Recensione

Turning Point: Fall of Liberty

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a cura di andymonza

Lo sparatutto è per sua stessa natura il genere da cui meno ci si aspetta una qualsivoglia profondità narrativa; salvo rare eccezioni, i titoli appartenenti a questa categoria mirano infatti ad un coinvolgimento basato più sull’azione stessa, che sulle motivazioni che spingono ad agire.

In questo contesto Turning Point: Fall of Liberty è riuscito, nei mesi passati, a destare più di un interesse, grazie ad un concept fantapolitico davvero affascinante. Prendendo spunto da alcuni mostri sacri della fantascienza come Philip Dick ed Harry Turtledove, i ragazzi di Spark Unlimited si sono chiesti come sarebbe andata la seconda guerra mondiale, se quel taxi che nel 1931 condannò Winston Churcill all’uso del bastone per il resto dei suoi giorni, l’avesse invece ucciso sul colpo, lasciando l’Inghilterra, e l’Europa tutta, orfane della sua preziosa guida.Ed è così che proprio mentre i bombardieri tedeschi oscurano il cielo di New York seminando morte e distruzione, apriamo gli occhi, irrompendo nella classica “giornata come tante altre” di un modesto operaio edile; e non si tratterà di un risveglio tranquillo, poichè ci ritroveremo sulle impalcature di un grattacielo in costruzione, costretti ad una fuga mozzafiato mentre tutto intorno a noi esplode e precipita.

Dalle stelle alle stalleFar piombare ex abrupto il giocatore in un tale caos, dove correre per la propria vita è l’unica alternativa, si dimostra una mossa vincente, ed i primi minuti di gioco scorrono via intensi e velocissimi; troppo veloci forse, dato che terminata la fuga, laddove inizia il gioco vero e proprio, cominciano anche le perplessità. Assistendo alle primissime azioni nemiche, siamo rimasti quantomeno interdetti dalle animazioni legnose e dall’intelligenza artificiale pressochè inesistente, laddove l’unica cosa che essi sembrano in grado di fare è correre senza meta e sparare a casaccio. Il senso di inquietudine provocato da tali stranezze, si è amplificato via via sempre più, man mano che ci siamo addentrati nei meandri di una New York devastata dalle bombe. Ogni singola azione cui si assiste è vistosamente scriptata, il che corrompe del tutto l’immersività e soprattutto il senso di libertà del giocatore; a peggiorare la situazione, ci si accorge fin troppo presto di essere intrappolati in una realtà a senso unico, dove tutto quello che possiamo fare è correre avanti, sterminare ondata dopo ondata di tedeschi statici e poco convinti, ed occasionalmente aggrapparci ad una sporgenza o attivare qualche sporadico elemento interattivo. Se presi da soli i soldati nemici risultano poco convincenti, quando attaccano in massa l’effetto è imbarazzante; ben lungi dall’osare qualsivoglia azione di gruppo, essi si limiteranno a correre all’impazzata, rendendosi bersagli fin troppo facili da falciare. Di questo, tuttavia, non sembrano voler approfittare i nostri compagni, anch’essi gestiti dalla medesima famigerata IA, che spesso e volentieri vi saranno più d’intralcio che d’aiuto.Data la natura caotica ed insensata delle routine amiche e nemiche, se così si possono chiamare, tutto quello che dovremo fare per avere la meglio è dimenticarci qualsiasi approccio tattico, e sparare senza sosta a qualunque cosa attraversi il nostro campo visivo; “John Rambo” docet, ma ciononostante non è quello che gli sviluppatori intendevano creare, nè quello che il videogiocatore di oggi si aspetta.Capiterà a volte di rimanere fermi nello stesso punto per diversi minuti, senza mai levare il dito dal grilletto, tanti sono i nemici che gli sviluppatori hanno deciso di scagliarci contro ad ogni barricata o copertura esistente. Il corpo a corpo si limita a delle “mosse finali” in stile Turok attivabili tramite le pressione di un tasto, mostrate tramite brevi sequenze in terza persona. L’unica mossa interessante è lo “scudo umano”, dove afferrato il malcapitato di turno potremo portarcelo in giro per un po’ sparando alle sue spalle.L’unica variante effettiva al gameplay è rappresentata dall’attivazione delle bombe, che troveremo proposta più e più volte nel corso dell’avventura: essa consiste in un minigoco che ci vedrà impegnati nel collegare 3 fili di colore diverso ai relativi morsetti, per poi stringere le viti, premere il pulsante, e darcela a gambe in attesa del botto. Nemmeno questa trovata riesce ad essere del tutto convincente, dato che non rappresenta in alcun modo una sfida, ed in ogni caso non si tratta di un espediente sufficiente a risollevare le pessime condizioni generali del gameplay.Per quanto New York sia solo la prima di tre città che aiuteremo a liberare, non aspettatevi grandi sorprese per le vie di Washington e Londra: linearità ed Idiozia Artificiale la faranno da padrone dall’inizio alla fine.

Beyond UnrealIl comparto tecnico non fa che peggiorare la situazione, a partire dai modelli poligonali, rozzi ed appena abbozzati, passando per le texture, alcune delle peggiori e più spalmate che l’industria videoludica abbia offerto di questi tempi, per finire con l’effettistica, grossolana ed inconsistente. La fisica è praticamente inesistente, il clipping abbondantissimo e come se non bastasse il frame rate non è dei migliori, e spesso soggetto a rallentamenti.Sapere di cos’è capace l’Unreal Engine 3, e vederlo implementato così, ci ha dato la dimensione dell’incuria con cui questo titolo è stato confezionato, davvero imperdonabile visto il periodo di sviluppo non breve, ed i proclami sensazionalistici che ne hanno preceduto il rilascio.Il comparto sonoro si rivela anch’esso carente sotto diversi fronti. Dopo qualche minuto di gioco vi ritroverete irrimediabilmente a disattivare le musiche di gioco, mal euqalizzate ed invasive, la limite dello snervante.Gli effetti sonori di armi, esplosioni e veicoli non hanno nè la personalità nè la qualità sufficienti e giustificarne la promozione.Il design è forse l’unico elemento salvabile, e riesce a regalare alcuni sfondi e panorami davvero ispirati, ma quando si guarda all’ambiente di gioco si rivela nondimeno piuttosto monotono ed anonimo.

L’ultima spiaggiaAvevamo cominciato il nostro breve excursus parlando di come plot elaborati ed FPS non siano mai andati molto d’accordo. Preso atto che Turning Point non è in grado di guadagnarsi la sufficienza nè sul fronte gameplay nè tantomeno per il comparto tecnico, ci siamo attaccati alla speranza che la sceneggiatura sfruttasse almeno in parte le ottime premesse. Neanche a dirlo, arriverete a fine gioco conoscendo del protagonista le stesse identiche cose che sapevate in principio: nome e professione. L’affascinante concept va completamente in fumo, grazie a superficialità e scontatezza come di rado se ne sono viste.La longevità si attesta sulle 5-6 ore circa, e le sole due modalità deathmatch del multiplayer, nonchè l’esiguo numero di mappe, riescono a fare di Turning Point: Fall of Liberty un titolo di scarso spessore anche quanto a durata.

– Alcuni elementi del design

– Intelligenza artificiale inesistente

– Comparto tecnico datato, mal implementato, e poco sviluppato

– Longevità scarsa

– Multiplayer inconsistente

– Plot promettente ma poco sviluppato

4.0

Lo sconcerto che è seguito alle sessioni di prova di Fall of Liberty è stato per la maggior parte dovuto alla pompa magna che sta accompagnando il lancio del prodotto, ed al prezzo pieno della scatola.

Un’uscita più in sordina, e soprattutto un prezzo budget, avrebbero quantomeno salvato le apparenze, e collocato questo prodotto, carente sotto tutti i fronti, in un contesto decisamente più consono.

Seppur a malincuore, non possiamo che bocciare su tutta la linea il titolo di Spark Unlimited, limitandoci a sperare che questo fallimento serva perlomeno da monito per meglio contestualizzare le future produzioni.

Voto Recensione di Turning Point: Fall of Liberty - Recensione


4

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