Siamo sempre qua a ripeterci che non ci sono mai novità nel panorama videoludico, ma quando queste arrivano, puntualmente, ci passano sotto il naso senza la benché minima nostra attenzione. Questo rischio lo corre anche WARSHIFT, un titolo molto difficile da inquadrare, che mescola al suo interno tre generi differenti, alternando fasi da strategico in tempo reale a quelle da sparatutto in terza persona, non disdegnando salti nel territorio dei giochi di ruolo. Con tanta carne al fuoco, finito l’effetto novità, il pericolo è però dietro l’angolo e si rischia di scontentare i fan di tutti i generi da cui il gioco attinge, per via di meccaniche abbozzate in tutte e tre le sezioni. Lo diciamo fin da subito, questo è anche il caso di WARSHIFT, anche se con il peculiare titolo in esame, c’è una cosa da tenere necessariamente in considerazione.
Meglio soli che mal accompagnati
Prima di addentrarci nell’analisi di WARSHIFT è d’obbligo spendere qualche riga sul team di sviluppo anzi, su Cyril Megem, l’unica persona alle spalle del progetto. Come lo stesso Megem sottolinea nella sua biografia, WARSHIFT è il frutto di quattro anni di incessante lavoro, un lavoro portato avanti esclusivamente da lui, che si è occupato praticamente di tutti gli elementi di gioco, dalle musiche alle grafiche, dall’intelligenza artificiale al design delle unità. Non si può quindi non rimanere colpiti dal fatto che tutto quello che si vede e si gioca in WARSHIFT provenga dalle sole mani di Cyril Megem, ma il rovescio della medaglia con cui si deve convivere ed accettare sono le varie imperfezioni, un livello di pulizia non sempre elevato e alcune parte del gioco un po’ più grezze. Il menù iniziale ricade proprio in quest’ultimo caso, dove tra voci fluorescenti e tasti disegnati con squadra e righello ci si rende conto che WARSHIFT ha parecchie lacune dal punto di vista della rifinitura. Per fortuna, al di là dell’impatto grafico iniziale, tutto è ordinato, al suo posto ed è facile orientarsi fra le varie modalità di gioco: la campagna singleplayer, le schermaglie contro l’IA ed il multiplayer online. Per apprendere al meglio le meccaniche di un titolo così variegato, all’interno della campagna principale, WARSHIFT mette a disposizione ben quattro missioni dedicate al tutorial, grazie alle quali ci si riesce ad orientare nelle fasi RTS, TPS e RPG. A dirla tutta, non serve molto tempo per prendere confidenza con le meccaniche di tutti i tre generi, come vedremo poco più avanti. La campagna singleplayer è stata suddivisa in 4 sezioni, a loro volta composte da 3 missioni, ad esclusione di quella finale, dove la mappa da affrontare è una sola. WARSHIFT non costringe il giocatore ad affrontare una sequenza predefinita di missioni, ma lascia carta bianca per ciò che riguarda l’ordine con cui affrontare i singoli settori. Al di là della sua struttura, per una serie di ragioni la campagna non rimane certo impressa nella memoria dopo che la si è completata. Innanzitutto, Cyril Megem dovrebbe avere inserito anche una narrativa che tiene unite le varie sezioni, ma il condizionale è d’obbligo, dato che l’invasione del pianeta Enigma da parte degli Atroid, alieni contro cui si schierano le forze di resistenza della Colonial Republic, non viene praticamente nominata. A far scivolare via ancora più velocemente questa modalità ci pensa il poco tempo necessario per portare a termine tutte le missioni, alcune delle quali, senza voler utilizzare iperbole, abbiamo completato in meno di due minuti. A conti fatti, a lato del tutorial, tutta la campagna principale pare essere stata inserita in WARSHIFT solo per permettere al giocatore di prendere confidenza coi comandi, con i punti di forza e di debolezza delle unità e con il sistema di raccolta risorse e costruzione. Se amate macinare ore di gioco in solitario, WARSHIFT mette inoltre a disposizione le classiche partite rapide contro l’IA, dove si possono scegliere liberamente la mappa, le condizioni meteo o la velocità della partita, ma è la componente online che con ogni probabilità determinerà le future fortune di WARSHIFT. Già a pochi giorni dall’uscita i server sono ben popolati e sono supportate partite anche fra schieramenti composti da tre persone, sia in PvP che in Co-op. Inoltre, gli aggiornamenti arrivano di frequente, Cyril Megem ha instaurato un canale diretto con la community e non è difficile ipotizzare che dal feedback dei fan derivino nuovi contenuti per questa modalità.
La parte strategica…
Un po’ strategico, un po’ sparatutto in terza persona e con elementi ripresi dai giochi di ruolo: ma esattamente come convivono i tre generi in WARSHIFT? E, soprattutto, funzionano tutti quanti? Iniziamo con il dire che le il titolo non propone fasi o pezzi di missioni da giocare obbligatoriamente con la classica visuale isometrica dall’alto oppure con quella alle spalle dell’eroe che si sta guidando: tramite un semplice click, WARSHIFT passa rapidamente dalla sua natura di RTS a quello di TPS, dando così al giocatore carta bianca sul come affrontare la partita. Partiamo quindi con il lato strategico: in questi frangenti, WARSHIFT si inserisce nel filone degli RTS più canonici, basati sulla raccolta delle risorse, sulla costruzione di nuovi edifici, come torrette difensive o caserme dove arruolare nuove unità. Qualche variazione sul tema viene sì proposta, come ad esempio la necessità di attivare i “nodi” energetici per piazzarci vicino una costruzione, ma a conti fatti, se si ha dimestichezza con il genere non si fatica affatto a ritrovarsi con i passaggi richiesti. Nonostante vi siano solo due fazioni, Cyril Megem ha salvaguardato l’approccio tattico agli scontri, grazie alla buona varietà che vi è fra le unità: cyborg, carriarmati, camionette con mitraglie ed aerei futuristici sono in forza alla Colonial Republic, mentre gli Atroid possono contare su ragni troppo cresciuti, meduse fluorescenti volanti e granchi mutanti, ed ogni tipologia sopracitata risulta più o meno efficace contro una certa tipologia di bersaglio. Inoltre, durante la stessa partita, mano a mano che l’eroe cresce di livello, vengono sbloccate nuove strutture o reparti più forti. Purtroppo in questa fase il problema principale risiede nel pathing delle unità, che spesso iniziano a girovagare per la mappa, battono strade non scelte dal giocatore o, ancora, semplicemente si bloccano davanti ad un edificio perché non in grado di calcolare un percorso alternativo.
… E le fasi di shooting
Quando l’azione si fa più concitata, premendo il tasto TAB, WARSHIFT si trasforma in un TPS, in cui il giocatore gestisce il singolo eroe a capo della fazione, che può essere un t-rex robot, un carro corazzato o un ninja-cyborg-donna-fiammeggiante nel caso si utilizzino i Colonial Republic oppure una sfilza di alieni che ricordano fin troppo da vicino alcune forze Zerg se si vestono i panni degli Atroid. Mettiamo subito le cose in chiaro: se acquistando WARSHIFT siete alla ricerca di raffinate fasi di shooting o del nuovo Gears of War con tanto di sistemi di copertura, avete sbagliato di grosso. Il titolo creato da Cyril Megem funziona nella sua eterogeneità e per la sua innovazione, ma se si pongono sotto la lente di ingrandimento i dettagli – in questo caso delle sezioni TPS – di nei ne saltano fuori parecchi. Al di là della già citata e prevedibile assenza di un sistema di copertura – siete sempre dei bestioni alti come un palazzo – facendo fuoco con dei pesanti cannoni non si ha il benché minimo feedback dell’arma ed anche il sistema di puntamento non è certamente dei più precisi e spesso, soprattutto a causa della numerosità delle unità su schermo si finisce con il cliccare freneticamente con il mouse sperando di centrare il bersaglio. Queste pecche mettono purtroppo in secondo piano alcuni spunti tecnici davvero interessanti, derivati dalle meccaniche RPG. Senza che il flusso della partita si interrompa, è infatti possibile entrare nel hub dove potenziare il proprio personaggio: non aspettatevi un intricato albero dove sbloccare innumerevoli power-up, ma tra nuovi scudi, celle energetiche, razzi, palle di fuoco o raggi laser, di carne al fuoco ce n’è parecchia ed avanzando nella partita ci si rende effettivamente conto della crescita dell’eroe, in grado sul finale di far fuori da solo un intero schieramento di nemici.
Tutta la nostra analisi evidenzia come il prodotto nato dalle mani di Cyril Megem sia coraggioso e la volontà di innovare tanta, ma anche come i limiti derivanti da uno sviluppo portato avanti da una sola persona siano evidenti. C’è però un punto dove WARSHIFT non si discute, ed è la realizzazione tecnica: il gioco, mosso dall’Unity Engine, soprattutto nelle fasi strategiche, mostra un livello di dettagli veramente elevato, sia nella ricostruzione ambientale sia nelle singole unità, delle quali va inoltre lodato anche il character design, specie per gli eroi. Come detto in precedenza, le mappe, oltre che essere estese, variegate, puntellate di vulcani o di isole, sono inoltre caratterizzate da condizioni climatiche differenti – non dinamiche – le quali hanno anche delle ricadute sul gameplay, avvolgendo le unità con fitti banchi di nebbia o con scrosci d’acqua. Volendo essere pignoli, qualche incertezza viene riscontrata quando si passa in modalità shooting, con una telecamera sin troppo ballerina. Meno riuscita invece la parte audio, con musiche che spaziano dalla dub, passano alla dub ed infine ritornano ancora alla dub, ma soprattutto con un doppiaggio che produce una voce metallica e davvero difficile da capire. Concludiamo infine con la localizzazione: WARSHIFT non ha né testi né voci in italiano e, oltre all’inglese, è presente il russo ed un’altra lingua dell’est Europa che sinceramente non abbiamo riconosciuto.
HARDWARE
Requisiti minimi:– Sistema operativo: Windows 7 – Processore: 2.4 GHz Dual Core – Memoria: 4 GB di RAM – Scheda video: Nvidia GeForce GTX 560 / ATI Radeon HD 5870 – DirectX: Versione 9.0c – Memoria: 5 GB di spazio disponibile – Scheda audio: Sound: DirectX compatible sound cardRequisiti consigliati:– Sistema operativo: Windows 7 or higher – Processore: Intel Core i7 – Memoria: 8 GB di RAM – Scheda video: Nvidia Geforce GTX 780 – DirectX: Versione 11 – Memoria: 5 GB di spazio disponibile – Scheda audio: Sound: DirectX compatible sound card
– Il mix fra i generi funziona…
– Sicuramente è una novità
– Tecnicamente ben realizzato
– Gli aggiornamenti sono frequenti
-… Anche se nessuno dei due è perfetto
– Interfacce e menù molto spartani
– La campagna scorre via troppo velocemente
7.0
Analizzando WARSHIFT non si può non partire dalla sua genesi, dal fatto che sia tutto frutto dello sforzo del solo Cyril Megem che, dopo quattro anni, è riuscito a dar forma alle sue idee. Allo stesso modo non si può non premiare il coraggio e la voglia di innovare del titolo, un ibrido fra più generi, dove le sezioni non sono staccate e separate, ma tra strategia e sparattutto vi è un continuo eterogeneo che funziona molto bene. Allo stesso modo non si deve però essere ciechi o eccessivamente indulgenti sui punti deboli del gioco, che si palesano sia nelle fasi RTS che in quelle TPS e che, per chi fosse un purista di uno dei due generi, non riescono a passare in secondo piano. Tornando infine sul Cyril Megem, si nota la sua passione per quello che lui ha prodotto e che lo porta ad ascoltare di continuo il feedback dei giocatori e a migliorare patch dopo patch WARSHIFT.