Immagine di Black Myth: Wukong | Recensione - Il Viaggio in Occidente non è perfetto
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Black Myth: Wukong | Recensione - Il Viaggio in Occidente non è perfetto

Abbiamo giocato a fondo Black Myth: Wukong, action soulslike targato Game Science indubbiamente spettacolare, ma con qualche ombra.

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a cura di Marcello Paolillo

Senior Staff Writer

In sintesi

  • Tecnicamente impressionante.
  • Un gioco che fa delle boss fight il suo punto di forza.
  • Peccato per la ripetitività di fondo.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Black Myth: Wukong
Black Myth: Wukong
  • Sviluppatore: Game Science
  • Produttore: Game Science
  • Testato su: PC
  • Piattaforme: PC , PS5 , XSX
  • Generi: Gioco di Ruolo , Azione , Soulslike
  • Data di uscita: 20 agosto 2024 (PC, PS5) - TBA (Xbox)

Questa generazione si sta rivelando ricca di soddisfazioni per gli amanti dei soulslike. Da Elden Ring: Shadow of the Erdtree (che trovate su Amazon nella sua edizione speciale completa), al prossimo Enotria: The Last Song, la varietà di certo non manca.

Black Myth: Wukong si unisce a questa lista, visto che sin dai primi trailer il gioco ha senza dubbio catturato l’attenzione del pubblico con il suo mondo affascinante, ispirato alla mitologia cinese, e con una grafica realmente impressionante, a un passo dal fotorealismo.

Il Predestinato, ossia la scimmia guerriera armata del suo bastone allungabile, sembrava avere tutte le carte in regola per farcela.

Se da un lato il gioco di Game Science offre un'esperienza indubbiamente spettacolare, dall’altro è pieno di difetti che gli impediscono di raggiungere la grandezza che avrebbe potuto sfiorare, ma che giocoforza lascia ad altri esponenti del genere. E ora vi spiego perché.

Un’esperienza visiva straordinaria, ma...

Partiamo con ciò che il gioco fa meglio: la grafica. È innegabile che Black Myth: Wukong sia visivamente impressionante. Ogni ambiente è curato nei minimi dettagli, dai panorami mozzafiato delle montagne cinesi agli intricati dettagli delle creature mitologiche che si incontrano lungo il cammino.

Le animazioni sono fluide, e gli effetti speciali, in particolare quelli legati alle abilità del Predestinato, il protagonista, sono tra i migliori mai visti in un videogioco.

Tuttavia, come spesso accade, tutta questa bellezza nasconde un problema di fondo: il mondo di Black Myth: Wukong è incredibilmente vuoto. Sì, ci sono paesaggi incantevoli, ma a cosa servono se non c’è molto da fare in essi? Molte aree sono poco più che corridoi e arene glorificate dall'impianto tecnico, con ben pochi segreti da scoprire o attività da svolgere.

Il risultato è che, nonostante l’estetica spettacolare, il gioco spesso si riduce a una serie di passeggiate panoramiche tra un combattimento e l’altro, senza offrire quella profondità che ci si aspetterebbe da un titolo di questa portata. Dimenticate quindi le vertiginose traversate verticali di Sekiro: Shadows Die Twice, perché qui non v'è traccia. E sì, non mancano neppure i consueti muri invisibili.

Il level design è infatti fin troppo lineare e spinge all'esplorazione sono se sarete invogliati a racimolare preziosi punti esperienza o collezionabili, che siano forzieri nascosti od oggetti segreti. 

Ovviamente, il recupero dei materiali sarà fondamentale per potenziare e/o migliorare il nostro equipaggiamento e il bastone, al fine di aumentarne l'efficacia. A ciò va a sommarsi l'immancabile sistema di punti esperienza – qui chiamati punti volontà – i quali possono essere accumulati per salire di livello e sbloccare le cosiddette Scintille, da utilizzare in uno Skill Tree abbastanza consueto. 

Il sistema di combattimento di Black Myth: Wukong è stato un altro punto di grande interesse fin dai primi video promozionali. Il protagonista è noto per le sue capacità sovrumane, e il gioco non delude in questo senso. Inoltre, il feeling dei colpi, la fisicità degli scontri, e l’interazione con i nemici danno un’ottima sensazione di impatto.

Quando la mitologia cinese incontra il mondo dei videogiochi, il risultato è un mix di meraviglia e frustrazione.

Wukong offre un elevato tasso di spettacolarità per un combat system che fa della schivata eseguita col giusto tempismo il suo punto chiave. Il Predestinato non ha nel proprio moveset tecniche di parry, ragion per cui non gli resta che evitare tutti i colpi diretti al suo indirizzo, contrattaccando al momento giusto. 

A ciò va ad aggiungersi un indicatore di Concentrazione, posto nella parte bassa dello schermo, che può essere riempito danneggiando i bersagli in modo da avere accesso ai colpi più potenti e risolutivi. Infine, da segnalare il respawn dei nemici dopo il riposo in uno dei Santuari (molto simili ai Falò di FromSoftwariana memoria).

Se inizialmente il sistema di combattimento sembra divertente e variegato, alla lunga mostra i suoi limiti: una gestione non sempre perfetta delle collisioni e l’intelligenza artificiale dei nemici tutt’altro che brillante sono infatti solo i primi problemi che emergono dopo poche ore dall'inizio dell'avventura.

 

Spesso ci si ritrova ad affrontare avversari che seguono pattern prevedibili e ripetitivi, rendendo le battaglie coi boss e coi mid-boss più lunghe e tediose di quanto dovrebbero essere.

Se da un lato alcuni scontri sono epici e ben realizzati, altri si trascinano per troppo tempo, con meccaniche poco chiare e un livello di difficoltà che non deriva da un design intelligente, ma da un semplice aumento dei numeri di danno e salute.

Una narrazione coraggiosa... o quasi

Uno degli aspetti più promettenti di Black Myth: Wukong era la sua storia, basata su uno dei più grandi classici della letteratura cinese, Il Viaggio in Occidente. Tuttavia, il modo in cui questa storia viene raccontata è tutt’altro che scontato. Il gioco sembra indeciso tra voler restare fedele al materiale originale e voler costruire una narrazione propria, fungendo quasi da sequel dell'opera letteraria, con il risultato che la trama spesso si perde tra queste due idee.

Il ritmo è un altro problema. Ci sono momenti in cui la narrazione decolla, offrendo sequenze cinematografiche intense e coinvolgenti, ma altre volte il gioco si trascina senza una chiara direzione. Le cutscene, per quanto ben realizzate e tecnicamente mostruose, spesso interrompono il flusso dell’azione in modo brusco, spezzando l’immersione del giocatore.

 

Inoltre, i personaggi secondari sono poco sviluppati. A parte il Predestinato, che è chiaramente al centro della storia, molti dei personaggi che incontriamo lungo il cammino sembrano essere poco più che pedine per far avanzare la trama, senza mai ricevere il giusto sviluppo o un ruolo significativo nella storia.

Black Myth: Wukong offre inoltre un accompagnamento musicale adeguato ma non particolarmente memorabile. Le tracce fanno un buon lavoro nel creare l’atmosfera giusta, ma raramente emergono come elementi distintivi dell’esperienza di gioco. Mancano quei temi epici o quei motivi ricorrenti che rimangono impressi nella mente del giocatore anche dopo aver spento la console (o il PC, come in questo caso).

Anche il sound design, sebbene tecnicamente ben realizzato, non riesce a distinguersi. Gli effetti sonori delle battaglie, dei poteri e dell’ambiente sono tutti nella norma, ma non c’è nulla che realmente catturi l’attenzione o che aggiunga profondità all’esperienza complessiva.

Un diamante grezzo

Black Myth: Wukong è un gioco che alterna momenti di brillantezza a problemi frustranti. La grafica, come già detto, è stupefacente, ma il gioco soffre di una ripetitività che in un action soulslike è un difetto più di qualunque altro.

Black Myth: Wukong brilla di luce propria, ma le sue imperfezioni lo tengono lontano dall'essere un capolavoro.
La fatica di Game Science offre in ogni caso una durata decente, attorno alle 30 ore di gioco intenso, ma gran parte del tempo viene speso a ripetere sezioni o a combattere contro lo stesso tipo di nemici, il che porta rapidamente alla noia. Anche la rigiocabilità è limitata, a meno che non siate fan sfegatati del completismo o disposti a sopportare ore di grind per sbloccare tutte le abilità e i segreti nascosti.

In definitiva, e polemiche a parte, Black Myth: Wukong è un gioco che brilla di luce propria, ma le sue numerose imperfezioni lo tengono ben lontano dall’essere un capolavoro. È un’esperienza che affascina e delude allo stesso tempo, un viaggio epico che perde di intensità lungo la strada a causa di scelte di level design discutibili e una ripetitività che lascia perplessi.

Il potenziale c’è, e a tratti si vede chiaramente, ma Black Myth: Wukong è un titolo che avrebbe avuto bisogno di più tempo, più rifinitura e più attenzione ai dettagli. Non è un disastro, ma non è neanche il trionfo o il candidato al GOTY che molti speravano. 

Se siete appassionati di mitologia cinese o semplicemente curiosi di vedere cosa ha da offrire questo gioco allora ha senso che ci mettiate sopra le mani, ma sappiate che dovrete fare i conti con più di qualche inciampo lungo il cammino.

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Voto Recensione di Black Myth: Kukong | Recensione


7.9

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Graficamente è impressionante.

  • Lo stile orientale è affascinante.

  • Tanti boss e mid-boss da affrontare...

Contro

  • ... ma tutto scade in una ripetitività asfissiante.

  • Level design rivolto verso il basso.

  • Non intacca i grandi esponenti del genere souls.

Commento

Black Myth: Wukong è un titolo che cattura l'attenzione per la sua grafica impressionante e il fascino della mitologia cinese, ma nonostante l'esperienza visiva e un combat system promettente, soffre di diversi problemi che gli impediscono di eccellere. Il mondo di gioco, seppur bellissimo, risulta vuoto e privo di profondità, con un level design lineare che limita l'esplorazione. Il sistema di combattimento, basato su schivate e contrattacchi, mostra presto i suoi limiti a causa di una gestione delle collisioni imperfetta e un'intelligenza artificiale poco brillante, rendendo alcune battaglie ripetitive e frustranti. Siamo lontani dall'attenzione ludica (e non) di un qualsiasi gioco From, se vogliamo usare un termine di paragone.
Il titolo di Game Science rimane quindi un prodotto incompleto, che avrebbe beneficiato di un ulteriore periodo di rifinitura, e che non riesce ad eguagliare la cura ai dettagli dei suoi diretti concorrenti. Un diamante grezzo, insomma.
***

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