Immaginatevi di essere in un futuro distopico, dove la Terra, scenario di infinite guerre, è stata messa ulteriormente in ginocchio da condizioni climatiche avverse, che hanno reso gran parte della sua superficie totalmente inabitabile. L’uomo, inadatto a questi territori inospitali, deve dunque evolversi e affidarsi alle macchine, declinate in esoscheletri e robot, per riuscire a sopravvivere, o perlomeno per poter partecipare attivamente alla “cura” del suo stesso pianeta natale. Questa è l’ambientazione di The Surge, action-RPG targato Deck 13 (gli stessi ragazzi noti per lo sviluppo del primo degno emulo della dinastia dei souls-like, Lords of the Fallen) pensato con l’obiettivo di placare quella sete di intrattenimento formato trial and error, che i tanto acclamati titoli From Software ci hanno fatto riscoprire. Un’ambientazione inedita per il genere, finora legato a quella dark fantasy medievale, che fin da subito vuole metterci consapevolmente sull’attenti, e darci indicazioni sulla nuova strada intrapresa da The Surge. Curiosi, dunque, di capire in che modo novità e tradizioni potessero trovare un punto d’incontro in questo rinnovato setting, ci siamo addentrati ad esplorare i meandri del mondo di gioco, ora a nostra copmleta disposizione.
Un esoscheletro per amico
Tutto ha inizio con il nostro arrivo nelle CREO Industries, azienda di ricerca dedita alla creazione di tecnologie in grado di salvaguardare la Terra e migliorare la vita dell’uomo. Ad attenderci un primo giorno di lavoro pessimo considerato che, senza neanche aver il tempo di fare la conoscenza dei colleghi, qualcosa va storto, e ci ritroviamo ad aver a che fare con macchine ed “eso-dipendenti” totalmente impazziti. Per fortuna, durante il nostro viaggio troveremo anche altri npc ancora sani di mente, che andranno a contribuire all’intreccio narrativo tramite i loro dialoghi e, non meno importanti, le side-quests che ci metteranno a disposizione. Sul fronte narrativo, infatti, le tecniche utilizzate sono molteplici, schermi che mettono in mostra i video pubblicitari dell’azienda, brevi cutscene, note vocali, oppure dialoghi in cui la scelta multipla andrà a definire l’ordine di svolgimento di una conversazione, senza però portare ripercussioni realmente influenti sul gameplay. Si va così a delineare un quadro chiaro e immediato, che permette di non perdere il focus sugli avvenimenti senza doversi oltremodo scervellare o dedicarsi in speculazioni tra un combattimento e l’altro. Una storia che si inserisce bene nella struttura del gioco, ma che indubbiamente, per natura, esalta l’altra faccia videoludica di The Surge, ovvero il gameplay: una tradizione che nel genere non manca di confermarsi anche questa volta.
Una struttura fin troppo collaudata
Al di là della decantata appartenenza al genere dei “Souls-like”, già anticipata a inizio articolo, basta davvero un attimo tra i corridoi dell’edificio della CREO per poter ritrovare tutte le peculiarità che caratterizzano il genere e la prima che salta all’occhio è sicuramente il design delle mappe.
La ricorrenza degli elementi che definiscono una macro-area è difatti sin troppo puntuale, potremmo quasi definirla scolastica. Safe-zone, corridoio principale, scorciatoie varie, qualche nemico che gioca nascondino e boss finale si alternano sempre nella stessa maniera. Ogni tanto troveremo delle zone raggiungibili solo una volta acquisita sufficiente esperienza, poichè sarà necessario un certo livello energetico per sovraccaricare determinati circuiti e aprire così nuovi passaggi, ma tutto ciò è per forza di cose qualcosa di relegato alla parte finale della nostra avventura. Per il resto, una volta finita l’esplorazione di una di queste macro-aree, si passa a quella successiva, raggiungibile con il maglev, l’unico mezzo di trasporto in grado di portarci dall’una all’altra.
Nel frattempo, il nostro personaggio, per progredire, dovrà evolvere l’esoscheletro di cui è stato dotato all’inizio dell’avventura. A questo scopo nella safe-zone, troveremo il medbay, dove potremo aumentare la disponibilità energetica della tuta, e arricchirla di moduli in grado di fornirci bonus passivi o consumabili. La cura, in particolare, sarà completamente dipendente da questi moduli: alcuni potranno fornire una ricarica immediata, mentre altri una maggiore quantità di salute ma dilazionata nel tempo, oppure altri ancora potranno trasformare in vita una parte di energia accumulata durante il combattimento. Sempre nella safe-zone troveremo anche il centro di assemblaggio, dove potremo costruire o potenziare i pezzi del nostro esoscheletro.
La ricetta della felicità
Per trattare il crafting di questi pezzi sarà però necessario fare un cenno al combattimento, visto che questi due aspetti sono molto legati fra loro. Durante gli scontri con i nemici, ci troveremo a poter selezionare la parte del corpo dal colpire e, in particolare con quelli umanoidi, accanirsi contro un particolare arto vorrà dire aprire uno spiraglio al colpo di grazia, in grado di recidere lo stesso. Una volta eseguita questa mossa, ci sono buone probabilità che egli lasci dietro di sè lo schema per la fabbricazione dell’arto e poi i pezzi per costruirlo, sempre accompagnati dagli scarti tecnologici, ovvero la valuta del gioco. Da ciò si può facilmente dedurre che passerete ore a fare grinding, non soltanto per recuperare questa risorsa e con essa salire di livello, ma soprattutto per ottenere gli oggetti utili a forgiare un nuovo pezzo di armatura. I set degli esoscheletri infatti sono diversi fra loro, alcuni più resistenti ma pesanti, così come altri più leggeri ma anche più fragili, e soltanto provando e riprovando a mischiarli fra loro sarà possibile adattarli perfettamente al nostro stile di gioco. In generale quelli più forti richiedono un livello energetico maggiore del personaggio, ma nella pratica non sentirete questo limite già dopo poche ore di gioco.
Tutto l’aspetto ruolistico di The Surge, di cui sopra, all’atto pratico funziona e diverte, ma presta il fianco a una ripetitività di fondo, che potrebbe in qualche modo iniziare a sentirsi dopo le prime 15 ore di gioco, soprattutto nelle fasi di potenziamento dell’armatura, ciascuna dotata di ben 4 livelli.
Per fortuna nonostante il grinding spietato e un non perfetto bilanciamento di alcune meccaniche, tra cui il precedentemente citato livello energetico, il tasso di sfida non perderà mordente durante il corso dell’avventura per la comparsa di nuovi nemici a ogni macro-area sempre più pericolosi.
Il combattimento invece, prende spunto da quanto visto in Lords of the Fallen, alleggerendo e velocizzando il tutto. La pesantezza dell’armatura continuerà a cambiare la rapidità dei movimenti, ma sarà la tipologia delle armi a definire in buona parte la velocità dell’azione. Le armi pesanti per esempio, a due mani, sono davvero lente durante i primi colpi, ma diventano rapide ed inesorabili alla fine della combo una volta assunta la giusta inerzia; quelle leggere invece permettono di assestare colpi in un turbinio di lame da far impallidire il più rapido dei ninja. Nonostante ciò il ritmo scandito dalla combinazione colpo-schivata-parata, dominato dalla quantità di stamina disponibile, (barra oramai onnipresente in questo genere di giochi) è sempre lo stesso che chi conosce i Souls conosce. Utilizzando le armi è possibile anche aumentarne il livello di conoscenza e così migliorare i tempi di attesa delle combo e i danni inflitti. Il moveset di ogni arma è poi peculiare alla stessa, e si articola in diverse tipologie di colpi, molti noti e qualcuno inedito, come per esempio quello in scivolata. Eseguire una combo significa consumare stamina, ma allo stesso tempo ricaricare l’energia aggiuntiva della tuta che, una volta raggiunto un valore sufficiente, permette di eseguire un colpo critico, sfruttare il modulo drone della tuta, o tramutare quell’energia in vita, una volta equipaggiato il modulo corrispondente.
Tanti pezzi che completano il puzzle di un combat-system sufficientemente profondo e appagante, in grado di tenere in piedi buona parte della struttura del gioco, che purtroppo ha mostrato a più riprese qualche eccessiva leziosità.
In medio stat virtus?
Dal punto di vista artistico, il lavoro svolto è sicuramente buono ma poco originale, considerando gli ambienti di gioco e il character design. A ciò bisogna anche aggiungere la ripetitività delle sezioni e dei nemici, che al di là di qualche variazione sul tema, si ripetono abbastanza similmente per gran parte dell’avventura. I boss stessi non spiccano nè sul piano artistico nè su quello del gameplay, risultando davvero poco memorabili. Diverso invece il discorso sull’audio, dove un buon doppiaggio inglese (sottotitolato in italiano), ottimi abbinamenti musicali anche se non molto frequenti, suoni e rumori ben campionati regalano una gradevole esperienza complessiva.
Passando invece al discorso tecnico, il gioco si è dimostrato qualitativamente nella media delle produzioni attuali, con un dettaglio grafico discreto, animazioni generalmente buone ma non prive di glitch, ed effetti luminosi che mostrano i muscoli principalmente nei corridoi claustrofobici delle industrie CREO. Per dovere di cronaca riportiamo di aver recensito il titolo su PC, precisamente sul notebook ASUS G752VSK, dotato di processore i7 7700HQ e GTX 1070, a risoluzione FullHD e, a parte qualche drop probabilmente dovuto all’ottimizzazione, The Surge si è piegato a piccoli cali di frame soltanto in poche occasioni. Solo una volta abbiamo assistito a un crash del gioco che, però, per merito dell’alta frequenza dei salvataggi, non ci ha creato in alcun modo problemi.
– Combat-System coinvolgente
– Gli esoscheletri permettono di personalizzare ampiamente il personaggio
– Interessanti meccaniche per il crafting…
– Level design scolastico
– Art design poco originale
– … che dopo un po’ diventano ripetitive
7.5
The Surge è un titolo che fa della struttura rodata del genere da cui attinge il suo punto di forza. La storia chiara lascia al giocatore la possibilità di inserirsi rapidamente nell’ambientazione distopica e stare al passo con gli avvenimenti, senza perdersi in ricerche e speculazioni eccessive. Il combat-system funziona alla grande, ma purtroppo la ripetitività del grinding, legato al crafting dei pezzi dell’esoscheletro, si fa sentire ben prima della fine dell’avventura, nonostante lasci comunque spazio alla prova di diverse combinazioni di equipaggiamenti.
Tra i contro dobbiamo anche annoverare la poca originalità dell’art-design, che si fa sentire in più di un’occasione e non permette al gioco di superare la valutazione qui proposta.