Recensione

Verdun

Avatar

a cura di Specialized

Non staremo qui ad annoiarvi con nozioni storiche sull’atroce battaglia di Verdun combattuta tra Francesi e Tedeschi dal febbraio al dicembre del 1916. Vi basti sapere che quella attorno all’omonima cittadina francese rimane uno dei “macelli” bellici più impressionanti di sempre, con un costo di vite umane pari a oltre 700.000 morti nel corso di dieci mesi. Un inferno fatto di fango, trincee, assalti suicidi, gas, condizioni igieniche inesistenti, malattie e mutilazioni che ora M2H e Blackmill Games hanno portato su PC sotto forma di uno sparatutto multiplayer in prima persona, sulla scia di Red Orchestra e di altri FPS ben lontani da ottiche “hollywoodiane” care a Battlefield e a Call of Duty e vicini a un modo di intendere la guerra molto più realistico. Verdun è al momento disponibile su Steam a 16,12 euro con il 25% di sconto e se cercate un qualsiasi gioco che affronti la Grande Guerra fateci seriamente un pensierino, vista anche la scarsità di titoli incentrati su questa dolorosa pagina del XX secolo (Valiant Hearts, Iron Storm e pochissimi altri).
Assalti disperati
Verdun offre essenzialmente due modalità di gioco: un deathmatch tutti contro tutti fino a 16 giocatori e il ben più impegnativo e intrigante Linee del fronte, che oltre a raddoppiare il numero di giocatori vede impegnate le due fazioni nemiche ognuna con quattro squadre da quattro giocatori. Lo scopo di questa modalità è di conquistare tutte le trincee nemiche oppure, entro i 35 minuti di durata di ogni match, di conquistarne un numero maggiore rispetto ai nostri avversari. Il gameplay si basa su turni a tempo in cui dovremo prima attaccare e poi difendere e questi due diversi momenti offrono dinamiche di gioco piuttosto diverse tra loro. In fase di attacco si deve cercare di sfruttare ogni riparo possibile e qualsiasi coperture ci capiti a tiro (alberi, relitti di carri armati o aerei, buche create dai mortai), stando attenti al tempo stesso al filo spinato (non è mai bello morire dissanguati) e alla tempesta di proiettili che ci verrà contro. Quello di Verun è un approccio lento in ogni senso, anche per quanto riguarda i nostri movimenti (dovremo stare spesso sdraiati) e gli spostamenti da un riparo all’altro. D’altronde sperare di combinare qualcosa in questo inferno buttandosi in campo aperto come faremmo in molti sparatutto è un’illusione bella e buona. Le trincee da conquistare sono inoltre piuttosto lontane tra loro e ciò costringe da un lato a muoversi il più rapidamente possibile, ma dall’altro l’approccio lento e ragionato deve per forza rimanere una costante e questo “paradosso” crea un andamento di gioco molto intrigante. Anche perché, nel caso il nostro assalto fallisse, bisogna tornare il più presto possibile alla nostra trincea per difenderla e, se al termine del conto alla rovescia siamo ancora in campo aperto, verremo considerati dei disertori e fucilati immediatamente. 
Quando la guerra fa rima con realismo
Verdun propone aspetti interessanti anche in fase difensiva, quando cioè dobbiamo resistere per un tot di tempo agli assalti nemici. In questo caso, come succede per il Deathmatch, l’azione si svolge solo all’interno delle trincee e c’è sicuramente molta meno libertà di movimento ma anche più una sensazione di calustrofobia e di pericolo imminente. In queste sezioni di gioco bisognerà darsi a del sano cecchinaggio, controllando al tempo stesso quali zone della trincea sono scoperte (lo si capisce dalla minimappa), indossando le maschere antigas se giochiamo nei panni di un soldato francese e destreggiandoci su più fronti, visto che i giocatori avversari non ci attaccheranno solo frontalmente. In questa modalità Verdun non rinuncia a un sistema di esperienza, che fa guadagnare punti necessari a ottenere armi extra e accessori (ad esempio un mirino di precisione più efficace). Quello che più convince del gioco, ma che potrà anche causarne l’odio da parte di molti giocatori, è il suo senso di grande realismo. Dei movimenti lenti e del “peso” del nostro corpo abbiamo già detto, ma non si tratta solo di questo. Spesso basta un colpo ben assestato per spedirci all’altro mondo e anche quando siamo feriti o quando siamo vicini a un’esplosione saremo incapacitati ad agire per qualche secondo, che potrebbe però rivelarsi fatale. La barra della resistenza (l’unica visibile nell’interfaccia) si svuota molto in fretta e quindi scordatevi di correre per centinaia di metri senza mai riposarvi. 
L’importanza del sonoro
Grande realismo anche per quanto riguarda le armi, soprattutto nella balistica dei fucili e nei colpi dalla lunga distanza, dove bisogna considerare la traiettoria discendente del proiettile. La quantità di armi, ognuna riprodotta molto fedelmente, non delude e un altro aspetto molto intrigante è quello del sonoro; spesso, soprattutto con i gas in azione che offuscano la vista, l’unico modo per accorgersi della presenza nemica è captare i passi e le voci dei nemici e capirne la direzione. Se poi aggiungiamo il gran lavoro fatto sugli effetti sonori e sulle voci (gli spari, le urla che annunciano una carica, le grida dei soldati ecc.), la sensazione di essere veramente su un campo di battaglia è fortissima e il fatto di giocare con compagni in carne e ossa aumenta a dismisura la tensione. Da tutto ciò avrete capito che Verdun, così come Red Orchestra con il suo modello tattico e “intransigente”, non è un FPS per tutti. L’inizio tra l’altro, mancando un vero e proprio tutorial in-game, può essere traumatico e il consiglio è di farvi prima le ossa con qualche partita in Deathmatch se non volete entrare subito nel cuore del gioco e morire dopo pochi secondi. Lo stesso comparto grafico, comunque pregevole visto il tipo di produzione, convince a metà. Se la direzione artistica non è affatto male tra effetti atmosferici, giochi di luce e una grande attenzione alla conformazione del terreno (le otto mappe a disposizione sono una diversa dall’altra), i modelli dei soldati non denotano una gran dettaglio (soprattutto nei volti), le armi sono solo sufficienti, le esplosioni appaiono un po’ povere e l’ottimizzazione del tutto non ci è parsa delle migliori, con improvvisi rallentamenti anche in situazioni più tranquille e non tali da mettere sotto stress la GPU. Insomma, non un grande FPS sul versante tecnico, ma in questo caso la grafica conta fino a un certo punto e comunque la resa visiva è tale da assicurare un’immersione nel mondo di gioco molto convincente.  

– Immersione nel gioco assicurata

– Gameplay dagli interessanti risvolti tattici

– Buon senso di realismo

– Storicamente accurato

– Solo due modalità di gioco

– Il deathmatch non è granché

– Realizzazione grafica con alti e bassi

7.5

Verdun mantiene tutto sommato quanto promesso, ovvero una struttura da FPS tattico immerso in un cuore multiplayer ben costruito e in una cornice storica riprodotta con grande accuratezza. Purtroppo il comparto grafico non è il massimo e le due sole modalità di gioco possono andare strette dopo un po’, ma per il resto M2H e Blackmill Games hanno realizzato un valido sparatutto sulla scia di Red Orchestra e se vi piace questo modo di affrontare il genere, date pura una chance a questo inferno di piombo e fango.

Voto Recensione di Verdun - Recensione


7.5

Leggi altri articoli