Days of War, giorni non tanto gloriosi - Recensione
Abbiamo messo alla prova la versione definitiva di Days of War, titolo che omaggia la vecchia scuola degli sparatutto multiplayer.
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a cura di Pasquale Fusco
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Driven Arts
- Produttore: Graffiti Games
- Piattaforme: PC
- Generi: Sparatutto
- Data di uscita: 30 gennaio 2020
Quella di Driven Arts è una casa di sviluppo piuttosto piccola, eppure – come le più grandi software house dell’industria – è una squadra fortemente motivata e guidata dal più sincero amore per i videogiochi. Sono gli sparatutto i titoli più amati da questo team, più precisamente gli shooter old school, quelli che un tempo ci tenevano incollati a mouse e tastiera fino a notte fonda, imprecando e gioendo nei server di TeamSpeak.
Non è un caso, dunque, se Days of War si presenta come un vero e proprio omaggio agli storici FPS multigiocatore, da cui estrapola il gameplay essenziale per incarnarlo in una formula tutta nuova; moderna, se vogliamo. Non è tutto oro quel che è vintage, tuttavia, e i numerosi difetti della produzione Driven Arts non passano di certo inosservati.
Days of War: la Seconda Guerra Mondiale secondo Driven Arts
Considerata la natura bellicosa di questi titoli, i setting storici sono ormai i più “abusati” per quanto concerne gli sparatutto in prima persona. Da appassionati del genere non possiamo negarlo, ma guardiamo sempre con interesse alle modalità con cui gli sviluppatori trattano ambientazioni ed eventi reali. Nel caso di Days of War, salta all’occhio l’estrema cura riposta nella rappresentazione dei più iconici campi di battaglia o delle armi utilizzate dagli eserciti della Seconda Guerra Mondiale. Meno convincente è, paradossalmente, il livello di immersività offerto al giocatore.
Quattro fazioni (Americani, Inglesi, Russi e Tedeschi) se le danno di santa ragione in concitati scontri – fino a 32 giocatori – che avranno principalmente luogo nel cuore dell’Europa, teatro delle dodici mappe di Days of War. Si parte dalle anguste strade degli agglomerati urbani per approdare nei più ariosi spazi degli scenari rurali, perseguendo il solito obiettivo: prendere il controllo dei punti strategici della mappa e difenderli dall’avanzata nemica. Insomma, nulla di nuovo per i veterani degli shooter e niente di trascendentale per i novizi, che non dovranno fare altro che concentrare il fuoco sulle aree di maggiore interesse o, in alternativa, aggirare gli avversari per tendere un attacco a sorpresa.
Fatta eccezione per un paio di casi, tra cui rientra un’ottima rappresentazione della nostra Amalfi, la maggior parte delle mappe non brillano per originalità sul fronte design né eccellono nella complessità della loro struttura, che, al contrario, rivela non pochi difetti. Alcuni scenari sembrano favorire determinate classi, come il cecchino, che riesce a dominare i match senza troppe difficoltà negli spazi più ampi; in quelli più stretti e potenzialmente claustrofobici, invece, basterà uno shotgun per conquistare il titolo di MVP. La distribuzione dei respawn non migliora la situazione: i punti di rigenerazione sono spesso posizionati in maniera confusa e a volte ci hanno persino messo in difficoltà, facendo riapparire il nostro avatar nelle immediate vicinanze di un nemico.
A proposito di classi, troviamo un sistema che segue il tradizionale modus operandi adottato da alcuni FPS, il quale propone sei differenti loadout indirizzati ad altrettanti stili di combattimento: c’è lo specialista delle mitragliatrici leggere (Machine Gunner), l’addetto agli esplosivi (Rocket) e il già citato cecchino (Sniper). Ogni classe vanterà un’ampia gamma di armi, per un totale di sessanta bocche da fuoco sbloccabili nel corso del gioco. Sì, c’è anche un sistema di progressione, incarnato da un apparato di punteggi e livelli che dona ai giocatori nuove armi da utilizzare in battaglia, skin con cui personalizzare il proprio alter ego e una manciata di emote con cui pavoneggiarsi tra una kill e l’altra.
Parlando invece delle armi, queste rappresentano il principale punto debole di Days of War. Certo, poco fa abbiamo lodato la fedele raffigurazione dei più celebri strumenti di guerra, ma l’arsenale di gioco mette anche a nudo un evidente sbilanciamento che intacca l’attuale metagame. Alcune armi, in primis i fucili automatici, infliggono una quantità di danni di gran lunga superiore ad altre che, tendenzialmente, sono demandate ai giocatori di livello più basso. Abbiamo inoltre avuto una certa difficoltà nell’utilizzo delle mitragliatrici leggere, penalizzate da un rinculo fin troppo eccessivo e che si limita a far sbalzare l’arma con un brusco movimento verticale.
In ogni caso, nonostante la varietà delle mappe e la vastità dell’arsenale, Days of War dà la costante impressione di essere carente di contenuti. Il problema risiede nella mancanza di modalità di gioco aggiuntive, che potrebbero senz’altro smorzare il consueto ritmo delle partite online, oltre ad offrire qualche sfida in più a quei giocatori ormai saturi delle solite partite in Dominio. A questo punto, non guasterebbe nemmeno un ampliamento del pool di item sbloccabili tramite il sistema di progressione.
Un bonus da non sottovalutare è comunque rappresentato dall’editor delle mappe, che consente ai giocatori di creare e personalizzare i propri scenari approfittando dell’integrazione completa con il Workshop di Steam.
Comparto tecnico: evoluzione o involuzone?
La versione di Days of War testata per la nostra recensione corrisponde alla 2.0, la release definitiva di un gioco che, a onor del vero, ha visto il suo debutto originale nel gennaio 2017. Fino a poche settimane fa, il titolo di Driven Arts – edito da Graffiti Games – soggiornava nella libreria Early Access di Steam con una versione 1.0 costellata di difetti, soprattutto tecnici. Il passaggio all’Unreal Engine 4 ha permesso ai developer di confezionare un prodotto quasi nuovo, più in linea con gli shooter di ultima generazione, ma alcuni nei sembrano essere rimasti lì, nascosti – ma neanche tanto – tra i bossoli e i detriti.
Prima di parlarvi del comparto visivo spenderemo qualche parola per il sonoro, perché la situazione è alquanto bizzarra. La fedeltà dei suoni delle armi e l’attenta riproduzione degli effetti ambientali trovate nella prima versione di Days of War sono state soppiantate da suoni piatti e da un’imprecisa localizzazione delle sorgenti sonore. Insomma, l’impressione è quella di aver assistito a un effettivo downgrade di questo aspetto tecnico, che va a penalizzare ulteriormente un feedback delle armi che riteniamo già deludente.
La situazione migliora, ma non troppo, quando spostiamo l’attenzione sulla veste grafica. Le armi imbracciate dai soldati sono riprodotte accuratamente e non lasciano spazio a particolari imperfezioni, eccetto per le uniformi dei militari, frutto di un design un po’ acerbo. Discorso analogo vale per buona parte degli scenari esplorati nelle dodici mappe, che si avvalgono di una buona resa grafica e di texture quasi sempre dettagliate; quasi, perché non sono mancate imperfezioni qua e là, soprattutto entrando in contatto con le strutture e la vegetazione. Più che convincente il sistema di illuminazione, che tuttavia si scontra con una gestione dei particellari a dir poco disastrosa – che diavolo è successo alle esplosioni?
Da dimenticare le animazioni, eccessivamente legnose e, di conseguenza, irrealistiche durante il movimento dei personaggi.
Il matchmaking di Days of War fa il suo dovere, permettendoci di entrare in una lobby in una manciata di secondi. È capitato in più di un’occasione, tuttavia, che abbiamo affrontato dei bot, inseriti allo scopo di rimpiazzare gli eventuali posti vuoti del team avversario. Nulla di anomalo, se non fosse che l’IA che regola il comportamento dei soldati li faccia sembrare dei fantocci privi di qualsivoglia reattività o capacità strategica.
Configurazione di Prova
- Sistema operativo: Windows 10 x64
- Processore: Intel Core i7-9700K, 3.60GHz
- Scheda video: NVIDIA GeForce RTX 2070 (8GB DDR6)
- Memoria: 16GB di RAM
+ Ben 60 bocche da fuoco per l'arsenale
+ Editor delle mappe con Steam Workshop
- Scarso bilanciamento delle armi
- Comparto sonoro deludente
- Più difetti che pregi sul fronte grafico
6.2
A conti fatti, Days of War avrebbe l’urgente bisogno di qualche altra rifinitura prima di poter affrontare la spietata concorrenza degli sparatutto multiplayer. L’impresa dei ragazzi di Driven Arts sembra riuscita a metà: da un lato c’è una trasposizione fedele del materiale di riferimento, con una buona rappresentazione degli scenari e dell’arsenale della Seconda Guerra Mondiale; dall’altro, uno sbilanciamento delle stesse armi e delle mappe minaccia la stabilità del meta. Altalenante il comparto tecnico, con qualche difetto che poteva essere senz’altro evitato.
Voto Recensione di Days of War - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
-
Un buon omaggio agli sparatutto old school
-
Ben 60 bocche da fuoco per l'arsenale
-
Editor delle mappe con Steam Workshop
Contro
-
Poca varietà nelle modalità di gioco
-
Scarso bilanciamento delle armi
-
Comparto sonoro deludente
-
Più difetti che pregi sul fronte grafico
Commento
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