Recensione

This War of Mine: the Little Ones

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Se la guerra è uno dei topoi più sfruttati dal medium videoludico, ben pochi videogiochi si sono concentrati sulle sventure e la devastazione che essa porta in dote, concentrandosi piuttosto sull’aspetto militare, piazzando in mano al giocatore un qualche tipo di arma da fuoco.This War of Mine, uscito l’anno scorso su PC, si rifiuta di condividere lo stesso angolo prospettico della grande maggioranza dei titoli a tema bellico, prendendo a pugni nello stomaco il giocatore con una serie di scelte e di situazioni tanto crude quanto realistiche, e, nel giungere su console, guadagna il sottotitolo The Little Ones, che preannuncia la più grande novità di questa conversione, ovvero la massiccia presenza di bambini.Se già prima prendere certe decisioni era difficilissimo, quando ci sono di mezzo i bambini tutto si fa ancora più complicato.

Qualcuno pensi ai bambiniDopo aver stupito per la crudezza e l’autenticità dell’esperienza survival qualche mese fa in ambito PC, This war of mine si arricchisce della presenza dei bambini, modifica la sua interfaccia e si presenta ai nastri di partenza, su console, offrendo un’esperienza di gioco abbastanza inedita per questo pubblico, abituato a vedere la guerra come un’occasione per guadagnarsi i galloni da eroe.Ispirato all’assedio di Sarajevo, uno strazio della storia moderna che durò per quasi quattro, lunghissimi anni, il titolo pone il giocatore nei panni di un piccolo gruppo di sopravvissuti, la cui unica prospettiva è uscire vincitori dalla quotidiana lotta con la fame, il freddo, le malattie, la depressione.Una delle pecche principali del titolo originale risiedeva nella mancanza di un sostrato narrativo tale da far sviluppare empatia nei confronti dei personaggi a schermo, e, purtroppo, questo porting su console non migliora questo aspetto: nonostante sia umanamente impossibile rimanere impassibili dinanzi alla barbarie della guerra, la mancata caratterizzazione dei personaggi a schermo, di cui ci vengono mostrati solo volto, nome e bisogni primari (rigorosamente insoddisfatti), non aiuta l’immedesimazione, rendendo un po’ anonima ogni partita.Anche l’inclusione dei bambini, quindi, pur offrendo qualche variante a livello di gameplay, non riesce a colmare la distanza che, inesorabilmente, si crea tra il giocatore e i personaggi che è chiamato a salvaguardare: complice la generazione casuale di luoghi e protagonisti, già a partire dalla terza partita il distacco prevarrà sull’empatia, togliendo carica emozionale ad un prodotto che invece punta forte sulla veridicità degli eventi e sulla loro tragicità.Cionondimeno, riuscire a traghettare sei o sette vite fino al giorno dell’armistizio, proprio quando sembrava che non ce la si facesse, restituisce soddisfazioni uniche in ambito console.

Variabili impazziteLe succitate aggiunte al gameplay che la presenza dei bambini porta in dote riguardano soprattutto un aumento della complessità del titolo e delle varianti di cui tenere conto: se gli adulti, pur assonnati ed affamati, riescono a portare a termine in qualche modoun compito assegnato, i bambini, com’è ovvio che sia, manifestano una maggiore vulnerabilità agli orrori della guerra, richiedono di svagarsi, e, a meno che non si insegni loro una particolare abilità, risultano essere solamente delle ulteriori bocche da sfamare. Crudele ma veritiero.L’intelligenza artificiale che li governa è volubile e non sempre realistica: spesso i piccoli piangeranno per giorni per la perdita di una persona cara, senza che si riesca a farli smettere, mentre altre volte reagiranno in maniera fin troppo “adulta” a situazioni che instillerebbero terrore anche nel più insensibile degli animi.Alla loro presenza, poi, reagiscono in qualche modo anche i sopravvissuti in età adulta, visto che non sarà raro che questi sviluppino un rapporto privilegiato con uno o più bambini, il che, in due casi durante le partite di test, ha portato ad un allontanamento volontario di un bambino e di uno degli ospiti del mio rifugio senza alcun preavviso.Dover pensare a fare da maestri e da intrattenitori quando fuori fischiano le pallottole è qualcosa di naturale e di strano allo stesso tempo, ma non sempre i comportamenti dei personaggi non giocanti si rivelano sufficientemente credibili per veicolare fino in fondo le emozioni che questa situazione evocherebbe.Per il resto, le meccaniche di gioco che già caratterizzavano la versione PC sono immutate: le giornate, scandite dall’orologio interno del gioco, si dividono ancora, in maniera abbastanza netta, tra le fasi di gestione delle risorse (umane e non), cui ci si dedica quando il sole è alto, e quelle di raccolta, da svolgere rigorosamente con il favore delle tenebre.In questi ultimi frangenti, il titolo mostra le sue dinamiche da stealth game all’acqua di rose, che non sempre funzionano come dovrebbero nel passaggio dal mouse al pad di PS4 (versione testata): i combattimenti, che pure non sono affatto il fulcro dell’esperienza di gioco, risultano legnosi ed assai poco soddisfacenti, e anche la navigazione tra i menu risente della minore precisione garantita da un pad.Ciononostante, le dinamiche survival mantengono costantemente sulla corda il giocatore, diviso tra i rischi connessi al saccheggiare un’area inesplorata, che magari pullula di banditi armati, e quelli da fronteggiare una volta tornato al rifugio con un pugno di mosche in mano.

Conversione ben riuscita, ma costosaAl di là dei problemi di interfaccia evidenziati, la conversione può dirsi ben riuscita: i 1080p e 60 fps non erano indispensabili visti i blandi ritmi di gioco e la scarsa propensione a mostrare scene particolarmente spettacolari, ma rendono merito ad un’art design ispiratissima, con chiaroscuri molto evocativi e fondali disegnati benissimo.La generazione casuale di situazioni, luoghi e sopravvissuti assicura poi una longevità di tutto rispetto, garantita anche dal fatto che, di partita in partita, sarà il giocatore a migliorare e ad espandere la sua conoscenza delle regole che governano il mondo di This war of mine, analogamente a quanto succede nei giochi della serie Souls di From Software.Ciò che indispettisce, ma non è la prima, e, purtroppo, non sarà l’ultima volta, è la consueta tassa che i giocatori console sono costretti a pagare quando ricevono porting da PC: su personal computer, al netto dei saldi dei vari negozi virtuali (al momento di scrivere questo pezzo bastano meno di sei euro per portarsi a casa una copia digitale del gioco), il titolo a prezzo pieno costa oltre dieci euro in meno del corrispettivo per Xbox One e PS4. Sinceramente, la sola aggiunta dei bambini non sembra sufficiente a giustificare questo aumento di prezzo, che comunque nulla toglie alla bontà del prodotto finale, ma tant’è.

– Scelte difficilissime

– Generazione casuale di ambienti e personaggi…

– Un survival profondo e realistico

– Prezzo maggiorato rispetto alla versione PC

– …che non aiuta l’immedesimazione

– Interfaccia che risente della mancanza del mouse

7.5

This War of Mine The Little Ones ha diversi meriti, primo tra tutti quello di portare su console un punto di vista inedito, crudo, che porterà molti a riflettere sulla vera essenza della guerra, al di là del machismo militaresco.

Anche in qualità di survival game, il prodotto 11 bit studios ha numerose frecce al suo arco, rivelandosi un’esperienza longeva e dal livello di sfida sempre stimolante: peccato allora che qualche problema di interfaccia, un prezzo maggiorato e lo scarso impatto dei bambini sul gameplay ci facciano comunque propendere per la controparte PC.

Se possedete esclusivamente una console da gioco, comunque, questa è una buona conversione di un titolo diverso dalla massa.

Voto Recensione di This War of Mine: the Little Ones - Recensione


7.5

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