Avete una pallida idea di cosa significhi al giorno d’oggi creare un classico nel mondo dei videogiochi? Nell’industria è stato fatto di tutto, esperimenti strambi e inimmaginabili sono spuntati nei negozi, e con l’esplosione del digitale e del mondo indie ogni meccanica è stata esplorata, sviscerata, e riapplicata. Dar vita a un titolo davvero indimenticabile, di quelli che stravolgono un genere e diventano un esempio da seguire, richiede un’abilità rara, una scintilla creativa di cui pochi eletti sono dotati. Ai Naughty Dog, a quanto pare, questa cosa si sono dimenticati di spiegarla, perché con The Last of Us sono riusciti non solo a sviluppare un capolavoro, ma a farlo senza stravolgere sistemi assodati o inventarsi novità astruse a livello di gameplay, e regalando ai giocatori una campagna magnifica, dotata di una narrativa inarrivabile.
Considerando la povertà di titoli nella libreria PS4, si è reso necessario per il colosso nipponico “tappare i buchi” con qualche remaster in grado di sfruttare la potenza della sua nuova console, e quale gioco meglio del punto più alto toccato dal vecchio monolito nero per placare la fame dei fan? Ecco pertanto giungere nelle case The Last of Us: Remastered, una versione graficamente migliorata delle avventure di Joel ed Ellie. Oggi vi diremo se si tratta di un acquisto obbligato per tutti, o solo per quella minoranza che non ha voluto (o potuto) recuperarlo durante la precedente generazione.
Zombie che mangiano il cuore
Quando ci lanciamo in lodi sperticate alla narrativa di The Last of Us non parliamo a vanvera. Il gioco di Naughty Dog ha fatto l’impensabile: ha preso la più abusata delle ambientazioni e l’ha trasformata, donandole un realismo e una brutalità visti quasi esclusivamente nei lavori di Kirkman. The Last of Us è un concentrato di regia perfetta, caratterizzazione da manuale e narrativa riuscita, che strappa il cuore di chi lo gioca fin dai primi minuti e non lo restituisce mai. Le vicende di Joel ed Ellie sono tormentate e prive di alcun buonismo forzato, un pugno nello stomaco continuo con rarissimi momenti di tranquillità, in un mondo dove l’uomo ormai è prossimo alla fine e la natura si è ripresa di forza il suo posto. Non bastasse tutto questo, The Last of Us riesce, contrariamente al 99% dei videogame, a contestualizzare alla perfezione la violenza del gameplay nella storia, e così facendo evita quel distacco che di solito si crea tra trama e fasi interattive. C’è ancora, per carità, ma è legato a problemi tecnici sorvolabili che sono delle inezie dinnanzi a tanta intelligenza.
La furbizia degli sviluppatori la si nota anche nella gestione della giocabilità, una mescolanza di sistemi che non si addentra eccessivamente in nessun genere particolare, ma risulta accessibile, riuscita e non annoia. The Last of Us è principalmente uno stealth game, che richiede al giocatore di aggirarsi senza far rumore in zone pericolose e ricche di nemici, ove la tattica e il calcolo del percorso lasciano spesso il posto a sparatorie serrate e a momenti di esplorazione arricchiti da qualche semplice enigma, con una manciata di meccaniche da survival buttate nel mix. Non è un gameplay pensato per i puristi, ma è ben strutturato e viene innalzato da un’intelligenza artificiale dei nemici eccezionale, che rende unico ogni scontro.
In questo scheletro d’acciaio c’era solo un problema, l’IA dei compagni. Non che fosse particolarmente irritante o stupida, anzi, eppure la scelta più sensata per facilitare l’esperienza si è rivelata anche quella meno riuscita a livello di immersione. Qualunque vostro compagno risulta infatti praticamente invisibile ai nemici finché Joel non dà inizio alle danze, una soluzione che impedisce frustranti game over non voluti, ma alle volte stona con l’incredibile atmosfera del titolo. Un ritocchino in questo campo era sensato aspettarselo.
La bellezza del bello
Non dubitate, comunque, i Naughty Dog si sono dati da fare. The Last of Us Remastered è un gioco in 1080p, che viaggia a 60 fps, e la differenza la si nota immediatamente. In generale è stato fatto un ottimo lavoro su una miriade di elementi, dall’illuminazione alla profondità di campo, senza contare la definizione delle ombre e delle texture. C’è persino un’opzione per bloccare il frame rate a 30 fps, visto che i 60 fps non sono stabili e non manca qualche calo durante le fasi più concitate. Contrariamente a quanto detto su alcuni forum, peraltro, non sembrano esserci differenze nella definizione delle ombre tra i 30 e i 60 fps, e i cali sono a dir poco sporadici. Se dobbiamo scegliere un’opzione, la nostra scelta cade sui 60 fps senza ripensamenti.
Gran parte della bellezza di The Last of Us però non viene tanto dal miglioramento delle texture, quanto dal fatto che si tratta di un titolo che già su PS3 era spanne sopra alla concorrenza dal punto di vista grafico. Sulla vecchia generazione il gioco offriva scorci meravigliosi e non erano pochi i momenti di incredulità di fronte alle capacità del processore Cell sfruttato a dovere. Qui l’effetto è per ovvie ragioni meno impressionante, tuttavia le migliorie non mancano di sorprendere e di sottolineare per l’ennesima volta il lavoro superlativo dei Naughty Dog.
In generale, dunque, si tratta di un port egregio, che non delude e poteva venir perfezionato ulteriormente in pochi campi, tra cui la modellazione poligonale di certe locazioni e la già citata IA amica. Contenutisticamente, invece, non aspettatevi aggiunte stratosferiche. Il gioco contiene il bel DLC Left Behind, e tutte le mappe extra del multiplayer, ma al di fuori di questo c’è solo un piacevole photo mode che ben si sposa con la natura più “social” della nuova piattaforma di appartenenza.
– Migliorie grafiche sensibili che rendono l’esperienza ancor più piacevole
– Tutti i DLC nel pacchetto
– Il gioco base resta un capolavoro
– Nessun ritocco all’IA amica
– Qualche calo di frame rate se giocato a 60 fps
– Nessun extra di rilievo al di fuori dei DLC
The Last of Us è e resta un capolavoro, e la nostra valutazione per quel titolo rimane invariata. La cosa non vale anche per questa edizione Remastered, non tanto per la qualità del lavoro svolto, quanto per la scarsa utilità dell’operazione. Le migliorie grafiche sono piacevolissime, ma non così marcate da costringere all’acquisto chi ha già gustato l’opera di Naughty Dog su PS3, e contenutisticamente non ci sono extra davvero significativi al di fuori dei DLC. In parole povere, è un must have solo per coloro che non hanno mai avuto modo di giocarlo e possiedono una PS4. Tutti gli altri possono riaccendere la loro vecchia console. L’eccellenza, ad ogni modo, se la merita tutta.