Nella mia non troppo longeva vita posso vantarmi di aver preso un sacco di botte. Non è dovuto alla faccia da schiaffi, giuro, ho solo praticato le arti marziali miste per parecchi anni, e di solito questo comporta un bel po’ di pugni e calci ricevuti in ogni parte del corpo (vorrei inoltre ringraziare la mia amica conchiglia imbottita, per avermi salvato le pa… ahem, la pelle innumerevoli volte). Per questo motivo so cosa vuol dire ricevere una saborgia urticante sul mento e vedere tutti gli astri che fanno ciao, essere sul punto di perdere conoscenza perché un simpaticone ti sta strangolando, o venir scagliato a qualche metro di distanza per via di un calcio all’addome piazzato benissimo.
Ecco, il primo UFC targato Electronic Arts queste sensazioni le rendeva alla grande a livello visivo, grazie a volti che si deformavano, animazioni realistiche, e modelli dei combattenti dettagliatissimi. Il feeling degli impatti e il realismo effettivo della fisica però in quel gioco lasciavano a desiderare, e troppo spesso capitava di vedere combattimenti ribaltarsi senza motivazioni logiche, o KO scontati non andare a segno per chissà quale miracolosa percentuale nel sistema dei colpi. Per questo da UFC 2 mi aspettavo secchi miglioramenti nel combat system e nel motore fisico, uniti magari a qualche bella aggiunta tra le modalità e a un rimaneggiamento generale della banale carriera vista nel predecessore.
Gli sviluppatori non mi hanno regalato tutto quel che volevo, ma i miglioramenti comunque sono arrivati, suonate il gong.
Mascella di vetro
Il nuovo UFC arriva sulle attuali console con un roster quasi irragionevole di oltre 250 atleti utilizzabili. È un numero altissimo, al cui interno si trovano i combattenti più quotati del momento, e una manciata di leggende del ring e ospiti speciali – tra cui Bas Rutten, Bruce Lee e Myke Tyson.
La cura riposta nella riproduzione virtuale della stragrande maggioranza degli atleti è impressionante. Le basi del predecessore erano già solide, certo, ma qui sono state ulteriormente perfezionate, e combattere con striker esperti come McGregor è un’esperienza completamente diversa rispetto ad usare un grappler. Anche le donne sono curate nei minimi dettagli, e se la Holm picchia come un fabbro, mettersi nei panni di Ronda Rousey dà realmente la sensazione di poter caricare l’avversaria come un toro inarrestabile sia in piedi che a terra.
Gran parte del realismo deriva, come ovvio, dal sistema di combattimento, che corregge molti degli errori fatti nei precedenti titoli di EA dedicati alle arti marziali miste. Le mosse ad esempio sono aumentate in numero, avvicinandosi sensibilmente al quantitativo di tecniche che si trovavano nei vecchi UFC dell’era THQ. Lo striking è preciso e supportato da una fisica molto realistica, legata a doppio filo a una barra della stamina che si svuota piuttosto rapidamente. La resistenza ritorna con una certa rapidità, ma costringe a calcolare con attenzione quali e quanti colpi dare, o si rischia di sferrare sberle rallentate e goffe dagli effetti praticamente nulli.
Sempre per quanto riguarda i colpi, i danni sono più netti e chiari rispetto al passato. Continuare a colpire una specifica parte del corpo la manda rapidamente in stato critico, e ciò può portare a un knockout velocissimo. Al contempo però ci sono numerosi strumenti difensivi: rapide schivate, guardie al corpo e al volto, e parate secche che mettono in una posizione di vantaggio. È un bel sistema, fatto di assalti improvvisi, calcolo delle distanze, intuizione e bordate spettacolari.
Parliamo però pur sempre di arti marziali miste, dunque in UFC 2 non ci si limita a sferrare pugnoni e calci di vario genere agli avversari. Proiezioni, clinch e combattimento a terra sono estremamente importanti in questa disciplina, e vengono qui gestiti in modo leggermente più intuitivo rispetto a quanto visto in precedenza. Spiegherò innanzitutto quel “leggermente”: le transizioni a terra e in piedi in UFC 2 sono moltissime, e non facili da gestire, perché da una parte sono sempre segnalate e facilmente attivabili con la levetta analogica dedicata, mentre dall’altra girano attorno alle statistiche dei lottatori, alla stamina e alla necessità di fermare gli spostamenti nemici con counter ben piazzati non appena si sente il pad vibrare o si intuisce la volontà di muoversi dell’avversario. Sono un bel po’ di fattori da tenere a mente, e sbagliare qualcosa può portare a subire una full mount, posizione dove bastano pochi secondi per cedere ai colpi di chi sta sopra, o all’immancabile minigioco delle sottomissioni. Queste ultime non sono particolarmente complesse, tuttavia è comprensibile come una tale massa di meccaniche possa spaventare i non appassionati.
Per indorare la pillola, UFC 2 è quindi dotato di tutorial piuttosto dettagliati chiamati “sfide”, che permettono ai giocatori di allenarsi per ogni singola fase degli scontri, con i comandi spiegati decentemente prima delle prove. Per padroneggiare tutto ci vuole comunque pratica, ma ricordatevi che siamo pur sempre davanti a una simulazione di sorta, e non a un gioco arcade.
Blood and broken bones
Insomma il combat system mi ha convinto. È bello da vedere, complesso il giusto, gli atleti hanno peculiarità uniche che li rendono divertenti da usare, e la fisica è migliorata seccamente rispetto al passato. Gli unici problemi si notano se si utilizzano combattenti appena creati con statistiche bassissime, che mettono in luce l’importanza di certe specializzazioni per far funzionare il combattimento a terra, o semplicemente quella della stamina. Usare un guerriero con un punteggio attorno al 70 è un patema continuo, e le debolezze sia nello striking che nelle transizioni sono tali da rendere tedioso il sistema. Insomma, se create un atleta dovrà passare parecchio tempo prima che ve lo possiate godere davvero. Altro problemino sono alcuni sacrifici fatti dagli sviluppatori per rendere il gioco più godibile a discapito del realismo: un avversario in stato critico può comunque buttarvi a terra ed eseguire transizioni (cosa abbastanza insensata quando si è storditi per i colpi ricevuti), mentre l’IA nemica adattiva balla pericolosamente tra una gestione quasi perfetta dell’affaticamento e una debolezza marcata contro i takedown. Non basta a rovinare un gran sistema, ma incrina la godibilità di un paio di modalità di cui è arrivato il momento di discutere.
La prima è la carriera, già criticata in passato e non migliorata a sufficienza. Il team di sviluppo ha lavorato parecchio sugli allenamenti, inserendo minigiochi più apprezzabili e il rischio di infortunarsi quando si tenta di completare un esercizio di difficoltà elevata. Non è un’idea malvagia, ma la progressione risulta lentina e ci si ritrova facilmente a combattere tra i big della categoria con un punteggio statistiche ancora mediocre. Mancano inoltre completamente stimoli seri, come storyline legate a una qualche rivalità, bivi narrativi, scene tra i combattimenti che immergano l’utente nell’esperienza, e via così. È una semplice serie di scontri, dove si parte dallo show “Ultimate Fighter” e si avanza fino all’inevitabile ritiro, guadagnando fan e punti necessari ad acquistare tecniche e bonus passivi.
Appare evidente il desiderio di EA di concentrarsi anche in questo caso sulla modalità Ultimate Team, qui presente in una variante ben diversa da quella di FIFA. In pratica si creano dei combattenti con l’editor di gioco, e si sfidano altri giocatori online o l’IA per guadagnare denaro in-game e comprare pacchetti di carte di rarità variabile. I pacchetti sono divisi per qualità e categoria di peso, e contengono bonus alle statistiche, specializzazioni in certi stili, o vere e proprie mosse applicabili sul ring. Il processo di potenziamento del proprio team è lentino e si scontra con le problematiche del sistema quando le statistiche sono basse che ho descritto prima, ma l’Ultimate Team ha indubbiamente più potenziale rispetto alla Carriera o alle altre modalità presenti, praticamente solo di contorno. Ora resta solo da vedere quanto stabili saranno i server al momento del lancio.
Va detto che, tra le novità, ho trovato piuttosto carina la modalità Knockout, dove per mettere KO l’avversario basta una manciata di colpi. Specialmente con gli amici, si creano situazioni tesissime e ricche di adrenalina, che insegnano pure a gestire meglio le meccaniche difensive del gioco.
Chiudo con il comparto tecnico, assolutamente maestoso. I passi avanti nella grafica non sono stratosferici rispetto al primo UFC di EA, ma i modelli sono tra i più realistici che abbia mai visto, le animazioni rispecchiano alla perfezione le mixed martial arts reali, e il modo in cui i volti si deformano e iniziano a sanguinare sotto i colpi nemici impressionante. Davvero un lavoro tecnico sopraffino, e in generale più limato e stabile di quello precedente, nonostante qualche bug del motore fisico sia spuntato durante gli incontri. Da urlo poi l’editor, che oltre a permettere di utilizzare ancora una volta l’opzione Gameface offre una modellazione dei volti complessa e tante possibilità. Avrei voluto forse qualche opzione in più nella peluria facciale e nelle corporature, ma è difficile non essere soddisfatti.
– Combat system realistico e migliorato
– Ultimate Team interessante
– Roster enorme
– Tecnicamente impressionante
– Il combat system ha ancora qualche problema
– Carriera banale e ripetitiva
– Qualche cedimento nel realismo dell’esperienza
UFC 2 è un sensibile passo avanti rispetto al predecessore in termini tecnici e di meccaniche, ma la sua modalità carriera resta ancora carente, e alcuni fattori meritano di venir ritoccati ulteriormente. Per i fan della disciplina è difficile non consigliarlo, visto il roster mostruoso e l’elevata qualità generale del prodotto. Se però i combattimenti online non vi interessano e volete solo godervi un’appassionante esperienza in singolo, pensateci bene prima di buttarvi sulla confezione.