro senza speranze

Sono passati trent'anni dal Grande Gelo che ha fatto piombare tutto il mondo nell'oscurità. Il periodo più buio è passato, quella decina di superstiti arroccati attorno al generatore di calore è cresciuta e la popolazione si conta nell'ordine delle migliaia.

Anche il Capitano è passato a miglior vita, sostituito dal Sovrintendente. I vecchi problemi di sostentamento hanno lasciato spazio ad altre incertezze: quale sarà il futuro della società? La risposta risiede nelle continue scelte che il giocatore è costretto a prendere – e, fidatevi, non ci sarà mai una decisione senza pesanti conseguenze.

Lo spostamento in avanti delle lancette dell’orologio ha permesso la creazione di un titolo a più ampio respiro. Se avete giocato al primo Frostpunk, ricorderete bene quei poveri disperati mandati in mezzo alla neve alla ricerca di selvaggina e anche quanti sospiri di sollievo avete tirato quando un singolo edificio era stato posizionato nelle vicinanze di una fonte di calore.

Ogni asse di legno andava gestita con cura e la morte era in attesa dietro l’angolo, un costante senso di precarietà in attesa della Grande Tormenta. Quelle baracche non sono ora più sufficienti, la popolazione è cresciuta notevolmente e ha bisogno di interi distretti per continuare a prosperare.

Una metropoli nel ghiaccio

La stessa mappa è completamente cambiata. Prima tutto si svolgeva in una sorta di raggiera posta attorno al focolare, mentre ora gli scenari sono suddivisi in esagoni. Questi spazi devono essere innanzitutto liberati dai ghiacci e solo successivamente possono accogliere sulle loro caselle le strutture indispensabili per accumulare materiali e cibo.

I distretti alimentari forniscono i pasti agli abitanti, quelli residenziali garantiscono il riparo dal gelo e quelli estrattivi recuperano i materiali necessari per costruire altri edifici e per tenere accesi quelli già in piedi. 

Per sopravvivere alle temperature polari, la città ha anche bisogno di combustibile. Il carbone che in passato era sufficiente a riscaldare i pochi superstiti ora è diventato obsoleto e sono i giacimenti di petrolio e di vapore termico a fornire le risorse da bruciare.

Giocare a Frostpunk 2 equivale a leggere un manuale di politica, intesa qui proprio come l’arte del compromesso, quello stretto spazio in cui far convivere i propri ideali con le necessità sempre crescenti e spesso divergenti di una comunità.
Un altro distretto fondamentale è quello logistico. Dopo poche settimane, i depositi presenti sulla mappa iniziano a scarseggiare e l’unico modo per sostenere la crescita è l’esplorazione delle zone circostanti l’insediamento, che nascondono nuovi giacimenti, qualche rudere da sfruttare, cittadini da accogliere e possono anche diventare delle vere e proprie colonie capaci di auto-sostenersi.

Frostpunk 2, esattamente come il predecessore, è un city builder dalle spiccate componenti survival. La nuova metropoli è famelica di acciaio e ferro, consuma senza pietà il cibo e le vite umane e pone una sfida costante alla ricerca del giusto bilanciamento tra le esigenze della popolazione e il materiale messo a disposizione dall’ambiente.

Gli strumenti per calibrare queste due necessità sono numerosi, a partire dall’intervento diretto sui distretti. Senza scendere in una micro-gestione esasperata – come invece succedeva nel primo capitolo – ogni quartiere può essere regolato a piacere.

C’è un abbondanza di cibo ma scarseggia il petrolio? È meglio abbassare l’output dei quartieri alimentari per alleviare la richiesta di calore. Servono più abitazioni? Forse è giunto il momento di allargare un distretto residenziale, stando però attenti a non avvicinarsi troppo ad una pompa di petrolio, altrimenti potrebbero sorgere nuove malattie e così aumentare l’infelicità dei cittadini.

Ci sono poi singoli edifici che vanno a migliorare questi distretti. Gli ospedali sono necessari per curare i malati, le pompe di estrazione migliorano le performance delle miniere e i vari magazzini permettono di accumulare una maggiore quantità di materiali, stock fondamentale per superare i momenti più duri.

Dal punto di vista gestionale, Frostpunk 2 è un titolo solido, ma di certo non rivoluzionario e se non fosse per la peculiare ambientazione ogni scelta verrebbe presa in modo quasi matematico e meccanico.

Democrazia autoritaria

L’opera di 11 Bits Studios va ben oltre a questi semplici sistemi ludici. Come raccontato in una passata intervista, la principale fonte di ispirazione per il team di sviluppo sono stati gli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale.

Il gameplay vuole innanzitutto raccontare le folli ambizioni umane, le divisioni sociali e le diverse visioni di progresso che nascono una volta passata la tempesta, che si tratti di quella di piombo e fuoco del conflitto bellico o di quella di neve e ghiaccio del primo capitolo.

Il Sovrintendente e il giocatore stesso vivono all’interno di un tessuto urbano complesso e sfaccettato, non più despoti assoluti al comando di un gruppo di rifugiati, dove l’unico imperativo era sopravvivere. Ora i vari gruppi di interesse hanno una loro agenda precisa e cercano in ogni mondo di indirizzare secondo il loro volere il futuro di Nuova Londra.

I Pensatori credono che il progresso sia sinonimo di razionalità e che la meritocrazia sia il valore attraverso cui giudicare le azioni dei cittadini. I Setacciatori hanno invece abbracciato la nuova realtà e sono disposti a convivere con il freddo costante grazie alla manodopera umana. Ci sono poi i Lord, fautori del più puro tradizionalismo e che vedono all’orizzonte il ripristino dei valori Vittoriani precedenti alla catastrofe.

Le comunità indirizzano lo stesso albero delle idee, visto che le tecnologie derivano dai suggerimenti che questi gruppi hanno in merito a tematiche come la gestione del riscaldamento, l’utilizzo delle risorse, le migliorie da apportare ai quartieri e l’esplorazione delle lande desolate.

Inizialmente il buon senso prevale e nessuno è contrario a eventuali upgrade al generatore centrale o a riscaldare le abitazioni. Ben presto iniziano però a sorgere dilemmi morali a cui è impossibile trovare una soluzione che metta tutti d’accordo. Prendiamo ad esempio l'aggiunta di additivi ai prodotti alimentari: queste sostanze abbassano le richieste di cibo, ma possono far nascere nuove malattie. 

In un momento di crisi, ho accettato il rischio e ho pagato un caro prezzo. La fiducia dei Pensatori è salita, ma i Setacciatori si sono radicalizzati, hanno indetto una manifestazione e da una loro costola è nato il partito degli Anticonformisti, intransigente sulle libertà personali e che non scende a compromessi quando si tratta di scardinare l’ordine costituito.

Per evitare che gli scontri degenerassero ho scelto la mediazione, ho promesso agli Anticonformisti di limitare il lavoro minorile e di istituire la scuola dell’obbligo.

Per fortuna ci sono i tedeschi che hanno sempre una parola per spiegare tutto: Verantwortungsethik. Quella che Max Weber chiama l’etica della responsabilità, una delle doti principali del politico di professione, la capacità di valutare ogni possibile conseguenza, cosa che ovviamente non ho fatto quando ho scelto di togliere dalle fabbriche ogni minorenne.

Il risultato è stato un calo drastico delle risorse, che ha generato una spirale negativa che ha portato al crollo della città. Morti, ribellioni, meno forza lavoro da impiegare nelle fabbriche e una tempesta sono stati gli ingredienti di un cocktail letale. 

Il nuovo sistema di valutazione su tre assi è molto più sofisticato rispetto alla semplice dicotomia tra speranza e malcontento del precedente capitolo.
Anche l’etica dei principi, la Gesinnungsethik, può portare a risultati altrettanto fatali. L’attenersi alla sola giustizia morale senza compromettersi è una strada impraticabile per un politico, come mi ha dimostrato Frostpunk 2. Rispetto al primo episodio, ogni nuova legge deve passare la votazione del consiglio, in un delicato scambio di voti e contrattazioni per ottenere il consenso della maggioranza. Per sopperire alla mancanza di norme sull’accoglienza, i Supervisori hanno proposto di fare entrare solo le persone che potevano essere impiegate come manodopera attiva.

In uno slancio massimalista, ho preferito invece lasciare entrare tutti, anche al costo di dover creare nuove abitazioni. Purtroppo, proprio in quel momento, una miniera della colonia ha esaurito il suo giacimento e i nuovi arrivati sono stati costretti a dormire all’aperto. Ogni errore si paga a caro prezzo, forse anche troppo.

Una volta innescata questa catena di eventi negativi è infatti difficile porvi rimedio, un effetto valanga – mai termine fu più azzeccato – che non ha soluzioni e che costringe a iniziare daccapo la partita. 

L'aria che si respira è di totale disfattismo e di disincanto, tanto che in questo nichilismo si fa fatica a trovare una critica positiva. Ogni gruppo sociale è una monade che lotta solo per i propri interessi e proprio questa insensata ostinazione genera un pessimismo sinceramente eccessivo, in cui manca ogni barlume di speranza e di fiducia verso l'uomo.

Giocare a Frostpunk 2 equivale a leggere un manuale di politica, intesa qui proprio come l’arte del compromesso, quello stretto spazio in cui far convivere i propri ideali con le necessità sempre crescenti e spesso divergenti di una comunità. Sono quindi le nostre scelte, anche quelle inconsapevoli, a dare forma al futuro e a delineare lo spirito del tempo.

Proprio lo Zeitgeist – di nuovo grazie ai tedeschi e al loro vocabolario – si distribuisce lungo tre assi e, a seconda delle scelte fatte, la città andrà orientandosi verso uno dei due poli di queste tre direttrici. Questo sistema di valutazione è molto più sofisticato rispetto alla semplice dicotomia tra speranza e malcontento del precedente capitolo ed è uno degli elementi in cui spicca maggiormente l'articolazione del sequel. 

Dall'universale al particolare

In Frostpunk 2, micro e macro sono due termini che descrivono sia le meccaniche di gioco, sia lo stile narrativo. Il focus è incentrato sulle decisioni prese a livello globale, agli equilibri fra i gruppi di interesse e ai sottili giochi politici.

Tramite rapidi scatti e primi piani sugli abitanti si viene però trasportati dentro le strade della città, le parole dei singoli cittadini ci ricordano come le leggi varate non sono dei concetti astratti, ma luci di speranza per il futuro o, al contrario, sentenze lapidarie per una famiglia di disperati.

Sono questi frangenti quelli che lasciano davvero il segno, momenti che costringono a riflettere e che sono diventati marchio di fabbrica del team di sviluppo. 

Crimine, malattie, fame e freddo sono vicini di casa con cui si è costretti a convivere e, proprio per sottolineare la loro costante presenza, la stessa interfaccia ha una potenza diegetica con pochi eguali.

Le ondate di gelo crepano lo schermo per far sentire sulla pelle del giocatore lo stesso freddo provato dai cittadini, tutto si fa oscuro durante le tempeste e i colori iniziano a vibrare di rosso acceso quando si è sull’orlo di una rivoluzione, un allarme che non si può tralasciare.  

Bigger is better

Un termine tedesco per descrivere la direzione artistica? Assolutamente sì. Gesellschaft, ossia quella società basata su relazione impersonali e artificiali, dove il singolo soggetto si annulla nell’insieme.

Frostpunk 2 fa suo questo concetto tramite il flusso incessante di luci, scie anonime che rappresentano dei cittadini senza volto che indefessi vanno avanti e indietro dalle loro abitazioni verso le fabbriche. Lo stile architettonico abbandona gli archetipi steampunk del vecchio capitolo e tipici del periodo Vittoriano e si proietta in un retro-futuro dieselpunk, caratterizzato da toni cupi e alimentato dal petrolio.

Anche dal punto di vista tecnico il passo in avanti è notevole grazie all'adozione dell'Unreal Engine al posto del vecchio Liquid Engine. Il motore di gioco è decisamente più prestante, garantisce un maggiore livello di dettaglio e di effettistica e racconta anche l'ambizione crescente di un team che si vuole scollarsi di dosso l'etichetta di piccolo studio indipendente.    

Frostpunk 2 compie un salto in avanti anche in termini quantitativi. Almeno al lancio, il primo episodio aveva poche modalità di gioco e, una volta conclusi gli scenari, la sfida giungeva al suo termine. Questo nuovo capitolo arriva invece al lancio con una lunga storia suddivisa in capitoli, molto utile per prendere confidenza con le meccaniche di gioco e molto interessante per scoprire il futuro di Nuova Londra.

Oltre alla campagna è presente anche la partita sandbox, chiamata Utopia Builder. In questa modalità di gioco si possono impostare svariate opzioni, calibrare al meglio la difficoltà, selezionare il punto di partenza sulla mappa e anche le fazioni con cui interagire. La longevità ne trae un notevole beneficio, così come aumentano la flessibilità, la possibilità di sperimentazione e la ricerca di nuovi compromessi con i gruppi sociali.

Voto Recensione di Frostpunk 2 | Recensione


8.5

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Ogni scelta è carica di conseguenze

  • Artisticamente davvero ben realizzato

  • Molto più vasto rispetto al primo capitolo

  • Un vero simulatore politico...

Contro

  • ... Ma solo un buon gestionale

  • Forse fin troppo punitivo e spietato

Commento

Frostpunk 2 mette il suo gameplay al servizio del racconto e, tramite meccaniche di gioco tutto sommato semplici, riesce a far vivere al giocatore delle emozioni forti e un costante dilemma morale. Dal punto di vista ludico, siamo al cospetto di un city builder senza troppi sussulti, ma è nelle dinamiche politiche e sociali che va ricercata la ragion d'essere del titolo creato da 11 Bit Studios. Frostpunk 2 demolisce qualsiasi velleità di utopia sociale e dimostra come l’uomo sia di per sé un essere irrazionale pronto ad autodistruggersi. I limiti posti al potere decisionale del giocatore funzionano alla perfezione in questa ottica, che è dunque costretto a prendere decisioni difficili e scomode: un livello di strategia molto più appagante e raffinato rispetto a quello proposto dai soliti gestionali.
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