I ragazzi di Milkstone Studios hanno avuto un’idea geniale: combinare il gameplay veloce e adrenalinico degli sparatutto anni 90′ ad una formula roguelike affiancata da una generazione procedurale delle stanze del tutto simile a quella vista in The Binding of Isaac. Da questa fortunata sperimentazione è nato Ziggurat, un FPS ad arene capace di mettere alla prova le falangi anche del più incallito giocatore d’altri tempi. Impugnate le bacchette e state pronti a lasciarvi il mondo dei Babbani alle spalle, perché orde di agguerriti nemici vi attendono nelle viscere dello Ziggurat.
La prova del mago
L’intera narrazione è appesa ad un filo sottile: la congrega di maghi di Greyhorn organizza ogni dieci inverni il rito di iniziazione al rango di stregone per i propri apprendisti. La maniera più sensata che è venuta in mente al circolo degli anziani per mettere alla prova i novizi è scaricarli in una torre traboccante di letali creature chiamata lo Ziggurat, e vedere chi non ci lascia la pelle. Solo chi riuscirà a scalare tutti e cinque i piani ed emergere vittorioso infatti sarà ritenuto degno di entrare a far parte della mistica gilda, che non a caso non sembra affollatissima! Tolto questo flebile preambolo il titolo ci scaraventa nelle minacciose camere della labirintica struttura senza troppi complimenti. Come detto poco sopra, Ziggurat si avvale di una struttura molto simile a The Binding of Isaac, con le stanze della torre generate proceduralmente ad ogni partita. Il nostro obiettivo è quello di recuperare la chiave che consente di evocare il guardiano del livello e avere la meglio su di lui, prima di passare al piano superiore. Il titolo sfoggia un gameplay da vero sparatutto old school, veloce e caotico, dove fermarsi un attimo significa essere investito da salve di colpi da parte delle mostruose creature che saremo quasi sempre impegnati a fronteggiare. Volenti o nolenti servono alcune run per prendere la mano, e l’unico elemento non casuale è rappresentato dalla nostra conoscenza dei pattern di attacco dei nemici, che sono variegati e ben differenziati tra loro. Appena cominciata la nostra ascesa ci viene messa a disposizione la bacchetta, l’arma base, che può colpire in maniera rapida e precisa o emettere un cono di dardi. L’energia che serve per utilizzarla si rigenera col tempo, e questo la rende uno strumento sempre affidabile anche se meno performante di altri. Procedendo con l’avventura si entra in possesso di interessanti bocche da fuoco come i grimori, temibili a corto raggio, i bastoni, dall’elevatissimo rateo di fuoco e le armi alchemiche, difficili da usare ma in grado di provocare elevati danni, spesso ad area. Il loadout è composto al massimo da uno strumento di morte per categoria, esistono varie armi per ogni genere, e durante la partita potrebbe addirittura capitarci il lusso di poter scegliere. Al gameplay da sparatutto duro e puro i ragazzi di Milkstone Sudios hanno aggiunto una corposa componente GDR. Sconfiggendo i nemici infatti si accumula esperienza (a patto di riuscire a raccoglierla prima che svanisca) ed una volta saliti di livello è possibile scegliere alcune carte che garantiscono potenziamenti permanenti al nostro alter ego. Dalla riduzione del danno subito, all’aumento della scorta di mana, dal respec delle armi ad una partita a dadi col destino, le possibilità sono veramente tantissime e sempre nuove carte vengono sbloccate via via che si macinano partite. La forte randomicità di cui è pregna la produzione però a volte inficia sul bilanciamento di qualche run, rendendo alcune scalate più semplici o (nella maggior parte dei casi) più ostiche di altre.
Toc Toc… sei morto!
Come la maggior parte dei roguelike di questo tipo, Ziggurat è capace di mostrare un estremo sadismo nei confronti dei giocatori. Tralasciando l’aggressività e il numero smodato di mostri nelle stanze in cui si combatte, ci sono altri modi in cui il labirinto tenterà di farci la pelle. Un esempio sono le stanze con le trappole. Non tutte sono obbligatorie, ma il miraggio della golosa ricompensa che si può trovare in fondo ad esse spesso spinge il giocatore verso un destino fatto lava ribollente o spuntoni acuminati. Altre volte invece ci si trova davanti a degli altari che promettono laute ricompense in cambio di un po’ di vita o di scorte di mana. Può andare bene o può andare male, e magari dopo averci cavato il sangue dalle vene il subdolo monumento ci appioppa anche un bel malus permanente. Cliché fantasy per antonomasia, non potevano mancare i misteriosi bauli che possono contenere interessante mercanzia così come un mostro in attesa che qualche apprendista sprovveduto sollevi il coperchio del suo giaciglio preferito. Ogni tanto capita di trovare in giro delle pergamene che cercheranno di mettere una pezza allo scarnissimo comparto narrativo. Nella maggior parte dei casi esse contengono appunti di precedenti visitatori o ci mettono in guardia dai pericoli che, di sicuro, si saranno già palesati in maniera abbastanza chiara. Per rendere ancora più casuale la formula gli sviluppatori hanno deciso di implementare di tanto in tanto modificatori alle stanze dei mostri. A volte quindi affronteremo interi combattimenti potendo sparare solo mentre si è sospesi in aria, senza il mirino, oppure potendo fare fuoco al doppio del rateo ma con un più elevato consumo di mana. Insomma, prima di mettere il naso in una stanza o di importunare una statua dall’aria lugubre è bene pensarci due volte, in modo da non fare una scelta di cui pentirsi nel giro di pochi istanti. La formula roguelike del titolo infatti comprende anche il permadeath e, se non si fosse capito, una volta KO è necessario ricominciare la scalata dal primo piano e senza nessun potenziamento.
Morto un mago se ne fa un altro
Dal punto di vista tecnico Ziggurat non strabilia, anzi certi cali di frame rate in alcune situazioni ci hanno fatto storcere un po’ il naso. Nulla in grado di inficiare sulla fruizione complessiva del gioco comunque, anche se da un titolo con una conta poligonale così esigua e il cui gamelpay necessità il massimo della fluidità, ci saremmo aspettati un’ottimizzazione migliore. Detto ciò l’art direction rende le ambientazioni ghotic fantasy lugubri al punto giusto, e la maggior parte dei nemici sono azzeccate riproposizioni dei più grandi stereotipi del genere con l’aggiunta di qualche strizzata d’occhio a capisaldi del passato (i teschi infuocati fluttuanti non passano mai di moda). La scalata di tutti e cinque i piani porta via circa due ore, e già a difficoltà normale presenta un elevato grado di sfida. A fare da rovescio della medaglia ad una così bassa longevità ci sono una valanga di sboccabili, come le carte che verranno proposte in varietà sempre maggiore ad ogni salita di livello, o i personaggi giocabili che si renderanno disponibili al completamento di alcune sfide a cui il titolo ci mette davanti. Altra valida ragione per riprendere in mano il gioco e affrontarlo a difficoltà sempre più elevate, sono le classifiche on-line, se vi piace bullarvi sul podio qui troverete pane per i vostri denti.
– Gameplay old school
– Impegnativo
– Estrememente rigiocabile
– Montagne di sbloccabili
– Qualche imperfezione tecnica
– La completa casualità di alcuni elementi può inficiare su alcune run
Ziggurat propone una commistione di elementi già visti in altri titoli ma miscelati secondo una ricetta completamente nuova e del tutto ben riuscita. Il gameplay è quello dei vecchi sparatutto che abbiamo imparato ad amare, e che di recente pare stiano vivendo una nuova giovinezza. La struttura dei livelli invece è un labirinto dalla generazione procedurale ricolmo di cose che non vedono l’ora di accopparci. La somma delle parti risulta stimolante e divertente, l’esatta formula che fa esclamare “ancora un giro e poi basta” dopo ogni cocente sconfitta. Se siete amanti degli sparatutto al fulmicotone e vi piace camminare sul filo del rasoio sentendo l’alito gelido della morte (permanente) sul collo questo gioco fa decisamente per voi!