Grazie all’impegno dei distributori di NIS America diversi titoli appartenenti alla serie Touhou stanno finalmente lasciando la terra nipponica per approdare oltreoceano. L’ultimo arrivato nel vecchio contenente appartenente a questa particolare serie, solitamente composta da shooter, è uno spinoff che si distaccca dai canoni classici a cui siamo stati abituati finora. Il prodotto rientra nel genere dei roguelike, per cui ancor più incuriositi da questi elementi, ci siamo addentrati nell’analisi di questo titolo.
Inizia l’avventura
Il titolo di cui vi andremo a parlare oggi, Touhou: Genso Wanderer, uscì originariamente in Giappone nel 2015 e arriva sul nostro mercato dopo un’attesa di circa due anni. Partiamo subito con le premesse narrative del titolo: la storia, relativamente semplice, ha l’unico scopo di metterci in condizione di giocare: interpreteremo l’eroina della serie, Reimu Hakurei, che assisterà a una strana trasformazione dell’amico umano Rinnosuke dopo aver toccato una curiosa sfera dorata da cui lui non voleva staccarsi. Curiosamente, nella versione da noi provata, la cutscene iniziale con cui è stata introdotta la storia presentava esclusivamente sottotitoli giapponesi: una mancanza della lingua inglese decisamente curiosa da parte dei traduttori, nulla comunque di irrisolvibile con una tempestiva patch. Non preoccupatevi comunque perchè gli avvenimenti verranno spiegati all’interno dei dialoghi, questa volta interamente sottotitolati in inglese: scelta più consona alle conoscenze del pubblico europeo.
Meno chiacchiere, più azione
A proposito di dialoghi, come consuetudine di numerose produzioni nipponiche, dobbiamo sottolineare che ce ne sono in enorme quantità durante tutta la fase introduttiva e anche in determinati livelli del gioco; purtroppo la maggior parte di essi risulta poco ispirata e fatica a intrattenere il giocatore durante il corso dell’avventura. Troviamo quindi opportuna la scelta di averli resi saltabili o comunque poco utili alla comprensione finale della trama. Per fare un paragone, anche la serie Neptunia presenta una grande quantità di dialoghi, ma in quel caso l’umorismo e il buon livello generale della sceneggiatura riescono a renderli sufficientemente godibili. Altri punti negativi su cui abbiamo storto un po’ il naso sono lo stile grafico fin troppo semplicistico, frutto di una natura cross-platform e che si fa notare sopratutto nella versione per Playstation 4, e anche una colonna sonora a nostro parere fin troppo anonima.
Dungeon misteriosi
Conclusa questa necessaria premessa, possiamo concentrarci sull’analisi del gameplay vero e proprio. Come già citato si tratta di un roguelike, chiaramente ispirato a serie come Mystery Dungeon o Shiren the Wanderer: dovremo cercare di attraversare i diversi dungeon dall’inizio alla fine in un sol colpo, pena il dover ricominciare da capo tornando al livello 1. Come da tradizione per questo genere, il gioco sa essere molto punitivo dato che i dungeon verranno generati proceduralmente a ogni nostra run e molte morti nascono da situazioni (non previste) a cui non è praticamente possibile sfuggire; un minimo di frustrazione è dunque inevitabile, sopratutto se avevamo fatto una “run” fino ad allora praticamente perfetta.
A differenza di altri esponenti del genere dobbiamo sottolineare come Genso Wanderer cerchi di non castigare eccessivamente il giocatore, consentendogli di tenere tutti gli oggetti fino ad allora raccolti; tra questi sono inclusi gli equipaggiamenti, che anch’essi possono guadagnare livelli durante i dungeon e che dunque evolvono parallelamente a quanto fatto dal giocatore.
Capite bene che in ogni nostra run avremo sempre un piccolo vantaggio che ci permetterà di arrivare facilmente più in là nell’avventura: non vi è neanche possibilità di fare grinding, dato che il gioco cercherà di punirci qualora stessimo per più tempo del normale in un livello e potremo solo avanzare, senza accedere a mappe già affrontate. L’unico modo per poter sopravvivere è dunque quello di cercare di sconfiggere quanti più nemici possibile durante le naturali fasi dell’esplorazione alla ricerca del punto di accesso al livello successivo, cercando di tenere sempre a portata di mano un inventario perfetto per ogni tipo di situazione. In questo gioco non avremo solo la barra vita, che si potrà ricaricare automaticamente o consumando oggetti, ma anche una barra “tummy” (letteralmente, “pancia”), che avrà bisogno di essere riempita regolarmente con determinati cibi per non farla arrivare al fatidico “0”: qualora questo dovesse succedere, cominceremmo a perdere punti vita, anzichè guadagnarli, fino a quando non avremo sistemato il problema.
Trappole, trappole ovunque
Potremo decidere di affrontare le nostre run da soli oppure accompagnati da un partner, a cui potremo impostare anche determinate priorità nel suo modo di agire(se seguirci, se iniziare attaccando e così via). Potremo muoverci in qualunque direzione noi desideriamo e attaccare utilizzando una delle magie da noi recuperate, determinati oggetti da lanciare addosso ai nemici, usando l’arma da noi equipaggiata (e quindi trovandoci esclusivamente di fronte ai nostri avversari, aspettandoci un’immediata contromossa nel caso il colpo non bastasse ad ucciderli) o utilizzare uno dei danmaku a nostra disposizione. Questi, come la saga insegna, sono i proiettili, utilizzabili in quantità limitata per attaccare da debita distanza; per poterli spendere avremo bisogno di un determinato numero di punti p, a seconda dell’efficacia del colpo scelto tra i 4 disponibili: lo yin yang shot, un semplice proiettile che attacca il primo nemico nella nostra direzione; il sealing needle, che colpisce tanti nemici consecutivi nella stessa linea, ideale quando ci troveremo lungo stretti corridoi; lo yokai buster, che mira in 3 diverse direzioni frontali, perfetto per indebolire diversi avversari in avvicinamento; infine il più costoso di tutti è il double barrier, che coprirà tutti gli spazi intorno a Reimu di proiettili, da usare solo in caso di emergenza e di accerchiamenti pericolosi. La difficoltà del gioco non consiste esclusivamente nella tenacia degli avversari, ma anche nell’utilizzo di alcune abilità speciali di determinati nemici e di trappole situate nelle varie aree, che spesso non avremo modo di poter vedere; esse non ci danneggeranno solo in termini di punti vita, ma spesso andranno a incidere anche sui nostri oggetti, finendo per esempio con il far diminuire il nostro numero di punti P fino a 0 improvvisamente, togliere o rendere completamente inutile parte del nostro inventario e tanto altro.
Durante la nostra scalata alcuni livelli saranno dei veri e propri punti di ristoro, in cui poter fare shopping e recuperare le energie, a patto di aver trovato abbastanza yen naturalmente.
– Gameplay semplice ma impegnativo
– I fan di Touhou lo apprezzeranno…
– Punisce, ma non troppo
– Graficamente molto limitato
– …gli altri probabilmente non molto
– Frustrante durante sessioni lunghe
– Dialoghi eccessivi e spesso noiosi
Data la natura particolare di Touhou: Genso Wanderer, possiamo dire che non è certo un videogioco da consigliare a tutti. Di sicuro gli amanti della serie, così come quelli del genere, potrebbero trovare in questo gioco un buon titolo per passare un po’ di ore di divertimento. Per tutti gli altri giocatori, però, non sembra esserci molta attrattiva, a meno che non cerchino una sfida da giocare a piccole dosi.