Recensione

The Sly Trilogy

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

La (s)mania di pubblicare raccolte in alta definizione di giochi della precedente generazione di console è letteralmente esplosa nel corso degli ultimi anni, con Sony portabandiera di un trend che ha sempre diviso i giocatori: da una parte quanti non guardano che avanti, e che bollano queste iniziative come becere operazioni commerciali; dall’altra, coloro i quali sottolineano l’importanza capitale di proporre, anche alle nuove generazioni, perle del recente passato videoludico.Secondo noi è la qualità delle compilation e dei remake a fare la differenza, separando nettamente i lavori meritevoli di lode e le pigre operazioni commerciali.A quale delle due categorie apparterràThe Sly Trilogy, appena approdato su PsVita?

La trilogia del procioneLa trilogia del procione firmata da Sucker Punch, insieme ad altre saghe a piattaforme in 3D come Jak e Daxter e Ratchet e Clank, ha indiscutibilmente segnato gli anni d’oro di Playstation2, proponendo personaggi divertenti e ben tratteggiati, un level design ricercato e soprattutto un’eccezionale varietà di situazioni, che spaziava da fasi puramente platform a sezioni stealth, senza dimenticare momenti in cui menare le mani era l’unico modo per salvare la pellaccia.In compagnia della fastidiosa intelligenza della tartaruga Bentley e della spassosa dabbenaggine dell’ippopotamo Murray, il giocatore sarà chiamato a vestire i panni di Sly, un procione ladro gentiluomo in cerca del Thievius Raccoonus, un libro appartenuto per generazioni alla sua defunta famiglia, le cui pagine sono sparse per i cinque angoli del mondo, in mano ad altrettanti non meglio definiti loschi figuri, dal nome di Quintetto Diabolico.Soprattutto a partire dal secondo episodio, pubblicato nel 2004, la storia che fa da background alle vicende prende strade impreviste, regalando un paio di colpi di scena e andando oltre il compitino svolto con diligenza nel titolo d’esordio.In ogni caso, ben più che il plot in sé, a trainare il susseguirsi degli eventi è la caratterizzazione dei personaggi, compresi quelli secondari come l’ispettore Fox, che, anche grazie ad un doppiaggio davvero sopra le righe, riescono ad attirare le simpatie del giocatore con grande facilità.

Platform, stealth, azioneCome per la versione per console da salotto, uscita quasi quattro anni fa, il lavoro di riadattamento operato dai ragazzi di Sanzaru Games è di ottima qualità, e permette di godere al meglio di questi titoli, così come Sucker Punch li aveva realizzati, con tanti pregi e anche con qualche difetto.Nonostante i suoi meriti siano innegabili perché è il gioco da cui tutto ha preso inizio, Sly Raccoon è forse quello invecchiato meno bene del trittico, tanto da alternare sezioni assai godibili ad altre che peccano di un’eccessiva linearità, nonché di un’intelligenza artificiale nemica decisamente deficitaria.Quasi consapevoli della progressione quasi binaria del loro primo lavoro, gli autori di InFamous hanno optato, per i successivi due episodi, per una struttura molto più libera, basata su missioni e con un hub centrale, che è riuscita ad ovviare al problema: l’intera trilogia ha anche un altro punto debole, rintracciabile nella telecamera, non sempre collaborativa quando gli spazi si restringono.Se su uno schermo con una diagonale notevole, a casa, il fastidio è limitato, sullo schermo di PsVita, con meno spazio a disposizione, qualche sfarfallio di troppo delle inquadrature può portare confusione, senza per questo sottrarre eccessivamente all’esperienza di gioco.A parte questi piccoli inciampi, nell’arco delle oltre 45 ore necessarie a portare a termine tutte e tre le avventure, queste offrono un gameplay variegato e fresco, che miscela generi diversi con grande naturalezza, senza cali di ritmo apprezzabili.Su PSVita i pregi delle tre produzioni sono immutati, e anzi la penuria di platform in tre dimensioni (a fronte di almeno tre o quattro grandi titoli bidimensionali) nel catalogo della console portatile Sony rende l’acquisto ancora più appetibile, tanto per gli appassionati di vecchia data quanto per tutti coloro che conoscono la software house californiana solamente per il folgorante successo del brand InFamous.

Qualità del portingLo abbiamo anticipato qualche riga più su, e qui lo ribadiamo: al netto dei difetti che i giochi originali possedevano, il lavoro di adattamento in alta definizione made in Sanzaru è più che soddisfacente: sarà che il cel shading invecchia bene, nascondendo le imperfezioni del manto poligonale, sarà che non finiremo mai di lodare lo schermo di PsVita, ma il risultato finale è davvero notevole, con un picco qualitativo raggiunto nel terzo episodio, non a casa uscito nella parte finale del ciclo di vita di PS2, quando il monolito nero sparava le cartucce migliori.Lo stesso può dirsi per l’aspetto sonoro, bipartito in un doppiaggio che riesce ancora a dare spessore ai personaggi e una colonna sonora che propone pezzi azzeccati alle situazioni su schermo, senza mai eccedere né con i momenti di relativa calma, né con quelli dove si fa più frizzante e ritmata.L’aggiunta dei trofei già visti su Playstation3 costituisce poi la ciliegina finale sulla torta, con tanto di platino per i perfezionisti.

Adattamento di pregevole fattura

Poca concorrenza nel catalogo PSVita

Tre titoli storici a prezzo ribassato

Routine di IA deficitarie

Telecamere capricciose

8.0

Se non si fosse capito dopo la lettura della recensione, per rispondere al quesito iniziale, The Sly Trilogy è un lavoro di adattamento di pregevole qualità, che tira a lucido tre classici dell’era PS2 e li ripropone al pubblico del 2014 con tutta la loro genialità e la loro versatilità.

Qualche difettuccio c’è, e non tutti gli aspetti dei titoli proposti hanno passato indenni l’esame del tempo, ma l’acquisto resta assolutamente consigliato a tutti coloro che si ritengono in grado di apprezzare tre buone avventure in treddì, a dispetto del fatto che la più recente di esse ha nove anni sul groppone.

Voto Recensione di The Sly Trilogy - Recensione


8

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