Recensione

Tokyo Xanadu

Avatar

a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Dimenticata dal produttore e dal mercato mainstream, quantomeno in occidente, PlaystationVita continua a macinare titoli interessanti, spesso appartenenti a generi di nicchia ma nondimeno meritevoli di attenzione.
Tokyo Xanadu, action RPG dai creatori di serie storiche come quella di Ys e, più recentemente, di Legend of Heroes, appartiene sicuramente a questa categoria: abbiamo speso decine di ore in compagnia della versione per la piccola di casa Sony, che sarà seguita, nei prossimi mesi, da quella per PS4, che dovrebbe anche contenere materiale narrativo inedito.
Vediamo perché potrebbe non esserci bisogno di aspettare.
Persona 5 wannabe
Chi conosce la lunga storia di Falcom, artigiani dei giochi di ruolo da tempo immemore, non si stupirà nel sapere che l’aspetto meno riuscito della produzione è rappresentato dalla trama: il team giapponese si è sempre concentrato sul gameplay delle sue creature, tanto che la stessa saga di Ys, probabilmente la più famosa tra le proprietà intellettuali di Falcom, si limita a intrecci semplici, basando piuttosto il suo appeal sul senso di scoperta e di esplorazione.
Tokyo Xanadu riprende moltissimi dei topoi narrativi della serie Persona, e, in particolare, le somiglianze con il quinto capitolo sono lampanti: a salvare in calcio d’angolo il team di sceneggiatori c’è il fatto che la pubblicazione giapponese di Tokyo Xanadu risale al 2015, antecedente di circa un anno a quella del best seller Atlus, e quindi le similitudini non possono che essere casuali, figlie dell’attuale scuola giapponese di game design e dell’autarchia che il mercato nipponico sembra autoimporsi da qualche anno, con la stragrande maggioranza dei prodotti ambientati in patria.
Le vicende ruotano attorno a Kou Tokisaka, adolescente giapponese tutto lavori part time e scuola, che si arrabatta per pagare l’affitto e condurre, nel contempo, un minimo di vita sociale: una sera, dopo aver staccato dal lavoro, intravede una sua compagna di scuola seguita da due tipi poco raccomandabili, e, da buon cavaliere senza macchia, decide di intervenire…solo per scoprire che non solo la sua amica (Asuka Hiiragi) se la sa cavare benissimo da sola, ma è anche parte di un’organizzazione segreta, chiamata Nemesis, che si occupa di ripulire Morimiya City (città immaginaria ma basata su quella dove hanno sede gli uffici di Falcom) dai Greed.
Questi ultimi sono incarnazioni delle emozioni negative, anche inconsce, degli abitanti della cittadina, che causano squarci nel tessuto spazio temporale, sotto forma di dungeon popolati di aberrazioni: inutile dire che il nostro Kou scoprirà presto di essere in grado di affrontare questi mostri, come altri dei suoi amici di sempre, e questo lo porterà ad affrontare un’ampia gamma di emozioni umane e di mostri ad esse collegati.
Se Tokyo Xanadu fallisce nel proporre un plot avvincente, dando vita a situazioni già viste e soffrendo di una congenita verbosità dei personaggi, quantomeno riesce a caratterizzare bene il gruppo dei giovani protagonisti, complici delle grandi prove attoriali dei doppiatori giapponesi, non a caso citati ogni volta che un nuovo personaggio fa la comparsa su schermo.
Ritmo e labirinti
Se gli sceneggiatori di Falcom non vinceranno alcun premio dell’Academy, il rovescio della medaglia è rappresentato dal gameplay, che, come praticamente tutti i titoli della software house nipponica, riesce a coinvolgere e divertire chiunque non nutra un odio profondo verso gli action RPG.
A livello di meccaniche di gioco, infatti, Tokyo Xanadu somiglia moltissimo agli episodi più recenti della serie Ys, caratterizzato da un combat system veloce, tecnico, a metà tra il gioco di ruolo e l’action game puro: qui si combatte in una serie di dungeon mediamente brevi, abbastanza banali nel level design e popolati di nemici visibili sulla minimappa (sebbene si possa disabilitare questa opzione), fino a giungere ad un boss finale, decisamente il punto più alto di ognuno dei labirinti esplorati.
Il combat system è tanto semplice da apprendere quanto profondo se si vuole padroneggiarlo completamente, eventualità necessaria se si alza il livello di difficoltà, scelta che ci sentiamo di consigliare per godere al meglio delle finezze dei combattimenti: un tasto per l’attacco corto, uno per quello a distanza, uno per il salto e i due dorsali adibiti al lock del nemico (il sinistro) e alla rotolata/schivata (il destro).
Da queste semplici basi, di capitolo in capitolo, il combat system si arricchirà sempre di più, aumentando le concatenazioni delle combo, consentendo al giocatore di incastonare nelle armi pietre elementali sullo stile delle sempreverdi Materia di Final Fantasy VII, aumentando il numero di negozi entro i quali equipaggiarsi e assicurando un livello di personalizzazione del proprio party eccellente.
Gli scontri sono frenetici, scanditi dall’alternanza tra attacchi ravvicinati e colpi a distanza, da sequenze di colpi terminate da una schivata all’ultimo secondo, e ravvivati da due differenti mosse speciali, una da effettuare in combo con uno dei compagni di squadra e l’altra al riempimento di una barra dedicata.
La prima potenzia tutti i parametri del nostro combattente, rigenerando salute per un breve lasso di tempo e annullando eventuali svantaggi elementali, mentre la seconda funziona quasi come una sorta di smart bomb, colpendo tutti i nemici a schermo con un colpo di rara potenza: se, al livello di difficoltà preimpostato, queste tecniche si riveleranno più spettacolari che utili, selezionando i due livelli superiori esse costituiranno due preziosissime ancore di salvezza contro nemici capaci di atterrare il giocatore con due o tre colpi ben assestati.
Nemmeno fossimo in uno spin off della serie Devil May Cry, poi, il giocatore dovrà ripulire certe stanze da tutti i nemici prima di poter proseguire (con tanto di barriere magiche a bloccarlo nel frattempo) e sarà valutato alla fine di ogni dungeon completato, secondo criteri quali il tempo impiegato, il numero di colpi incassati e di nemici sconfitti.
Nonostante il focus sia sull’azione, Tokyo Xanadu indugia in insospettabili scenari strategici: cambiare personaggio in tempo reale, alla pressione del tasto triangolo, non consente solo di sfruttare alcune mosse peculiari, ma è spesso l’unica soluzione possibile per avanzare: determinati nemici sono del tutto immuni a certe tipologie di attacco, mentre altri infliggono una quantità esagerata di danni, e la scelta di un personaggio piuttosto di un altro assurge allora ad un ruolo fondamentale.
C’è spazio finanche per un gioco di carte sulla falsariga del Gwent, in verità abbastanza semplice ma non meno divertente, un mazzo del quale è contenuto dell’edizione da collezione del gioco, ovviamente inedita in Europa.
A conti fatti, pochi titoli nell’attuale libreria di PlaystationVita gestiscono bene quanto Tokyo Xanadu le missioni secondarie e il backtracking in dungeon già completati: ottenere una valutazione S in tutti i labirinti non sarà affatto una passeggiata, e alcune delle quest secondarie, mescolate tra le immancabili fetch quest tipiche dei JRPG, sveleranno retroscena interessanti della storia, premiando i giocatori più dedicati con un miglioramento dei rapporti tra personaggi e, conseguentemente, della loro intesa sul campo di battaglia.
Trails of Cold Xanadu
Il comparto tecnico del gioco è preso quasi di peso da quello del recente secondo capitolo della trilogia The Legend of Heroes Trails of Cold Steel, con un riutilizzo massiccio di asset e texture, ma con un visibile miglioramento del livello e della quantità di animazioni.
Questo si traduce in uno spettacolo visivo gradevole sullo schermo di Vita, che perde qualche colpo già nel passaggio a Playstation Tv, con cui il gioco è pienamente compatibile: il cambio di risoluzione non giova, ma , nel complesso, Tokyo Xanadu non sfigura, pur non settando nuovi standard per la piccola di casa Sony.
In compenso, e anche qui avvertiamo una piacevole sensazione di deja vu, il comparto sonoro merita di essere sottolineato: detto della qualità recitativa del doppiaggio giapponese (l’unico presente, peraltro), siamo dinanzi ad una colonna sonora di ottima fattura, che spazia con naturalezza da pezzi di impronta jazz che fanno molto Persona ad altri decisamente più pop, con tanto di tracce inedite realizzate per la idol band che entra in scena  ad un certo punto dell’arco narrativo principale, passando per pezzi tutti a base di chitarre e sintetizzatore che richiamano palesemente la tradizione della saga di Ys.
L’inclusione del CD contenente tutte le tracce del gioco è un altro dei plus della Collector Edition, e, come sempre quando abbiamo recensito titoli Falcom su queste pagine, il consiglio è quello di dotarsi di un paio di auricolari di qualità per apprezzare la qualità delle musiche.

Combat system griffato Falcom

Strabiliante mole di contenuti

Personaggi a cui è facile affezionarsi…

Colonna sonora di pregio

Assai poco originale

…ma che non smettono mai di parlare!

8.0

Man mano che le ore di gioco aumentavano, dopo un certo scetticismo iniziale dovuto alla lentezza della trama e ad una serie di situazioni ritrite, Tokyo Xanadu ci ha conquistato a poco a poco, con quella sua strana commistione tra Persona 5, Trails of Cold Steel e Ys che lo rende sì poco originale ma anche tremendamente solido e divertente.

Dall’alto di un combat system frenetico e soddisfacente, che sa essere anche discretamente tecnico, di una quantità di contenuti straripante e di una colonna sonora d’eccezione, l’ultima fatica di Falcom riesce a farsi perdonare qualche inciampo a livello di trama e la verbosità dei suoi protagonisti.

Se possedete Vita e amate i giochi di ruolo di matrice giapponese, il consiglio è quello di passare le vostre vacanze in compagnia di Kou Tokisaka e compagnia, in attesa dell’autunno e di Ys VIII.

Voto Recensione di Tokyo Xanadu - Recensione


8

Leggi altri articoli