Recensione

Yonder: The Cloud Catcher Chronicles

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

Se cercate alla voce “ruffiano” in un vocabolario, ci troverete Yonder: The The Cloud Catcher Chronicles (d’ora in avanti solo Yonder per amor di sintesi), le cui immagini e filmati sono il corrispettivo videoludico di quelle pagine social che postano di continuo foto di gattini e cuccioli, davanti alle quali anche il cuore di un motociclista dell’Alabama si scioglie. E così finite per comprare Yonder e per le prime ore credete di aver trovato il compagno perfetto in cui perdervi, mentre vi specchiate nei suoi occhioni dolci. Ben presto la tenera creatura inizia però ad assillarvi richiedendo continue attenzioni, vi strattona l’orlo dei pantaloni perché ha fame o deve fare i suoi bisogni e alla fine, dopo una serie di starnuti, finite pure per scoprire di essere allergici a quel batuffolo di morbido pelo. Questo è Yonder.
Peace and love
Ma, metafore a parte, esattamente, cos’è Yonder? Ancora una volta, le apparenze ingannano: è infatti impossibile non rivedere nelle sue atmosfere e nei suoi toni pastello dei chiari rimandi a The Legend of Zelda: The Wind Waker o al più recente Breath of the Wild, anche perché il titolo sviluppato dai ragazzi di Prideful Sloth sfrutta praticamente il medesimo incipit di  quest’ultimo. I primi frame di Yonder pongono il giocatore in uno dei più classici cliché dell’industry: il protagonista senza nome è a bordo di un’imbarcazione, che viene gettata con forza contro gli scogli, colpita da una violenta tempesta. Dopo il naufragio, non si sa che fine abbiano fatto i superstiti né che ne sia stato del relitto e il giocatore si trova disperso sull’isola di Gemea, all’apparenza un luogo idilliaco, verde e rigoglioso, ma sul quale è calata una terribile minaccia, una fitta nebbia chiamata Miasma che sta inghiottendo e distruggendo intere parti della regione. Un po’ come nella bassa lodigiana tra novembre e dicembre. Nonostante le cupe premesse e la classica frase “tu sei il prescelto” detta nei confronti del protagonista – o della protagonista in base alla vostra scelta iniziale – Yonder è praticamente il Gandhi dei videogiochi ed evita ogni rimando alle meccaniche action: non esistono combattimenti, la stessa nebbia non è altro che una sorta di muro che preclude l’accesso ad alcune zone e la morte non è contemplata, anche se ci si getta giù da un dirupo, visto che il protagonista ha un ombrello tenuto bene non si dove che lo fa atterrare ovunque in modo sicuro. Se cercate dell’adrenalina, continuate pure a cercare altrove.
Perdersi per Gemea…
Yonder è piuttosto un titolo che vive principalmente di tutte quelle azioni che nelle altre produzioni fanno da corollario, poco importa della pesante etichetta che immediatamente i cittadini di Gemea pongono sull’ignaro protagonista, identificato come il salvatore della patria dal passato misterioso. L’eroe che dovrebbe ripulire le terre dal Miasma grazie all’aiuto dei folletti recuperati dalle rovine – le creature incantante, non le aspirapolveri – diventa così una sorta di tuttofare perché, a quanto pare, tutti i cittadini dell’isola hanno i loro problemi ma, ovviamente, non sono in grado di recuperare nemmeno i tre ceppi di legno posti a circa venti metri dai loro piedi. La quest principale di Yonder è sì interessante, la curiosità di capire chi si celi dietro il terribile pericolo, che fine abbiano fatto i compagni di viaggio dell’eroe e quale sia il suo passato è sempre viva, ma ben presto viene messa sullo sfondo da una serie infinita di quelle fetch quest che tante perdite di tempo procurano nei GDR. Yonder è insomma un titolo perfetto per spezzare i ritmi, per rilassarsi e godersi i panorami mozzafiato che Gemea nasconde dietro ogni suo angolo, ma non chiedetegli chissà quali emozioni. Durante il classico incarico che mi obbligava a recuperare due chiodi e delle assi da dare ad un marinaio per la riparazione di un battello, ho perso più tempo a girovagare nel nulla, a salire su un’altura e a guardare delle rovine che si stagliavano sullo sfondo, collezionando svariati MB di screenshot. Artisticamente parlando, Yonder è un piccolo capolavoro, una vera e propria cura per la pace dei sensi, in grado di calmare e distendere con le sue atmosfere ovattate e incantate anche i nervi più tesi dopo una giornata passata nel caos di una frenetica metropoli. Gemea è inoltre un’isola ampia, un open world che si caratterizza per i suoi molteplici biomi, capace di passare dalle placide distese di sabbia in riva al mare, fino alle vette gelide e innevate, senza farsi mancare delle morbide e verdi colline. Ogni area è poi contraddistinta per una sua propria fauna, magari non numerosissima, ma certamente ben realizzata, un piccolo almanacco di zoologia fatto da strani incroci tra animali. Ad impreziosire il tutto, ci pensano poi il ciclo giorno-notte e gli effetti atmosferici, sì meri elementi estetici, ma capaci di donare ancora più vita e tono all’opera di Prideful Sloth.
… Senza sapere che fare
Il ritorno alla realtà è però decisamente brusco, perché gli incarichi si riducono tutti ad una mera serie di missioni di raccolta e consegna, nelle quali sfruttare i vari oggetti che vengono affidati sin dalle prime battute, come un martello per frantumare le rocce, un falcetto per tagliare l’erba, un piccone per estrarre dei minerali e, ovviamente, un’ascia per abbattere gli alberi e ottenerne dei ceppi. Già di per sé, collezionare dei materiali non è l’azione più avvincente in un videogioco, ma a questo Yonder somma anche una gestione dell’inventario assai scomoda, soprattutto per le sue risicate dimensioni, che costringono spesso e volentieri a lasciare sul terreno alcuni elementi appena raccolti. Ci sarebbero anche delle casse in cui depositare gli oggetti superflui, ma sono poche e disposte in precisi luoghi sulla mappa. Nonostante l’esplorazione rimanga un piacevole passatempo e che spesso sia meglio godere degli scorci regalati dagli scenari che non usufruire degli spostamenti rapidi – a dire il vero piuttosto mal implementati – è evidente come il solo girovagare qua e là per Gemea alla ricerca dei folletti, dei tesori nascosti e dei vari materiali non sia in grado di sostenere la noia che deriva dalle assillanti richieste dei cittadini. Anche il crafting non riesce a dare un’accelerata ai ritmi, perché per costruire anche la più piccola struttura serve sempre una discreta quantità di materiali. È strano a dirsi, ma la parte più riuscita da Yonder sono tutte quelle azioni che vivono a latere della quest principale e che spezzano la monotonia di missioni sempre uguali tra loro. Di cose da fare ce ne sono davvero tante, tali da rendere Yonder un mix all’acqua di rose fra i vari Harvest Moon o Stardew Valley, ma senza troppi parametri da tenere sott’occhio, e Dragon Quest Builder. Il tedioso recupero delle materie prime può così essere limitato dalla costruzione e dalla crescita della propria fattoria, nella quale disporre le mangiatoie per gli animali, recinti e piantando semi e coltivando piante, automatizzando oltretutto molte delle mansioni più noiose, delegabili ai vari cittadini, ben disposti a dare una mano. Durante il viaggio ci si imbatte poi in numerose gilde, come quelle dei carpentieri o dei cuochi, nelle quali entrare a far parte per poi finire, purtroppo ed inesorabilmente, a recuperare sempre le stesse materie prime. Non poteva mancare poi la pesca, perché si sa che un gioco non è completo senza una canna e degli ami, così come, per la gioia degli stilisti digitali, sono tantissimi i costumi regalati al protagonista dagli NPC a cui avete appena dato l’ennesimo ramo di vite, oppure scovati in mezzo a dei barili abbandonati.
Un viaggio bello, ma non perfetto
Le qualità dell’art direction sono già state esaltate e, oltre a rendere l’isola di Gemea un quadro in movimento, hanno anche il merito di nascondere un livello prettamente tecnico non sempre impeccabile, soprattutto per quel che riguarda alcune texture. Ho giocato a Yonder usando un codice della versione PC, dove però spiccano le ben poche opzioni grafiche: qualche impostazione sul livello dei dettagli e delle ombre, il field of view e un anti-aliasing attivabile o meno, senza nessun’altra specifica. Va inoltre segnalata qualche incertezza grafica che si traduce in alcuni glitch, come sporadiche compenetrazioni tra i poligoni e una gestione della telecamera a tratti infelice. Il vero passo falso è però rappresentato dalla sfilza dei personaggi dai nomi improbabili, tutti molti simili tra loro, tutti piuttosto anonimi, tutti che sembrano uscire da Miitomo. I difetti tecnici sono sì  presenti, ma non riescono comunque a sminuire i pittoreschi scorci che regalano le lande Gemea, in un viaggio reso ancora più lieve e spensierato dalle note calde della colonna sonora. Un appunto finale sulla presenza della traduzione di tutti i testi in un buon italiano, mentre non esiste alcun doppiaggio, perché dalle bocche degli abitanti escono dei suoni più simili a versi.

– Direzione artistica di primissima qualità

– Una piacevole pausa anti-stress

– Tantissime attività secondarie…

– … Ma le primarie sono noiose e ripetitive

– Il festival delle fetch quest

– Telecamera a tratti scomoda

– Tecnicamente non perfetto

6.5

Yonder: The The Cloud Catcher Chronicles va preso per quello che è, una piacevole pausa di relax a spasso fra le terre di Gemea, un titolo di cui godere in piena tranquillità, dove la violenza non è mai presa in considerazione, e non esiste il rischio che sullo schermo appaia la lapidaria frase “game over” o che il proprio personaggio finisca vittima di chissà quale mostro. L’offerta ludica si esaurisce però dopo una manciata scarsa di ore e, se non si è amanti dei bei panorami e dell’esplorazione anche fine a sé stessa, è facile che l’opera di Prideful Sloth finisca con il venire a noia dopo l’ennesima quest uguale alla precedente, affidata da un NPC a sua volta identico a quello incrociato qualche minuto prima. L’esperienza di gioco viene così tenuta a galla dalle numerose attività secondarie, come un crafting senza troppi impegni e la gestione delle proprie fattorie, che risultano molto più appaganti rispetto alla ricerca dei folletti e della salvezza di Gemea.

Voto Recensione di Yonder: The Cloud Catcher Chronicles - Recensione


6.5

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