Recensione

Vikings Wolves of Midgard

Avatar

a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Diablo, e ancor più il suo seguito diretto, hanno lasciato un marchio indelebile nella storia degli hack’n’slash con elementi ruolistici, segnando almeno due generazioni di videogiocatori e generando decine di cloni, alcuni più riusciti, altri meno.
Mentre il terzo episodio del franchise Blizzard aggiunge contenuti e novità con una corposa patch anche su console, Kalypso Media si inserisce nel filone e pubblica Vikings Wolves of Midgard, action RPG con visuale isometrica sviluppato dai ragazzi di Game Farm, piccolo ma ambizioso team di sviluppo slovacco, su PC, PS4 e Xbox One.
Proprio la versione per l’ammiraglia Microsoft è stata oggetto del nostro test. Se non siete mai sazi di squartare mostri di ogni foggia, probabilmente dovreste continuare a leggere.
Distruzione totale
Immaginate di tornare a casa dopo una battuta di caccia, stanchi e infreddoliti ma soddisfatti del bottino e della prospettiva di un pasto caldo in prossimità del fuoco, solo per trovare sì il fuoco, ma appiccato ovunque, alle case dei vostri consanguinei, dei vicini, con distruzione e morte che si spargono come una macchia d’olio.
Questo è, grossomodo, l’incipit di Vikings Wolves of Midgard (Vikings da adesso in poi) che mette il giocatore nei panni di un personaggio personalizzato da creare tramite lo scarno editor iniziale, che mette a disposizione una manciata di volti, barbe e tatuaggi differenti, oltre ai due sessi.
Il giocatore sarà quindi gettato in medias res e dovrà da subito imbracciare l’arma scelta nella suddetta fase di creazione del personaggio: il villaggio natale è infatti infestato da goblin (qui chiamati Tomte), giganti della neve, troll e altre mostruosità affini, che stanno razziando e decimando la popolazione degli Ulflung (soprannominati i lupi di Midgard, donde il sottotitolo) senza un motivo.
Nonostante l’avatar si faccia strada con ferocia tra le orde nemiche, la popolazione del piccolo villaggio viene dimezzata dal feroce raid e, dato che tra i caduti c’è anche il precedente anziano del villaggio, i sopravvissuti eleggono l’alter ego del giocatore a loro nuovo leader.
Invece di sedere nella sala dello jarl in attesa di tempi migliori, il nostro si dirige subito, armi in spalla, a finire l’opera che ha iniziato, facendo strage delle rimanenti forze nemiche subito fuori dal villaggio, così da mettere al sicuro i pochi concittadini ancora in vita.
Di qui, e per tutte le ore necessarie a giungere ai titoli di coda una prima volta (una quindicina circa), la narrativa dietro Vikings riserva pochissime sorprese, proponendo una storia prevedibile e lineare, che ha quantomeno il merito di sviscerare termini e figure della mitologia norrena, tanto affascinante quanto poco sfruttata in ambito videoludico.
Il tema della vendetta giustifica la mattanza continua, e si finisce presto con l’abbandonarsi al button mashing e alla gestione del loot e dell’equipaggiamento.
Coraggio o incoscienza?
Per essere un team di sviluppo che non si era mai cimentato prima con un action RPG di questo tipo, Game Farm ha dimostrato coraggio in molte delle sue scelte di game design, proponendo delle varianti rispetto alla formula base: il problema, come avrete intuito dal voto, è che quasi nessuna delle soluzioni adottate ci ha particolarmente colpito, e, sebbene concorrano a rendere Vikings abbastanza unico nel suo genere, non ne fanno né un gioco migliore della concorrenza, né  uno particolarmente consigliabile.
A partire da un gameplay classico per il genere, con orde di nemici mossi da un’intelligenza artificiale che punta più sul numero che sull’astuzia, il team slovacco ha introdotto una serie di variabili rispetto ai canoni consolidati, dalla gestione del loot a quella dei salvataggi, inserendo dinamiche inedite come quella legata al freddo.
Partiamo dal loot, anima di questo tipo di produzioni e traino per la rigiocabilità: Vikings utilizza un peculiare sistema di creazione dell’equipaggiamento, che richiede somme di denaro crescenti e materie prime, rinvenibili sul campo durante l’esplorazione, nelle numerose casse sparse per le ambientazioni e finanche abbattendo elementi interattivi delle mappe, come alberi, totem nemici o cumuli di macerie.
Il legno e il ferro sono i materiali più basici, quasi sempre richiesti, assemblando i quali è possibile creare armi, scudi e armature, contando sull’aiuto dei due fabbri presenti nel villaggio, che andranno a loro volta foraggiati per ampliarne le capacità costruttive.
Questo significa che molto raramente si incapperà in pezzi di equipaggiamento davvero degni di nota, con la sola eccezione delle boss fights: questo toglie parecchio gusto all’esplorazione, privando il giocatore dei classici momenti “wow” al materializzarsi di equipaggiamento raro o leggendario in un Diablo (o Borderlands) qualsiasi.
Anche la gestione dei salvataggi non ci ha convinto: del tutto automatizzati, senza la possibilità di attivarli manualmente, questi scattano al passaggio del giocatore in prossimità di determinati stemmi araldici, che salvano la salute rimanente e il numero di nemici abbattuti.
Questo sistema, però, costringe il giocatore a forzare il suo passaggio in determinate aree per evitare di perdere preziosi progressi a causa di una morte accidentale. Non è quindi infrequente uccidere una manciata di nemici e, ritrovandosi con la barra dell’energia dimezzata, tornare sui propri passi fino allo stemma più vicino affinché il gioco memorizzi la nostra posizione: poco intuitivo e assai poco rispettoso del tempo dei videogiocatori.
Anche la gestione delle risorse di energia è peculiare: in assenza di pozioni consumabili come nel più classico dei cloni di Diablo, il gioco affida a un oggetto, dotato di cariche limitate, le funzioni curative, con dei calderoni sparsi per le varie mappe dove è possibile ricaricarlo.
Se l’intenzione del team di sviluppo era quella di impedire l’abuso di pozioni tipico di molti congeneri, il risultato è che, essendo questi bracieri pesantemente sorvegliati dai nemici, capiterà spesso di trovarsi con poca energia vitale ma impossibilitati a curarsi, il che causa ripetuti caricamenti dal checkpoint più recente.
Questo problema è particolarmente evidente a partire dal terzo dei quattro livelli di difficoltà selezionabili inizialmente, a cui abbiamo fatto ricorso dopo aver verificato la pochezza del livello di sfida normale: una volta alzato il livello, però, abbiamo trovato uno scarso bilanciamento della difficoltà, che varia dall’impegnativo ma fattibile dei mob comuni al quasi impossibile dei boss di fine livello.
Questi, dotati di pattern di attacco vari e letali, dispongono di barre della vita estremamente estese, che, complici le suddette limitazioni sugli oggetti curativi, prendono il giocatore per stanchezza: con sole tre cariche (aumentabili quando i buoi sono già scappati…), è fisiologico soccombere sul lungo periodo.
In ultimo, ci è piaciuta poco quella che è l’introduzione che maggiormente distingue il prodotto dalla concorrenza, ovvero quella di una barra della temperatura corporea: quando lontani da una fonte di calore, questa si riempie progressivamente, causando dapprima il congelamento del nostro eroe, che lo immobilizza e lo espone ai colpi nemici, e poi dei danni consistenti nel tempo.
Sommando questa scelta di game design alla discutibile distribuzione dei focolai sulle mappe e alla esasperante lentezza con cui si muove l’avatar del giocatore, si ottiene che il gelo si rivela spesso assai più pericoloso dei nemici.
Ci siamo trovati spesso in situazioni in cui la scelta era tra il tirare dritto dinanzi ai mob, così da arrivare in tempo al prossimo falò ma prendendo diversi colpi gratuiti nel processo, oppure fermarsi a combatterli ma vedere rapidamente riempirsi la barra del gelo, finendo quindi con il subire comunque danni ingenti.
Non tutto funziona male, sia chiaro: nei suoi momenti migliori, Vikings riesce a regalare un divertimento accessibile e spensierato, con una discreta varietà di nemici e un buon assortimento di armi e stili di combattimento differenti, ma quasi tutte le feature che dovrebbero distinguere il prodotto dalla concorrenza finiscono con il limitarlo invece che impreziosirlo.
Freeze!
Le cose non vanno troppo meglio sul versante tecnico, nonostante un character design gradevole e una serie di ambientazioni evocative e sufficientemente variegate, che pescano a piene dai topoi tipici della mitologia nordica, come grotte innevate, ghiacciai, rovine abbandonate e desolate tundre piene di relitti di navi.
La povertà delle texture non rende giustizia al buon lavoro fatto sotto questo punto di vista, e, soprattutto, il framerate soffre in tantissime circostanze: su Xbox One, abbiamo assistito a diversi freeze temporanei del gioco, che nelle situazioni più concitate può arrivare a bloccarsi per un paio di secondi prima di riavviarsi come nulla fosse.
Eventi abbastanza rari, va detto, ma non così infrequenti da non meritare una menzione: ben più comuni sono invece delle incertezze momentanee, perdite di frame derivate dal sovraffollamento dello schermo delle quali avremmo fatto volentieri a meno.
Da segnalare la presenza di una modalità New Game Plus e del multiplayer online, ma, purtroppo, anche l’inspiegabile assenza di una cooperativa in locale, che avrebbe reso assai più godibile Vikings in compagnia di un amico in carne ed ossa.

– Diverse idee nuove…

– Buon utilizzo della mitologia norrena

– NG+ e buona quantità di contenuti

– …malamente implementate

– Framerate ballerino

– Loot poco entusiasmante

– Problemi nel bilanciamento della difficoltà

– Niente co-op locale

6.0

Dispiace non poter andare oltre la sufficienza nel votare un prodotto sviluppato con coraggio da un piccolo team di sviluppo, ma quasi tutte le scelte di design adottate si sono rivelate armi a doppio taglio, capaci sì di differenziare Vikings dalla massa dei suoi congeneri ma anche di detrarre dall’esperienza di gioco e dal divertimento.

In particolare, non abbiamo gradito la gestione delle fonti di calore e dei punti di salvataggio, così come il bilanciamento della difficoltà, troppo permissiva a livello normale ed esageratamente rigida ai due livelli superiori.

Agli appassionati del genere il titolo potrebbe comunque non dispiacere, a patto che si siano già esplorate soluzioni qualitativamente migliori, come Diablo III, Bastion, Hyper Light Drifter e finanche Torchlight, disponibile via retrocompatibilità.

Voto Recensione di Vikings Wolves of Midgard - Recensione


6

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