Recensione

The Walking Dead: Episodio 2

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a cura di Slice

Il Verdetto di SpazioGames

8.5

Il primo capitolo di The Walking Dead è stata un’inaspettata ma piacevole sorpresa per la stragrande maggioranza dei giocatori che hanno avuto modo di provarlo. Rispetto ad altri titoli meno riusciti della software house Telltale Games, il gioco ispirato alla graphic novel di Kirkman e al telefilm omonimo, grazie ad una solida trama, una buona caratterizazione dei personaggi e un sistema di cause/conseguenze ben architettato si è rivelato un prodotto vincente.A distanza di quasi due mesi dal rilascio del primo capitolo, abbiamo finalmente avuto la possibilità di testare il secondo, intitolato:” Starved for help”.

Ogni azione…comporta una reazione!L’avventura riprende esattamente tre mesi dopo la fine del primo capitolo. Comanderemo ancora Lee Everett, uomo dal passato tormentato che sta cercando non solo di salvare la sua pelle ma anche quella della ragazzina conosciuta nel primo episodio, Clementine. Senza troppi giri di parole, possiamo dire che il lavoro svolto dallo studio di sviluppo inglese, pur essendo arrivato solamente al secondo dei cinque episodi programmati, ci ha convinto pienamente, per più di un motivo. In “Starved for help” il focus narrativo ( ma anche dell’azione ) si sposta dalla figura di Lee, al gruppo vero e proprio. Tematiche come la leadership, la necessità di mangiare, e l’insicurezza che possono avere un gruppo di persone all’interno di quella spirale impazzita di morte e sofferenze vengono ampiamente e correttamente sviscerate.Proprio in questi elementi predominanti e pienamente tangibili risalta la forza del lavoro svolto da Telltale. Usando una struttura che ricorda molto da vicino le vecchie avventure grafiche, con alcuni elementi più vicini ai più moderni QTE ( se non l’avete fatto, vi invitiamo a leggere la nostra recensione del primo episodio per capire meglio il sistema di gioco ) il giocatore si lega sempre di più a Lee, provando quasi le stesse sensazioni e le decisioni che si trova a dover prendere nell’arco di una frazione in secondo. In questo, il già citato sistema di gioco sembra perfettamente implementato all’interno delle dinamiche che si sviluppano su schermo. Il limitato tempo per dare una risposta o la necessità di fare una scelta dalla quale non si può tornare indietro, e che si ripercuote nel futuro sia di Lee che del gruppo di sopravvissuti, sono tutti elementi non solo riportati perfettamente, ma che riescono a rendere in maniera impeccabile la situazione “borderline” in cui i sopravvissuti si trovano.

Un gioco cerebraleIn questo secondo episodio inizieremo a intravedere in maniera concreta le tanto decantate azioni/reazioni che sono il fulcro di tutta l’esperienza. Le scelte fatte nel primo capitolo, in questa seconda incarnazione avranno i loro effetti, e così sarà per quelli futuri. Mai come in altri casi videoludici soppesare ogni parola, e prendere o meno le difese di qualcuno, influirà in maniera marcata e determinante nel proseguo dell’avventura.Evitando di entrare in pericolosi spoiler possiamo dirvi che oltre agli zombie, in questo nuovo capitolo avremo a che fare anche con dei banditi che faranno di tutto per ottenere quello che secondo loro gli spetta. Insomma, sembra che gli elementi che Kirman ha tentato ( riuscendoci!) di portare nel fumetto siano stati perfettamente utilizzati anche nel videogioco. The walking Dead, non è un gioco di paura dove gli zombie sono fini a se stessi, è un’esperienza che scava nella mente umana, che dimostra come effettivamente in situazioni al limite la moralità tutti i perbenismi di cui ci riempiamo solitamente la bocca vengono meno, portandoci quasi allo stato brado. Sensazioni che, vi assicuriamo, spiccano ancora di più in questo secondo episodio.

Peccati tecniciUn vero peccato quindi dover segnalare alcune magagne tecniche che in parte limitano l’operato del gioco sotto diversi aspetti. Su tutti dobbiamo segnalare un frame rate che in alcuni momenti ci è sembrato quasi più ballerino di quello del primo capitolo, sintomo questo, che gli sviluppatori non si sono preoccupati più di tanto nel migliorare le magagne che già erano saltate fuori nel precedente episodio. Trattandosi di un gioco dove la trama è predominante e al centro dell’attenzione, dobbiamo purtroppo segnalare due grosse lacune sotto l’aspetto audio. Su tutti ovviamente rimarchiamo la mancata localizzazione in lingua italiana, che per i giocatori meno avvezzi alla lingua inglese potrebbe limitare l’esperienza di gioco, visto che, come detto poco sopra, la maggior parte del gameplay è basato su risposte veloci e dialoghi molto importanti. La nostra speranza è che Telltale, vista la grande popolarità del gioco decida di tornare sui suoi passi e traduca almeno i sottotitoli nella lingua del bel paese.Altro problema riguardante questo aspetto del titolo, anche se di tono minore rispetto alla mancata localizzazione, è quello riguardante il lip sync di alcuni personaggi. Dettaglio non da poco vista la tipologia di prodotto ma sul quale volendo si può tranquillamente chiudere un occhio. In definitiva possiamo dire che il secondo capitolo della serie The Walking Dead compie un passo deciso e marcato verso la maturità del progetto. Dopo un primo episodio in grado di far intravedere ottime prospettive, il secondo è riuscito a confermare quanto di buono avevamo intuito. Se siete fan della serie e l’inglese non vi intimorisce, questo gioco è un must have. Inoltre, ci sentiamo di allargare il consiglio a tutti quelli che amano le avventure grafiche o, più in generale, giochi con trame solide e personaggi carichi di personalizzazione.

– Evolve le scelte fatte nel primo capitolo

– Personaggi ricchi di sfaccettature

– Gameplay solido

– Qualche problema tecnico

– Manca la localizzazione, fondamentale visto il tipo di gioco

8.5

The Walking Dead: episodio 2 prosegue sulla scia del primo capitolo offrendo un’esperienza di gioco completa sotto l’aspetto della giocabilità, e davvero impeccabile per quel che riguarda la storia e l’evoluzione del rapporto tra i diversi protagonisti. Unica pecca è la già citata mancanza di localizzazione che limita molto l’esperienza di gioco a chi proprio non digerisce la lingua della Regina.

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