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Recensione

Atelier Yumia: The Alchemist of Memories and the Envisioned Land | Recensione

Abbiamo giocato Atelier Yumia: The Alchemist of Memories and the Envisioned Land, ultimo capitolo della serie: leggi la recensione!

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a cura di Marcello Paolillo

Senior Staff Writer

In sintesi

  • Open-world vasto ma vuoto.
  • Sistema di combattimento poco profondo.
  • Personalizzazione dell’Atelier ben realizzata.
  • Pro
    • Personalizzazione dell’Atelier ben realizzata e coinvolgente.
    • Sistema di alchimia solido e appagante come da tradizione.
    • Colonna sonora ispirata e rilassante.
  • Contro
    • Open-world dispersivo e poco ispirato.
    • Combat system superficiale e poco strategico.
    • Narrazione priva di mordente e ritmo altalenante.

Il Verdetto di SpazioGames

7
Atelier Yumia è il classico esempio di quando una serie di nicchia cerca disperatamente di adattarsi a un mercato che cambia, perdendo per strada ciò che la rendeva unica. Il passaggio all’open-world, invece di ampliare le possibilità di gioco, le riduce a un loop di attività ripetitive, mentre il combat system, nonostante qualche trovata interessante, manca di profondità. La storia fatica a decollare e, sebbene l’ambientazione e il tema della memoria avessero del potenziale, il risultato è un racconto che non emoziona quanto dovrebbe. 
Ci sono ancora sprazzi della magia della serie, specialmente nella personalizzazione dell’Atelier e nella solida alchimia, ma sono elementi che non bastano a compensare le carenze del resto del gioco. Un esperimento ambizioso, ma che finisce per dimostrare che innovare non significa necessariamente migliorare.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & the Envisioned Land
Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & the Envisioned Land
  • Sviluppatore: Koei Tecmo
  • Produttore: Koei Tecmo
  • Testato su: PS5
  • Piattaforme: PS5 , PS4 , PC , XSX , XONE , SWITCH
  • Generi: Hack n' slash , Azione
  • Data di uscita: 21 marzo 2025

Se c’è una cosa che la serie Atelier ha sempre saputo fare, è rimanere fedele alla propria identità, nel bene e nel male. 

La serie si è sempre distinta per la sua combinazione unica di JRPG e gestione di risorse, in un’epoca in cui il genere era dominato da epopee belliche e narrazioni cupe. Mentre Final Fantasy e Dragon Quest puntavano su storie epiche e mondi in rovina da salvare, Atelier si concentrava su qualcosa di più intimo e rilassato: la vita quotidiana di giovani alchimiste alle prese con la scoperta di se stesse e della loro arte.

Questa formula ha permesso alla serie di mantenere una nicchia di appassionati, resistendo a mode passeggere e trovando una sua identità precisa nel panorama dei videogiochi di ruolo di matrice nipponica.

Tuttavia, negli anni la serie ha dovuto evolversi per rimanere rilevante. Dai primi capitoli con visuale isometrica, si è passati a un 3D più dettagliato con Atelier Iris su PlayStation 2, e poi a una struttura più narrativa con la trilogia di Arland, che ha segnato il vero boom internazionale della saga.

Da lì, Gust ha continuato a sperimentare, tra sistemi di combattimento più dinamici, nuove meccaniche di sintesi e tentativi di rendere l’esplorazione più fluida. Alcuni di questi esperimenti hanno funzionato, altri meno. Il passaggio a un semi-open world con Atelier Firis è stato accolto in modo contrastante, così come la spinta verso un action RPG più dinamico con Atelier Ryza.

La domanda che molti fan si pongono è sempre la stessa: fino a che punto si può innovare senza snaturare l’anima della serie?

Un capitolo diverso

Atelier Yumia: The Alchemist of Memories and the Envisioned Land (titolo completo sicuramente non facile da ricordare, ragion per cui da ora lo chiamerò solo Atelier Yumia) arriva come l’ennesimo tentativo di modernizzare un franchise che, per quanto di nicchia, ha costruito una fanbase affezionata grazie alla sua peculiare miscela di alchimia, combattimenti a turni e storytelling leggero.

Con questa nuova iterazione, Gust ha deciso di spingere ancora più in là il concetto di open-world, tentando di offrire un'esperienza più immersiva e dinamica rispetto ai titoli precedenti (che trovate anche su Amazon). 

Ma come spesso accade quando si cerca di innovare a tutti i costi, il risultato è una miscela di buone intenzioni e scelte discutibili che lasciano un retrogusto agrodolce.

Partiamo dalla protagonista, Yumia Liessfeldt, un’alchimista con un passato frammentato che si ritrova a dover esplorare il misterioso continente di Aladiss, un tempo florido e ora ridotto a rovine dopo un cataclisma di cui nessuno sembra ricordare l’origine.

La tematica della memoria è centrale in tutto il gioco, con Yumia che raccoglie frammenti del passato e cerca di ricostruire la storia di un mondo in rovina. Un concept interessante sulla carta, ma che nella pratica viene sfruttato in modo piuttosto superficiale: il mistero dell’antico Impero di Aladiss viene spesso messo in secondo piano da quest secondarie dimenticabili e da una narrazione che fatica a trovare il giusto ritmo.

Vero anche che è chiaro sin dall’incipit che Atelier Yumia ha nel suo complesso un taglio più cupo e "oscuro" rispetto ai vecchi capitoli, e ciò è un bene.

I dialoghi sono tipicamente “à la Gust”: tante chiacchiere, qualche scena simpatica, ma poco mordente. Se siete fan di vecchia data e amate questo stile, troverete momenti gradevoli, ma se vi aspettavate una storia capace di coinvolgervi realmente, potreste rimanere delusi.

Passiamo poi all’esplorazione, uno degli aspetti più pubblicizzati di Atelier Yumia. L’open-world non è certo una novità nel panorama dei videogiochi del 2025 e ormai il mercato è saturo di giochi che cercano di proporre enormi ambientazioni da esplorare liberamente. Il problema è che Gust non sembra aver realmente compreso cosa renda divertente un mondo aperto.

Aladiss è grande, ma vuoto. Vi troverete a percorrere distese di terreni poco dettagliati, raccogliendo erbe e minerali sparsi in modo casuale, con la sensazione di stare semplicemente spuntando una lista di cose da fare piuttosto che vivendo un’avventura memorabile.

La meccanica della moto, introdotta nella seconda regione, cerca di velocizzare gli spostamenti, ma non basta a rendere l’esplorazione davvero interessante. Dopo qualche ora di gioco, il loop diventa chiaro: vai in un posto, raccogli materiali, sintetizza oggetti, ripeti. Mancano eventi dinamici, incontri inaspettati o qualcosa che renda davvero stimolante la scoperta di nuove zone.

Atelier Yumia: The Alchemist of Memories and the Envisioned Land è un titolo che cerca di evolvere la formula classica della serie, ma inciampa nel tentativo.
Il combat system è un altro punto dolente. Si tratta di un’evoluzione del classico sistema a turni della serie, con un focus più marcato sulle combo e sulla gestione delle distanze.

Il problema principale è che tutto si riduce a trovare il modo migliore per stordire i nemici il più velocemente possibile, eliminando gran parte della strategia. Un cambiamento è però nella modalità di difesa nei combattimenti, il quale dona al gioco un po'di brio in più. 

C’è un’abbondanza di effetti visivi e animazioni spettacolari, ma quando si arriva al nocciolo della questione, il sistema di combattimento è meno profondo di quanto sembri.

I boss, invece di rappresentare una vera sfida, finiscono per essere solo spugne di danni, rendendo gli scontri più una prova di resistenza che una questione di abilità tattica. Anche qui, l’impressione è che Gust abbia cercato di rendere tutto più “moderno” senza però trovare una formula davvero efficace.

Una delle cose davvero riuscite di Atelier Yumia è la personalizzazione dell’Atelier. Il laboratorio alchemico è il cuore pulsante del gioco, e la possibilità di arredarlo e modificarlo a piacimento aggiunge un tocco personale all’esperienza.

Qui, almeno, il gioco riesce a coinvolgere e a dare soddisfazione: scegliere quali strumenti potenziare, organizzare lo spazio e vedere il proprio Atelier crescere è una delle parti più appaganti del gameplay. Se solo lo stesso livello di cura fosse stato dedicato ad altri aspetti del gioco, il risultato finale sarebbe stato decisamente più convincente.

Sul comparto tecnico c’è poco da dire: il motore grafico è quello che è, e anche se i modelli dei personaggi sono ben realizzati e le ambientazioni hanno un certo fascino, il livello di dettaglio è piuttosto modesto.

Non aspettatevi texture next-gen o effetti visivi all’avanguardia, perché Atelier Yumia rimane un prodotto con un budget limitato, che si vede in ogni angolo del mondo di gioco. La colonna sonora, invece, mantiene lo standard qualitativo della serie, con melodie dolci e rilassanti che accompagnano bene l’atmosfera.

Un gioco di ruolo per soli appassionati

In definitiva, Atelier Yumia: The Alchemist of Memories and the Envisioned Land è un titolo che cerca di evolvere la formula classica della serie, ma inciampa nel tentativo. L’open-world è poco ispirato, il combat system non riesce a brillare e la narrazione fatica a decollare.

Chi ama da sempre la serie potrebbe comunque trovare elementi di interesse, soprattutto nella personalizzazione dell’Atelier e nel classico sistema di alchimia, ma chi si aspettava un vero salto di qualità resterà inevitabilmente deluso.

Un’occasione mancata, perlomeno in parte, visto che forse – e dico forse – non è ancora troppo tardi perché Gust capisca che la vera magia della serie non sta nella grandezza del mondo, ma nei piccoli dettagli che hanno reso speciale ogni capitolo. Sicuramente basterà poco per correggere il tiro.

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