Meno cinque. Sì, ormai sono cinque le puntate che ci separano dalla fine di questo ritorno a Twin Peaks. Si continua, senza sosta, senza tregua. Le storie dei protagonisti vanno avanti seppur, almeno per questo episodio, molto a rilento.
Lenta. Pesante. Questa puntata non si può definire diversamente. Dopo una puntata interamente veicolata dalle immagini, dal bianco e nero e dal colore improvviso, dopo una puntata molto più vicina alle atmosfere classiche di Twin Peaks, si arriva al punto di pensare che Lynch voglia più dedicarsi ad un esercizio di stile, abbandonando la narrazione coesa e coerente.
Poco per volta
Tutto il resto dell’episodio potrebbe riassumersi così: situazioni un po’ a caso. Le uniche due parti che hanno senso sono quelle dedicate a BOB/Cooper e Dougie/Cooper. Il primo è riuscito a scappare di prigione, è morto, resuscitato ed è tornato sulla vecchia strada, cercando informazioni sul maggiore Briggs. Il secondo, invece, è diventato l’idolo un po’ di tutti: della moglie, dei fratelli Meachum, del suo capo e dei suoi colleghi. In tutto questo, tra vari tentativi di assassinio, Dougie viene costantemente bombardato da tazze di caffè e torte alla ciliegia.
Un brusco stop
La puntata non ci offre nulla di nuovo. Si continua sulla falsariga degli episodi precedenti. Le parti precedenti avevano, comunque, una parte preponderante di sviluppo dei personaggi e delle situazioni. Stavolta, invece, le uniche due situazioni d’interesse si risolvono rapidamente, quasi istantaneamente. Di nuovo, si dedica tantissimo spazio ad Audrey ma, costantemente, non riusciamo a capire cosa stia succedendo. Si passa anche a Nadine, a Sarah Palmer ma niente. Zero. L’unico interesse è rappresentato dalla questione Blue Rose e dalla scomparsa del maggiore Briggs. Mentre, dall’altra parte, la situazione Dougie Jones sta diventando quasi snervante, esasperante e sempre più grottesca. I personaggi di Twin Peaks sono sempre stati bizzarri, ma questi stanno quasi arrivando al limite dell’idiozia più pura e genuina.
Dopo due-tre puntate ricche di avvenimenti e colpi di scena, David Lynch decide di nuovo di abbassare il ritmo. La creatura è sua, Twin Peaks è il suo parco giochi e ci tiene a ricordarcelo costantemente. Se venti minuti sono appassionanti, gli altri quaranta presentano situazioni non-sense. Non è facile abituarsi a questo David Lynch. Quando arriviamo ad abituarci ai suoi lampi, veniamo puntualmente smentiti.
Ci vuole più impegno, più energia e più sostanza. La metatelevisione di Lynch ha un grosso limite: non è di facile interpretazione. Twin Peaks o si ama o si odia. Per quanto un fan possa apprezzare la serie, questi episodi non fanno altro che allontanare i fan più recenti, andando incontro ad un’estetica più raffinata e, allo stesso tempo, più difficile da capire e amare. Questa narrazione spezzata, quasi sopra le righe, non fa che ricordarci quanto Lynch voglia essere sé stesso. Senza compromessi. Andando così a colmare quelle mancanze cruciali lasciate alla seconda parte della seconda stagione di Twin Peaks.
La storia di Bob e Dougie
Probabilmente, questo tredicesimo episodio è il peggiore di questa nuova stagione di Twin Peaks. Sembra quasi di avere la costante sensazione che David Lynch abbia voluto mettere alla prova gli spettatori, spingendoli al limite della sopportazione. È impossibile pensare a qualcosa di diverso da un semplice filler. Incredibile, comunque, pensare che a cinque episodi dalla fine della stagione, sia successo, paradossalmente pochissimo. La speranza è che il ritmo cominci a rialzarsi dalla prossima puntata, cominciando a tirare la volata per quel finale di stagione che dovrà chiudere, almeno si spera, tutte le questioni rimaste irrisolte nel corso, non solo di questo Ritorno, ma anche quelle aperte da, ormai, più di venticinque anni.