Recensione

The Legend of Heroes Trails in the Sky

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Si scrive Falcom e Xseed, ma si pronuncia Ys: questo binomio, inscindibile nella mente e nel cuore di milioni di appassionati, soprattutto giapponesi ma distribuiti su tutto il globo, ha prodotto anche altri giochi di un certo rilievo, sempre appartenenti al genere dei JRPG; oggi tratteremo proprio uno di questi, Legend of Heroes Trails in the Sky, primo capitolo di una trilogia fino ad oggi confinata al solo suolo nipponico, proposto in una lingua a noi comprensibile, ma purtroppo non in edizione PAL.La mancanza di blocchi regionali che caratterizza PlaystationPortable ci permette però di reperirne una copia americana, e queste sono le nostre impressioni dopo un viaggio durato quasi 60 ore…

Un percorso di crescitaJoshua ed Estelle sono due adolescenti tanto diversi nel carattere quanto vicini nei sentimenti: il primo, introspettivo e di poche parole, è stato adottato in circostanze misteriose a pochi minuti dai titoli di apertura da Cassius Bright, una vera e propria leggenda vivente del regno di Liberl, mentre l’altra è la figlia legittima di quest’ultimo, irruente e pasticciona, ma dal cuore tenero.Le prime ore di gioco dicono davvero poco: un’accozzaglia di cliché narrativi e di personaggi che fanno e dicono pochissimo per discostarsi dal solco tracciato da centinaia di loro simili non appaiono come un buon biglietto da visita, perlopiù tenendo presente che la verbosità dei protagonisti evidenzia ulteriormente la vuotezza dei loro dialoghi.Ma l’imprevisto è dietro l’angolo, e la storia pian piano inizia a offrire spunti interessanti, lasciandosi seguire sempre più fino ad intrigare: partito per una missione di routine, in quanto membro di punta dell’associazione dei Bracers, una sorta di gilda non militare che si occupa di mantenere l’ordine nel regno, Cassius finisce con lo scomparire nel nulla, lasciando dietro di sé solo una misteriosa lettera e una grande quantità di interrogativi e di responsabilità per i due ragazzi.E così questi, da apprendisti, si ritrovano a fronteggiare un complotto più grande di loro, che coinvolgerà decine di personaggi non giocanti, dotati di fascino e di una propria, credibile, storia personale.Le tematiche del viaggio, del passaggio dalla fase adolescenziale alla maturità, della ricerca di un genitore scomparso, non hanno nulla di innovativo, ma, quando ben eseguite, come nel caso di Legend of Heroes Trails in the Sky, riescono ancora ad emozionare, a coinvolgere, a tenere incollato allo schermo il giocatore, curioso di vedere come si dipanerà la storia.Il pregio migliore del titolo Falcom è l’ampio respiro della trama, unito alla grandissima quantità di personaggi secondari che affiancheranno, di volta in volta, i due protagonisti, rendendo il party un elemento in continuo mutamento e offrendo uno spaccato di un regno a tutto tondo, dove ogni comprimario ha il suo obiettivo, i suoi convincimenti personali, il suo carattere.Da anni non vedevamo una tale cura riposta nella realizzazione dei PNG (personaggi non giocanti), e non è infatti un caso che il titolo risalga al 2004, anno della prima commercializzazione in Giappone.

La centralità dello spazioIl sistema di combattimento, altro nodo focale quando si parla di JRPG, offre, in linea con il comparto narrativo, un mix di elementi presi in prestito da altre produzioni, non inventando nulla, ma, nel contempo, offrendo un’esperienza di gioco godibile, solida, oliata nelle meccaniche.Gli scontri sono a discrezione del giocatore, visto che i nemici sono sempre ben visibili su schermo, e il nostro party, composto di volta in volta da un minimo di due ad un massimo di quattro elementi, dovrà attendere il suo turno per poter scegliere tra le più classiche delle azioni, dall’attacco alla ritirata, passando per la magia o la mossa di grande potenza effettuabile al riempimento di una barra.La spazialità riveste un ruolo di primissimo piano, ibridando il gioco con gli SRPG: ogni arma ha un range predefinito, non ampliabile, che varia anche di molto se si impugna una coppia di pugnali o una pistola, e dal quale dipende la possibilità di portare a segno un attacco o meno.Anche i nemici sono soggetti a queste limitazioni, rendendo così ogni scontro una versione semplificata di una partita a scacchi, in cui appare saggio sacrificare un turno per muovere un nostro personaggio ferito al di fuori del range di attacco dei mostri: questa particolare caratteristica, che pure molti altri prodotti hanno riproposto in seguito, contribuisce a donare un minimo di profondità a dei combattimenti che altrimenti si svolgerebbero nel più ossequioso rispetto dei canoni classici del genere, di fatto quasi immutati da vent’anni a questa parte.Discretamente spettacolari poi le suddette mosse speciali, denominate S-Craft, autentici assi nella manica da giocare nei momenti di maggiore difficoltà, e la distribuzione, del tutto casuale, di bonus quali la possibilità di sferrare un attacco critico o di godere di un effetto curativo, che, allargati anche ai nemici, aggiungono un elemento “jackpot” ai combattimenti, il quale, lungi dall’essere invadente quanto quello visto in Crisis Core, segnerà spesso la differenza tra una cocente sconfitta e una vittoria per un pelo.Alla storyline principale si affiancheranno decine di quest secondarie, discretamente varie, che il giocatore potrà prendere in carico a ognuna delle sedi della gilda dei Bracers, distribuite nelle varie città che faranno da sfondo all’avventura e che assicureranno soldi e punti necessari per avanzare di rango all’interno dell’associazione: il tutto non diverge mai eccessivamente dallo schema classico “dungeon – città – dungeon“, ma, grazie ad un sistema di combattimento ben realizzato e alla necessità di fare cassa, si finirà con il portarne a termine diverse, a tutto vantaggio della longevità finale.Una menzione particolare per il livello di difficoltà, che risulta ottimamente bilanciato nella giustapposizione di elementi di segno opposto: se da un lato, infatti, la possibilità di salvare in qualsiasi momento e di ripetere ogni battaglia dalla quale si esce sconfitti non rendono il gioco troppo impegnativo, dei nemici dotati di una buona intelligenza artificiale e il fatto che spesso ci troveremo a combattere con sole due unità nel nostro party (a fronte di anche 7-8 nemiche) riportano l’ago della bilancia verso lo zero, dando equilibrio al pacchetto finale.

2D + 3D = 5D?L’età e il limitato sfruttamento delle risorse di PSP risultano evidenti se si passa ad analizzare il versante tecnico: ad un più che onesto motore tridimensionale, che muove con una certa disinvoltura foreste, distese assolate, città e piccoli villaggi, si assommano infatti personaggi interamente in due dimensioni, dotati di pochissimi frame di animazione, come purtroppo già avvenuto in altri capitoli del brand Legend of Heroes.Il risultato finale, seppure più che accettabile, è comunque molto lontano dagli standard cui l’utenza media della console portatile Sony è abituata, sebbene si riscontrino una serie di paesaggi mozzafiato che richiamano quelli della serie cugina Ys, maestra nello sbalordire il giocatore.Ma anche in questo l’ultima produzione del tandem Falcom Xseed si rivela molto più attenta all’essere che all’apparire, accontentandosi quasi di una sufficienza ampia ma non troppo pur di proporre un’esperienza di gioco che fa della solidità e della giocabilità i suoi punti di forza.Nessuno squillo di tromba nemmeno per il sonoro, che si limita ad offrire delle tracce generiche, che raramente saranno un accompagnamento degno dei numerosi colpi di scena che il gioco saprà riservarci, soprattutto a partire dal terzo capitolo.Buona la longevità, che varia da un minimo di una quarantina di ore, tralasciando il grosso delle sidequest e puntando dritti ai titoli di coda, ad un massimo che può arrivare senza fatica a circa 60 ore complessive, necessarie per scalare i vertici della gilda dei Bracers così da rendere orgoglioso papà Cassius.A tenere lontano Trails in the Sky da vette di eccellenza ci pensano, purtroppo, dei dialoghi a volte davvero estenuanti e la lentezza del gioco, che impiega una decina di ore buone prima di iniziare a carburare, come il più usurato dei diesel: cionondimeno, i fan del genere hanno di che rallegrarsi, perché l’uscita occidentale di questo gioco potrebbe essere solo il primo passo verso lo sdoganamento degli altri due episodi, qualitativamente anche più elevati di questo.

– Un mondo e mille personaggi in un UMD

– Solido e giocabile

– Old Style nell’accezione migliore del termine

– Grande longevità

– Tecnicamente datato

– A volte inutilmente verboso

– Lento a carburare

8.0

Con questo The Legend of Heroes Trails in the Sky, Falcom ribadisce il suo ruolo di eccellente produttore di giochi di ruolo vecchio stampo, di quelli che sanno mettere da parte lustrini e paillettes per concentrarsi su un sistema di combattimento solido, una trama in crescendo e un numero spropositato di personaggi secondari ottimamente caratterizzati.

Il voto finale premia proprio questa tendenza, che, secondo noi, è encomiabile sia in ambito ruolistico che in quello portatile. Titoli dove la spettacolarità tecnica risulta decisamente meno importante della giocabilità, della possibilità di salvare in ogni istante, e, soprattutto, della capacità di emozionare, cosa che in più punti The Legend of Heroes riesce a fare con maestria.

Se siete alla ricerca del migliore nel suo genere passate oltre, perché i difetti non mancano, altrimenti non perdetevi un viaggio lungo ed entusiasmante.

Voto Recensione di The Legend of Heroes Trails in the Sky - Recensione


8

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