La strada del reboot è spesso una via perigliosa e ricca di ostacoli, per questo gran parte degli sviluppatori cercano di non distaccarsi mai del tutto dal progetto originale. Concettualmente è come scegliere con cura gli strumenti più utili da una vecchia attrezzatura in vista di una spedizione: lasci a casa quelli più arrugginiti e ridondanti, e recuperi quelli utili e inossidabili per buttarli in un sacco pieno di sfavillanti nuovi gadget.
Con marchi particolarmente noti l’operazione è facile, perché sono sicuramente molti gli aspetti degni di essere recuperati per un ritorno esplosivo. I Crystal Dynamics, invece, hanno deciso di andare controcorrente e per il reboot di Tomb Raider hanno preferito dare un taglio netto al passato della formosa Lara Croft. Addio vecchia stabile struttura a tombe, addio a tirannosauri e tigri, tanti saluti al maggiordomo chiuso nella sala frigorifera e alle piroette. Nel loro nuovo titolo Lara non è una delle più poderose eroine della storia videoludica, è una ragazzina sopravvissuta a un naufragio, costretta gioco forza a compiere azioni inumane per campare. L’idea di fondo è intrigante, ma sarà riuscito il team di sviluppo a costruirvi attorno un gioco capace di riportare miss Croft agli antichi fasti?
Robinson Crusoe fu molto più fortunato
L’avventura comincia con una giovanissima Lara Croft a bordo della Endurance, nave impegnata in una spedizione archeologica e capitanata da Conrad Roth, vecchio lupo di mare amico di suo padre. Su consiglio della ragazza l’equipaggio decide di seguire la strada meno battuta, visti i fallimenti delle precedenti spedizioni, ma tutto prende improvvisamente una pessima piega quando una terribile tempesta innaturale spezza la nave in due e trascina l’intera ciurma su un’isola misteriosa. Persa in un lembo di terra in mezzo al nulla e separata dai suoi amici, Lara dovrà imparare a cavarsela da sola e a difendersi dalle insidie dell’isola, molto più numerose e pericolose di quanto si possa immaginare.
Seppur la premessa sia di tutto rispetto, il modo in cui è stata trattata la narrativa in Tomb Raider: a Survivor is Born lascia molto a desiderare. Chiaramente i Crystal Dynamics hanno voluto concentrare tutto sull’evoluzione della protagonista, che passa gradualmente da fanciulla innocente a sopravvissuta inarrestabile, e all’inizio tale mossa funziona anche discretamente bene. Tuttavia, passate le prime ore, la componente survival passa completamente in secondo piano per dare spazio a un sistema nettamente meno atipico, e il giocatore si rende rapidamente conto di avere per le mani una ragazza capace da sola di compiere uno sterminio degno di Robocop. Per aggirare la possibile reazione incredula dei fan, gli sceneggiatori hanno dunque inserito scene di una brutalità notevole, davanti a cui le reazioni di Lara sono alle volte persino azzeccate. Eppure qualcosa non ingrana e ora della fine risulta evidente che per supportare le volontà dei Crystal Dynamics di proporre una storia cruda e realistica ci sarebbero volute scelte ben più coraggiose a livello di game design. Un vero peccato, perché comunque l’avventura scorre via senza troppi problemi e con qualche accorgimento la trama avrebbe potuto colpire nel segno.
One Girl Army
Mettiamo subito le cose in chiaro. Il nuovo Tomb Raider prende a piene mani dal gameplay visto negli Uncharted, al punto da risultare quasi una copia spudorata dell’opera Naughty Dog a tratti. La struttura è molto simile a quella vista nelle scorribande di Nathan Drake: si affronta una breve fase esplorativa, poi una sparatoria, poi un’altra fase esplorativa condita da qualche enigma, poi un altro scontro a fuoco, e via così fino alla fine. E’ una formula funzionale, pur mancando di originalità, ma fortunatamente Tomb Raider non vi si attiene come se fosse un dogma e osa aggiungere alcuni aspetti extra che riescono almeno in parte a donargli una discreta personalità.
In primo luogo la mobilità di Lara è nettamente superiore a quella di Drake, perché la ragazza non solo può scalare qualunque muro presenti degli appigli, ma balza come un gatto, può arrampicarsi su ripide pareti rocciose usando il suo picchetto e aprire numerose nuove vie con l’ausilio di frecce cordate e armi da fuoco. Il gioco tende automaticamente a dirigere l’eroina verso gli appigli vicini dopo un balzo, un sistema molto comodo che facilita non poco la navigazione delle complesse mappe.
Le tante capacità della protagonista hanno permesso alla software house di ambientare la campagna in una sola grande isola, navigabile a piacere in più fasi grazie a speciali “falò” che fungono da campo per il salvataggio e da trasporto rapido. Ogni locazione è circoscritta da barriere naturali, ma tutte sono estremamente estese, ed è un piacere scoprirne i tanti segreti. Tra questi i più riusciti sono le tombe opzionali, il collegamento più diretto ai precedenti capitoli e forse l’elemento più peculiare e apprezzabile della produzione Crystal Dynamics. Abbandonando momentaneamente la struttura lineare della campagna, gli sviluppatori hanno inserito numerose grotte nascoste, tutte contenenti enigmi di difficoltà variabile. Lara potrà risolvere questi puzzle utilizzando una modalità chiamata “istinto di sopravivvenza”, che evidenzia gli elementi interattivi della zona, i nemici, e gli obiettivi della missione principale.
I rompicapo sono presenti anche nell’avventura normale, ma quelli delle tombe sono più ispirati e complessi, al punto che avremmo apprezzato qualche tomba obbligata in più durante il nostro avanzare. E’ comunque un’aggiunta pregevole, che aumenta la già buona longevità dell’opera e costringe a spremere le meningi di tanto in tanto.
Gli altri elementi distintivi di Tomb Raider risiedono nel gameplay. Il gioco presenta numerosi sistemi correlati alle sparatorie e allo stealth, ma li inserisce fluidamente nel gameplay automatizzandoli. Precisiamo meglio la cosa: il titolo ha dei momenti stealth, ma non ha meccaniche attivabili manualmente legate al movimento silenzioso, Lara si limita a muoversi sempre senza far rumore e ad avere a disposizione uccisioni silenziose alle spalle o la possibilità di eliminare nemici ignari con il suo arco. Gli avversari però rispondono a sollecitazioni predefinite, reagiscono ai rumori, hanno campi visivi piuttosto estesi, chiamano attivamente i compagni una volta scoperta la ragazza e possono venir individuati più facilmente usando l’istinto di cui abbiamo parlato prima. La stessa cosa vale per il cover system, attivato automaticamente dalla protagonista in vicinanza di qualunque copertura. E’ il gioco a scegliere se Lara può entrare in cover o deve avanzare quatta quatta per non essere scoperta, una mossa che riesce a rendere il tutto più fruibile senza togliere il controllo al giocatore, visto che sta sempre al suo tempismo e all’uso di una speciale schivata direzionale decidere come e quando agire.
Concentrandoci sulle sparatorie, bisogna elogiare il feeling delle armi utilizzabili. Tutte hanno una specifica potenza di fuoco e una rosa precisa, che le rende particolarmente indicate a determinate tipologie di nemici. L’arsenale non è particolarmente esteso e si limita a un fucile automatico, uno shotgun, una pistola e un arco, con la possibilità aggiunta di usare il picchetto nel corpo a corpo. Ogni arma è tuttavia potenziabile ai falò, con parti di ricambio che possono venir raccolte da ogni vittima o da numerosi resti sparsi per l’isola. Sempre ai falò Lara ha modo di migliorare le sue skill, sfruttando l’esperienza ottenuta per abilità dedicate alle armi, alla sopravvivenza o alla caccia, utili per facilitare l’esperienza.
Tra armi ben studiate, elementi gdr, esplorazione delle mappe e struttura solida, Tomb Raider offre una campagna di altissimo livello, peraltro ricca di momenti cinematografici e di scene dal forte impatto.
Toboga!
Ad ogni modo non è tutto oro quello che luccica nelle tombe, ed è bene far presente anche alcuni difetti significativi della produzione Crystal Dynamics. Il primo è sicuramente l’eccessiva facilità del gioco che, come detto nel paragrafo introduttivo, va a grattare sul serioso impianto narrativo del titolo e garantisce di compiere vere e proprie stragi senza problemi di sorta. L’I.A. nemica è aggressiva, ma in normal manca molto spesso il bersaglio, non segue strategie precise, e si limita a mettersi in cover e a lanciare fastidiosi candelotti di dinamite e molotov per stanare Lara. Non è molto, specie quando si considera che la schivata a gattoni dell’eroina la rende quasi invulnerabile dagli attacchi alla corta distanza e che, una volta ottenute le abilità più avanzate dei rami di combattimento, anche gli scontri contro nemici corazzati diventano triviali.
L’altro problema è legato all’abuso dei momenti cinematografici. Nella campagna si fa una vera e propria indigestione di scene in cui miss Croft scivola per dozzine di metri giù da cascate o pareti scoscese, senza contare l’eccesso di fasi in cui ci si ritrova a fuggire da un luogo che sta crollando. Siamo consapevoli che scappare da un palazzo che va a pezzi è un’azione spettacolare, ma anche in un videogioco dovrebbero esserci limiti alle strutture demolibili, perdiana.
Ultimo elemento non brillantissimo della produzione è il multiplayer, che pare integrato un po’ forzatamente. Ci sono vari personaggi selezionabili, ma la personalizzazione degli stessi è piuttosto limitata, con loadout semplicistici uniti a un numero degno di abilità sbloccabili salendo di rango. Le modalità e le mappe sono pochine, cosa che difficilmente farà decollare il gioco online, ma perlomeno le sparatorie sono divertenti e gli sviluppatori hanno modificato alcune meccaniche rendendo manuale l’azione di chinarsi dietro alle coperture. Un’aggiunta carina, che non sembra in alcun modo aver intaccato la qualità dell’esperienza in singolo.
L’importanza della canottiera
Tecnicamente Tomb Raider stupisce. L’isola dove l’avventura è ambientata è splendida e offre paesaggi magnifici di ogni tipo, da montagne innevate ad antiche rovine. Lodevole anche la qualità dei modelli e delle texture, con ottime animazioni e una buona espressività dei volti dei personaggi principali. Qualche bug correlato alla mobilità della protagonista e al ragdoll dei modelli non basta a sminuire un comparto grafico sopraffino.
Questo non è un gioco per pischelli, visto che i Crystal Dynamics non ci sono andati leggeri con la violenza delle circostanze. Lara ha continuamente a che fare con momenti capaci di frammentare la psiche del più duro tra gli uomini, e mentre vedere un protagonista maschile subire tali angherie fa poco effetto, constatare le loro conseguenze su un personaggio femminile difficilmente lascia indifferenti.
Ottime le musiche e il doppiaggio, e lodevole la longevità. Parliamo di una campagna principale da circa 10 ore, che crescono di molto se si decide di cercare ognuno dei tantissimi collezionabili sparsi nelle varie aree e di affrontare ogni singola tomba opzionale.
– Gameplay solidissimo che presenta sistemi automatizzati con criterio
– Campagna piuttosto longeva e molto ben strutturata
– Tecnicamente notevole e ricco di scene spettacolari
– Il multiplayer è pur sempre un’aggiunta gradita
– Manca di caratteristiche davvero distintive e di scelte di game design coraggiose
– La narrativa non colpisce nel segno per via della struttura del gioco
– Abuso di scene cinematografiche
– Difficoltà bassa e I.A non brillante
I crediti conclusivi di Tomb Raider: a Survivor is Born recitano “grazie per aver giocato al nostro titolo, è il migliore che siamo in grado di sviluppare”, e non c’è dubbio che i Crystal Dynamics abbiano messo l’anima nel loro ultimo lavoro. Il reboot delle avventure di Lara Croft è un action-adventure incredibilmente curato, che offre una campagna longeva e appassionante e un gameplay ben calcolato e solidissimo. Siamo dubbiosi però sul fatto che sia il massimo che questi sviluppatori sono in grado di creare. Quello che hanno sfornato è un gioco di altissimo livello, ma che propone principalmente elementi già visti in alcuni dei migliori esponenti del genere e non riesce a mettere in campo caratteristiche distintive davvero uniche. Con un po’ più di coraggio e un’enfasi maggiore sull’elemento survival sarebbe stato un videogame davvero indimenticabile, così come lo erano i primi capitoli.