The Town of Light
a cura di Francesco Ursino
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: LKA.it
- Produttore: LKA.it
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE , SWITCH
- Generi: Avventura grafica
- Data di uscita: 26 febbraio 2015 - 6 giugno 2017 PS4/XOne - 7 febbraio 2020 (Switch)
Nel 1881 il convento di Girifalco, una cittadina in provincia di Catanzaro, fu convertito in manicomio, diventando così uno dei centri principali nel sud Italia per la cura di pazienti con problemi psichici. Sulla porta della struttura, scolpita sulla pietra, furono incise le parole: “Sanus Egredieris”, ovvero: “Uscirai sano”. Quello che può apparire come un augurio anche beffardo, accompagnò da quel momento la vita della cittadina, attraversando generazioni e anni complicati. Cominciamo così questa recensione di The Town of Light per ribadire ancora una volta come i manicomi, un tempo, rappresentassero una realtà viva all’interno delle cittadine in cui erano costruiti, andandone a cambiare la percezione anche da parte degli abitanti degli insediamenti vicini. Nei paesi in cui c’era un manicomio, in altre parole, fiorivano storie e aneddoti duri a morire, riguardanti vite che avevano perso il filo del discorso, o persone che semplicemente andavano (o faceva comodo pensare che andassero) contro la stridente morale comune dei primi del ‘900. Questa era la realtà di quei paesi, e questo è quello che ci vuole raccontare LKA attraverso la storia di Renèe, la protagonista del gioco. Dopo la nostra anteprima di qualche giorno fa, allora, andiamo a dare il nostro giudizio conclusivo su questa coraggiosa produzione italiana.
”Un giorno ho spento la luce, ma il buio non è arrivato”Alcuni parlano del manicomio di Volterra, l’ambientazione principale di The Town of Light, come del “luogo del non ritorno”. Un posto in cui ci si perdeva, insomma, tra i tormenti della propria mente, indebolita da una serie di costrizioni corporali e mentali che, d’altra parte, sarebbero rimaste pratica comune fino alla Legge Basaglia. Così come anticipato nell’anteprima, The Town of Light è un’avventura esplorativa che ci permette di rivivere quel periodo storico attraverso gli occhi e la voce di Renèe, una ragazza – appena sedicenne – entrata nel manicomio di Volterra nel 1938. Quello che il giocatore avrà davanti, però, sarà quello che è rimasto del manicomio, che ad oggi versa in stato di abbandono. Aggirandosi tra le macerie dei vari locali della struttura, allora, la protagonista ci racconterà la propria storia, in un titolo che fa della narrativa il suo punto forte. Possiamo dire, in effetti, che i primi 30 minuti di gioco rappresentano una delle esperienze videoludiche più forti e d’impatto cui abbiamo assistito di recente: il ritmo è veloce, la storia sembra prendere una direzione precisa, e ogni cutscene di intermezzo è un vero e proprio pugno allo stomaco. La storia di Renèe, infatti, sembra essere quella di un’esistenza sfortunata, vittima del bigottismo e della morale comune degli anni che, è sempre bene ricordarlo, coincisero con l’ascesa al potere di Mussolini, e lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. In altre parole, per apprezzare totalmente The Town of Light è veramente utile avere un minimo di comprensione del background storico e culturale dell’Italia a cavallo tra gli anni 30 e 40 del secolo scorso. Tutto ciò si rivela importante soprattutto per capire il ruolo e il significato cruciale che il sesso, e di conseguenza i rapporti sessuali, rivestono nella storia raccontata dallo studio italiano.Come dicevamo in sede di anteprima, allora, The Town of Light metterà il giocatore davanti alla storia di Renèe che, è bene ricordare, racchiude in sé frammenti di storie vere e fatti realmente accaduti, e nel fare ciò non dirà mai da che parte sia giusto stare. I dottori che avranno a che fare con Renèe avranno dei sussulti di umanità, sì, ma non metteranno mai in dubbio le pratiche crudeli cui venivano sottoposte le pazienti del manicomio, perché così funzionava, e così bisognava agire. D’altra parte, Renèe sarà quasi sempre consapevole del suo stato, e della sua sorte, fino ad arrivare al climax narrativo finale che, riacquistando la forza dei primi minuti di gioco, lascerà il giocatore con una sensazione precisa. La netta percezione, cioè, che la vita della protagonista, così come quella di molti altri sciagurati spesso rinchiusi e dimenticati nei manicomi, siano state esistenze letteralmente gettate via, spesso per convenienza o negligenza.
“Oh quante belle figlie, Madama Dorè, oh quante belle figlie”Dal punto di vista stilistico, The Town of Light è un titolo che presenta interessanti soluzioni. La maggioranza delle cutscene, ad esempio, sono realizzate in 2D, e mantengono una potenza espressiva notevole grazie a disegni dal forte impatto. Talvolta, invece, il titolo proporrà sequenze tridimensionali, in cui è possibile notare una certa mancanza di definizione nei modelli dei corpi. In ogni caso, la cura scenografica del titolo è veramente notevole; dopo aver smesso di giocare, non nascondiamo di essere tornati con la mente, più volte, su alcune sequenze particolarmente drammatiche, in cui sonoro e video si abbinavano in maniera molto positiva. L’ultima sequenza di gioco, in questo senso, pur essendo in parte senza accompagnamento audio risulta forse la migliore, e di sicuro quella con più impatto. The Town of Light non è un titolo horror, ma bensì un gioco che spinge a farsi domande riguardanti praticamente ogni cosa appaia su schermo o sia possibile ascoltare (anche le filastrocche dei bambini, come quella di Madama Dorè, ascoltabile verso metà gioco, assume così una connotazione del tutto nuova). Il mondo di gioco, per il resto, è interamente tridimensionale, e denota una cura importante dei particolari: la riproduzione degli interni del manicomio, a questo proposito, raggiunge livelli elevati nella maggioranza dei suoi ambienti. Da sottolineare il fatto che The Town of Light, poi, è fruibile anche su Oculus Rift, di modo da avere una immersività ancora maggiore.In ogni caso, quello su cui vogliamo soffermarci prima di passare al commento finale è il comparto audio. Appare molto positiva la scelta degli effetti audio, specialmente durante i nostri spostamenti all’interno della struttura. Il titolo, poi, include accompagnamenti sonori che riescono a sottolineare bene i vari climax drammatici cui si andrà incontro, ma quello che ci preme sottolineare è la presenza di un doppiaggio in italiano decisamente riuscito e, francamente, superiore anche alla controparte in inglese, che pure è inclusa nel titolo (insieme a quella tedesca). D’altra parte, ci sentiamo di dire che è senza dubbio l’italiano la lingua in cui andrebbe giocato The Town of Light. Un gioco che punta tutto sulla narrativa e sull’atmosfera, difatti, non può non contare sulla lingua propria dei suoi personaggi per catturare al meglio i loro tormenti interiori.
HARDWARE
Requisiti minimi:OS: Windows 7/8/10 64bit Processor: Intel Core i3 or equivalent AMD Memory: 4 GB RAM Graphics: NVIDIA GeForce GTX 460, AMD Radeon HD 6770 with at least 1 GB VRAM DirectX: Version 11 Storage: 10 GB available space Sound Card: DirectX Compatible Additional Notes: Supported Controllers: Xbox 360 or Xbox One compatibleRequisiti consigliati:OS: Windows 7/8/10 64bit Processor: Intel Core i5 or equivalent AMD Memory: 8 GB RAM Graphics: NVIDIA GeForce GTX 560, AMD Radeon HD 7790 DirectX: Version 11 Storage: 10 GB available space Sound Card: DirectX Compatible Additional Notes: Supported Controllers: Xbox 360 or Xbox One compatible
– Storia d’impatto, con sequenze difficilmente dimenticabili
– Cura stilistica elevata
– Buon doppiaggio in italiano
– Durata esigua
– Scarsa interattività
7.0
The Town of Light è un titolo estremamente coraggioso, che racconta una storia drammatica, profonda e difficilmente dimenticabile. Diverse sono le sequenze che rimangono impresse nella memoria, grazie anche a una cura stilistica molto elevata, che si esprime attraverso un buon doppiaggio in italiano, e ad una storia che, nonostante un calo durante le fasi centrali, propone delle fasi iniziali e finali molto intense. Nonostante ciò, il titolo soffre dei difetti tipici delle avventure esplorative, ovvero l’interattività limitata, e la mancanza di vere e proprie dinamiche di gameplay, che si risolve nello spostamento attraverso i vari ambienti del manicomio. La durata assai limitata, seppur mitigata dalla presenza di sotto capitoli rigiocabili, non consente dunque di allargarsi troppo con i giudizi finali. In ogni caso, e qui lasciamo uno spunto per una possibile discussione nei commenti, forse questa era l’unica strada percorribile per riuscire a proporre un’esperienza talmente forte dal punto di vista narrativo…