Kickstarter è ormai una realtà più che consolidata e con il passare del tempo sono sempre di più i progetti che trovano la loro origine in campagne di crowdfunding. Ecco quindi che un gruppo di veterani “rifugiati” (come loro stessi hanno voluto definirsi) di giochi AAA provenienti da Harmonix, Irrational Games e Bungie, con titoli di successo come Bioshock & Halo alle spalle, hanno deciso di creare dal nulla un nuovo studio, tale The Molasses Flood. Grazie ad una campagna di successo che ha raccolto più di $250,000 totali The Flame in the Flood è divenuto realtà approdando su Steam e su Xbox One. Si tratta di un survival game, dalle tinte fortemente old-school, che strizza l’occhio alle classiche produzioni roguelike in cui dovrete cercare di restare in vita per più tempo possibile in un mondo perennemente in divenire; ciò che aveva davvero affascinato ed entusiasmato però i partecipanti alla campagna di kickstarter era lo stile e la colonna sonora, curata dal musicista country/rock Chuck Ragan che si sono rivelati i veri punti di forza di questo prodotto. Ben al di là dell’ ottima musica e del delizioso stile adottato il mondo del titolo in questione si è però rivelato davvero “duro”, molto più di quanto ci potessimo immaginare.
Sopravvivi.
Dal menù principale avrete la possibilità di scegliere tra due differenti modalità: la classica campagna e la endless mode. La sostanziale differenza tra le due va ricercata nel fatto che la campagna finirà appena avrete esplorato tutte le varie regioni di terra disponibili, concludendo così l’intera risalita del fiume, mentre la endless come potrete facilmente intuire è una modalità survival senza fine in cui dovrete sopravvivere il più possibile cercando, con le diverse partite, di migliorare il vostro punteggio: non sarà dunque possibile ripartire da una precisa zona ma la morte sarà permanente. Nella modalità campagna invece avrete anche la possibilità di poter disattivare tale morte permanente usufruendo di un sistema, non proprio brillantissimo, di checkpoint evitando così di ripartire sempre da zero, dando vita ad un sistema, esageratamente abusato, di trial and error che vi porterà a fare le stesse sezioni decine di volte cercando di capire in cosa avete sbagliato con il gioco che non vi tenderà nessuna mano per cercare di aiutarvi. Se pensate inoltre che la differenza vera e propria tra le due modalità possa stare nella presenza o meno di un plot narrativo è corretto dirvi fin da subito che di trama non ce n’è quasi per nulla, neanche in campagna, seppur l’incipit alla base del prodotto sia molto interessante. Muoverete i vostri passi all’interno di un’America post-apocalittica che in seguito ad un imprecisato cataclisma climatico vede intere regioni essere ricoperte d’acqua; prenderete dunque il controllo di una giovane ragazza pronta a tutto pur di sopravvivere insieme al suo unico compagno per il resto dell’intera avventura, un cane di nome Aesop. I primi trailer e le prime presentazioni di The Flame in The Flood avevano ingannato un po’ tutti dando l’impressione che il gioco sarebbe stato parecchio story-driver, mentre invece il prodotto dei ragazzi di The Molasses Flood di story-driven non ha proprio nulla e gli sviluppatori hanno deciso infatti di focalizzarsi su ben altri elementi. Fin da subito verrete catapultati di fronte ad un gioco old school, tanto nelle meccaniche quanto nella presentazione: senza nessun filmato e nessun tutorial vi ritroverete immersi nel mondo post-apocalittico che fa da sfondo al titolo. Ed il vero punto di forza del gioco sta proprio qui, nello stile, davvero azzeccato; la componente artistica infatti si attesta su buonissimi livelli, con ambientazioni affascinanti ed esteticamente ben realizzate. Almeno inizialmente, considerando purtroppo la scarsissima diversificazione tra gli ambienti, che andrà a farsi sempre più pesante con il passare delle ore, sarete invogliati ad esplorare il più possibile, anche grazie alla soundtrack eccellente che vi accompagnerà durante i vostri spostamenti, che vede coinvolto non solo Chuck Ragan, citato precedentemente, ma anche i The Camaraderie e i The Fearless Kin. Il gioco quindi mostra una cornice deliziosa ma come purtroppo vedremo è il quadro generale, l’essenza del gameplay, che non riesce a convincere.
Una serie di viaggi sempre “uguali”.
La struttura “giocata” di The Flame in the Flood si suddivide sostanzialmente in due parti: la prima, che ruota totalmente attorno alla sopravvivenza vera e propria con la conseguente attenzione a determinate statistiche, la seconda invece riguarda i viaggi in zattera per risalire il fiume passando tra le dieci regioni desolate a disposizione. L’intera avventura è finalizzata alla sopravvivenza e per riuscire a far ciò, durante il vostro viaggio dovrete far attenzione alla sete, la fame, la temperatura corporea, la stamina ed il sonno; tutti questi differenti criteri sono riportati su schermo attraverso delle apposite barre che non dovrete mai far calare eccessivamente, mantenendole minimamente piene. Con l’aiuto di Aesop, che sarà subito pronto ad avvisarvi se in prossimità di provviste interessanti, dovrete raccogliere un’enorme quantità di oggetti per poter resistere ai diversi pericoli che il gioco vi metterà di fronte. Non basterà soltanto cibarsi degnamente, dormire o bere acqua ma dovrete fare i conti anche con malattie, ferite provocate da pericolosi animali selvaggi e bruschi cali o innalzamenti di temperatura ed è proprio qui che si fa spazio il sistema di crafting. Attraverso la raccolta di materiali potrete creare infatti degli abiti più resistenti al freddo, costruire armi per cacciare animali come conigli, lupi o addirittura orsi e purificare acqua e cibo contaminati. Il sistema di crafting si è rivelato molto semplice ed in realtà è alla base dell’intero gioco; sia chiaro che senza aver imparato come utilizzarlo con cognizione di causa non andrete molto lontani. Nonostante un sistema apparentemente ripreso dai classici roguelike (ma sarebbe più che altro da definire roguelite in questo caso per via di diverse facilitazioni) con mappe che cambiano nome ad ogni caricamento, ma mantengono sostanzialmente la stessa struttura ad ogni passaggio, The Flame in the Flood mostra un sistema di gioco che porta ad una ripetitività eccessiva anche per giochi appartenenti al genere in questione con una struttura di base zoppicante che vede un abuso eccessivo delle stesse meccaniche per ore ed ore. Il gioco si riduce infatti ad un iniziale trial and error per poi mostrare la propria identità con un ciclo infinito di raccolta di oggetti, di crafting per sopravvivere e del finale viaggio in zattera, che non va mai a modificarsi; a tutto questo si aggiunge una gestione mediocre delle mappe a disposizione e della loro diversificazione. Il fallimento più grande di The Flame in the Flood è proprio qui e non è cosa da poco: il titolo non mostra nelle sue svariate ore di gioco nessun tipo di evoluzione degna di essere definita tale e va a strutturarsi in modo semplice e banale. Costruire le fondamenta di un gioco soltanto sul trial and error e sulla eterna ricerca di materiali non ci ha convinto per niente. Per questo motivo non sarà strano se la parte di gampelay che vi catturerà maggiormente riguarderà i viaggi in zattera, che potrete anche modificare e migliorare, accompagnati da ottimi pezzi della OST e più appaganti rispetto alla sopravvivenza vera e propria. Quando avrete completato la raccolta di materiali e le vostre statistiche saranno piene potrete salire proprio su questo mezzo di trasporto per cercare di superare gli ostacoli – anche la zattera ha una sua barra di “resistenza” che calerà ogni volta che vi scontrerete contro qualcosa – ed arrivare nella regione successiva. E poi ? Poi si ricomincia di nuovo a raccogliere materiali
– Stilisticamente delizioso
– Colonna sonora magnifica
– Meccaniche Survival interessanti…
– La mancanza di un plot narrativo si fa sentire
– Esageratamente ripetitivo
– Più che punitivo risulta ingiusto
– Gestione dell’inventario poco convincente
– Realizzazione tecnica altalenante
– … ma sviluppate soltanto a metà
Si tratta dunque di un “grande incompiuto” come spesso purtroppo capita di parlare. The Flame in the Flood è uno di quei classici titoli che mostrano un lato estetico meraviglioso, grazie ad un buonissimo stile e soprattutto ad una soundtrack eccellente ma che peccano nella propria essenza. In questo caso specifico parliamo di un survival pieno di limiti, con evidenti problemi di bilanciamento, meccaniche proposte appena accennate ed una ripetitività di fondo eccessiva anche per un titolo appartenente a questo genere. Se non siete grandi amanti di titoli roguelike difficilmente riuscirete ad apprezzare anche solo in minima parte la prima opera dei ragazzi di The Molasses Flood.