Daydream: Forgotten Sorrow | Recensione - Più incubo che sogno
Daydream: Forgotten Sorrow è un'avventura a metà strada tra il platform e il puzzle game che però non convince in nessuna delle sue parti.
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a cura di Daniele Spelta
Redattore
In sintesi
- Un platform con sezioni platform che vanno ben oltre il fastidioso
- Le atmosfere oniriche sono ben sfruttate per dare varietà all'avventura
- I puzzle tutto sommato filano lisci
- La storia è decisamente artificiosa
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Frozen Line
- Produttore: Ravenage Games
- Distributore: Ravenage Games
- Testato su: PC
- Piattaforme: PC
- Generi: Platform , Avventura
- Data di uscita: 14 giugno 2023
Partire da delle ottime fonti di ispirazione non è sempre sufficiente per raggiungere un buon risultato. Questo è proprio il caso di Daydream: Forgotten Sorrow.
L’action platform creato da Frozen Line ha infatti degli evidenti richiami ai due Little Nightmares, a Limbo e al recente Planet of Lana, ma da questi celebri nomi lo stacco qualitativo è davvero evidente, sia in termini ludici sia sotto l’aspetto narrativo.
Ciò che resta è dunque solo un pallido tentativo di imitazione, incapace di affermarsi per degli evidenti limiti che ci hanno impedito di godere il più delle volte delle atmosfere oniriche e sospese in cui è ambientata l’opera.
Dare un senso alle immagini
Proprio come nel caso di alcuni dei suoi padri spirituali, anche la storia narrata da Daydream: Forgotten Sorrow vive soprattutto di sensazioni e di non detti.
Lo scenario si apre sul giovane Griffin e sul suo fidato orsetto Birly, in quello che forse è un sogno dell’occhialuto bambino. Il termine più corretto è però incubo, dato che nella mente del protagonista prendono da subito vita creature oscure e malvagie, inquietanti presenze che aleggiano lungo tutto il corso dell’avventura e che colorano di brevi e sporadiche tinte horror il viaggio dei due personaggi.
La sola soluzione è dunque la fuga disperata verso un faro, la nostra unica ancora di salvezza.
Non aspettatevi però troppo in termini di dialoghi e spiegazioni – a dire il vero non c’è nemmeno una linea di testo in tutto il gioco – perché sta al giocatore dare senso agli impossibili incontri che si parano lungo la strada, un continuo susseguirsi di spazi e ambienti che non trovano legami con il mondo reale e che regalano a Daydream: Forgotten Sorrow un affascinante alone di mistero.
Una nota di merito va senza ombra di dubbio alla colonna sonora e più in generale al comparto audio, capace di spaziare da momenti di silenzio a sinistri rumori provenienti dal buio, per poi arrivare a toccare dolci melodie durante le fasi più leggere.
Purtroppo, in mezzo a tutto questo mistero abbiamo però faticato a trovare quelle risposte che stavamo cercando e in più frangenti ci è parso che la dimensione onirica sia stata sfruttata soprattutto per giustapporre momenti che dessero una motivazione ai puzzle incontrati.
Anche il finale, per quanto si potessero intuire tematiche decisamente serie e profonde, piomba giù dal cielo senza troppe motivazioni, una conclusione tanto drammatica quanto improvvisa e non accompagnata da indizi.
Salti improbabili
In fin dei conti, anche i già citati Little Nightmares o Inside lasciano al giocatore un'interpretazione libera degli eventi e puntano sulle suggestioni e, soprattutto, su un gameplay valido. Purtroppo è proprio su questo frangente che Daydream: Forgotten Sorrow mette in luce la maggiore distanza rispetto alle sue fonti di ispirazione.
Nel complesso, si possono distinguere due elementi chiave pad alla mano: una componente da puzzle game e delle fasi più vicine al platform. Di queste, purtroppo ne funziona forse mezza.
Per spiegare al meglio la situazione basta raccontare le primissime fasi del gioco, quando ci siamo trovati costretti a fuggire da delle oscure ombre, un’operazione resa involontariamente complessa da un sistema di comandi legnoso e impreciso, reso ancora più frustrante da delle scelte di design difficili da giustificare.
Sono numerosi i livelli in cui l’unica soluzione lasciata al giocatore è il triste trial & error, come quando ci siamo trovati faccia a faccia con degli enormi ragni e, al posto che essere sconfitti dai raccapriccianti esseri, siamo finiti con il calpestare qualche trappola impossibile da vedere in mezzo alla vegetazione perché sprovvista di indizi visivi.
Il principale nemico è però la totale imprecisione dei comandi. Il giovane Griffin ha la stessa agilità di un burattino di legno e guidare i suoi passi lungo gli scenari e le ambientazioni che si sviluppano su tre dimensioni è un'impresa inutilmente faticosa.
I suoi salti spesso finiscono nel vuoto, durante le fasi stealth si viene scoperti perché si resta incastrati in qualche oggetto che sporge dal terreno, i combattimenti – se così si può definire l’unico scontro – hanno una dinamicità degna di una moviola e quando ci si imbatte in piattaforme che richiedono il giusto tempismo state pur certi di dover ripetere l’operazione svariate volte a causa delle continue morti.
Infine, i momenti più frenetici e le fughe a rotta di collo creano delle evidenti idiosincrasie con la lentezza atavica del protagonista, che si muove a rallentatore anche tenendo premuto il tasto della corsa.
In mezzo a queste difficoltà, l’unico appiglio a cui aggrapparsi è un sistema di checkpoint davvero generoso, che allevia i fastidi causati dai costanti voli nel vuoto e che riporta in fretta il giocatore pochi passi indietro.
Tirare il fiato è una delle poche soddisfazioni
Le maggiori incertezze emergono quando Daydream: Forgotten Sorrow cerca di premere sull’acceleratore ma, per fortuna, il giudizio riesce parzialmente a invertirsi nei momenti più calmi e ragionati incentrati sui rompicapi.
Gli enigmi ambientali non brillano per complessità o arguzia e raggruppano tutti gli indizi in un paio di schermate collegate, ma questi fattori a nostro giudizio sono più un pregio che un difetto.
L’avventura procede già a singhiozzo a causa di tutti i difetti poco prima raccontati e un’eccessiva difficoltà per i puzzle avrebbe rappresentato il colpo di grazia.
Non aspettatevi quindi enigmi dove scervellarvi per ore, quanto tanti piccoli quiz da risolvere in pochi minuti, dove però avremmo gradito un maggiore risalto per quel che riguarda gli oggetti con cui interagire, che almeno in un paio di casi abbiamo scovato un po’ per caso.
Indizio finale
Daydream: Forgotten Sorrow vive insomma di qualche buon momento e tanti altri passaggi meno riusciti, elementi negativi a cui si aggiunge anche la totale assenza di opzioni per quel che riguarda l’accessibilità.
Per compiere molti dei gesti, come tirare leve, spostare cassoni e dare ordini ai comprimari è necessaria la costante pressione del tasto collegato all'azione, una scelta che penalizza una fetta di utenti con problemi alle mani. Un altro esempio in questo ambito è la scarsissima evidenziazione delle voci dei menù, dove è impossibile capire quale sia la posizione del cursore a causa di una scelta dei colori davvero opinabile.
Sono in fin dei conti delle piccolezze – no, non per tutti – ma che forse danno la vera misura di un titolo decisamente approssimativo e con gravi lacune in termini di design.
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Voto Recensione di Daydream: Forgotten Sorrow | Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
-
Ottimo il comparto audio
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Gli enigmi non bloccano mai il giocatore per troppi minuti
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Vario nelle sue ambientazioni
Contro
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Controlli legnosi
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Un platform davvero deficitario
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Le tematiche vengono affrontate in modo superficiale
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Tanti errori in termini di game design