Recensione

That Dragon, Cancer

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a cura di LoreSka

Alcune esperienze sono semplicemente devastanti e profondamente personali. Lo strazio di un genitore che perde il proprio figlio è difficile da comprendere, nonostante le opere di finzione abbiano cercato in molti modi di raccontarcelo. I film, in particolare, hanno toccato l’argomento in maniere molto diverse tra loro, lasciandoci capire come il dolore sia un’emozione profondamente personale. Se pensiamo alle opere di Nanni Moretti o di Pedro Almodòvar, esse hanno sempre avuto la capacità di mostrarci cosa avviene “dopo”. Come si elabora un lutto, quali sono le cose ci ci spingono a continuare con la nostra vita di fronte alla più grande delle tragedie.
That Dragon, Cancer, invece, indaga su tutto ciò che avviene prima. Quest’opera videoludica è la cronaca dei mesi e delle settimane che precedono la morte di un bambino. Ma è anche la storia di una coppia di genitori che attraversano un calvario, che annegano e riaffiorano dalla propria disperazione, che si rifugiano nella Fede. 
Questo non è un racconto di eroi, di speranza: questa è una storia di gioia, disperazione, diniego. Quello di That Dragon, Cancer è un allenamento di boxe in cui noi siamo il sacco da prendere a pugni: inerti, impotenti, incapaci di reagire e consci del nostro destino. That Dragon, Cancer è una delle esperienze più spaventose e difficili che un videogioco abbia mai messo in scena.
Più unico che raro
That Dragon, Cancer è il progetto della famiglia Green, maturato negli ultimi mesi di vita e nei mesi subito successivi alla morte del figlio Joel, avvenuta il giorno 13 marzo 2014. Il titolo – che in maniera realisticamente ingiusta potremmo definire un “walking simulator” – non è altro che il tentativo di riproporre in immagini interattive il calvario vissuto da questa coppia di genitori americani che si trovarono a vivere, per quattro durissimi anni, la malattia di un figlio, condividendone i momenti felici e i (tanti) momenti dolorosi.
L’intera esperienza è intrisa di allegorie, metafore e momenti freddamente verosimili che ci descrivono con immagini, parole e suoni talvolta strazianti quanto visto e vissuto dai Green. Questo gioco, dunque, è una lenta e inesorabile discesa verso un destino inevitabile, da cui né il giocatore, né i Green, né tanto meno il piccolo Joel possono sottrarsi. Non ci sono vincitori o vinti in questo gioco: il cancro vince, Joel non lo sconfigge e noi siamo testimoni dei suoi ultimi momenti.
Anche se nel gioco siamo testimoni della sofferenza fisica di Joel e del calvario psicologico dei suoi genitori, i Green hanno scelto di fare ampio ricorso a momenti difficili da decifrare, aperti alla lettura e all’interpretazione del giocatore. Così, quello che ci troviamo di fronte è un gioco che si adatta in maniera differente a ciascun giocatore, provocando reazioni diverse e lasciando con diverse domande e qualche risposta che varia da persona a persona, senza dirci se sia giusta o sbagliata. Anche se That Dragon, Cancer è un gioco profondamente guidato, in cui la libertà del giocatore è solo illusoria, alla fine dell’esperienza ci troveremo di fronte a un viaggio personale, metabolizzato in maniera differente da ciascun individuo. Chi gioca, dunque, vivrà qualcosa di unico e personale, e affronterà questo doloroso viaggio sulle proprie gambe.
Ecco, forse è questo l’aspetto a rendere questo titolo davvero interessante: That Dragon, Cancer non dà giudizi, ci mette di fronte alla dura realtà dei fatti e non ci concede alcuna libertà. Ci lascia impotenti, ci fa disperare, ci colpisce violentemente, insinua in maniera metastatica le emozioni dentro di noi e ci spinge a cercare di comprendere l’incomprensibile.
I Green negli ultimi giorni di vita del figlio pregano, si rivolgono a Dio ma non si rassegnano. E noi ci troviamo dall’altra parte, con l’empatia che ci impedisce di razionalizzare, di giudicare i pensieri e le azioni di due persone distrutte. I dialoghi – sfortunatamente solo in inglese ma sottotitolati – ci mettono di fronte a discorsi apparentemente irrazionali, a vere e proprie confessioni di pensieri “sbagliati” dettati dalla durezza del momento vissuto.
Tutto questo, infine, viene raccontato attraverso grafiche stilizzate, che eliminano le espressioni dal volto dei protaginisti e che ci lasciano scoprire la costernazione attraverso ciò che non si vede. Anche in questo caso, è da applaudire la scelta dei Green di non raccontare mai il dolore e l’angoscia attraverso l’uso di immagini esplicite o disturbanti, ma solo grazie a una serie di testi ben scritti e ben recitati, e all’uso di una colonna sonora lodevole.
Configurazione di test:
MSI GS70 2QE Stealth Pro
Nvidia GTX 970M
Processore i7 5950HQ

– Una storia difficile ma narrata molto bene

– Si adatta ad ogni mente e ogni cuore

– In alcuni momenti è davvero straziante

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That Dragon, Cancer è uno dei giochi più difficili mai creati. Il tema è estremamente complesso da affrontare, e alcuni aspetti sono indecifrabili per chi, come chi vi scrive, non è padre e ha avuto la fortuna di non vivere mai una situazione simile a quella narrata in questo titolo. That Dragon, Cancer, tuttavia, ha la capacità di svelarci l’umanità che si cela dietro a chi sta perdendo un figlio di cinque anni per una terribile e dolorosa malattia, e di farlo in maniera efficace e mai oscena. Un gioco piccolo piccolo, della durata di un film, ma capace di colpirci dritto al cuore.

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