Ultimamente, da Quantum Break in giù, molti sviluppatori stanno sperimentando con la narrativa, coniando modi sempre nuovi di raccontare storie, oltre che vicende nuove di per sé: questi esperimenti possono godere di budget sensazionali, come il caso della megaproduzione Remedy/Microsoft, o venire da studi indipendenti, come Spearhead Games, team di sviluppo canadese con all’attivo un paio di produzioni minori.
Minori, ma non meno interessanti, come Tiny Brains, puzzle game che accompagnò il lancio di Playstation 4 ma che uscì anche su personal computer: non stupisce, allora, che il loro ultimo lavoro, Stories: The Path of Destinies, sia indirizzato sia al PC (versione qui recensita) sia all’ammiraglia Sony, e che si diverta a giocare con le scelte del giocatore e con una storia cangiante.
Una storia, mille storie
Il team di sviluppo ha dichiarato più volte, in diverse interviste pre-pubblicazione, di essersi ispirato alle storie de Il Gatto con gli Stivali, una delle più popolari fiabe europee del XVIII secolo, solo che, stavolta, il protagonista non è un felino, ma una volpe antropomorfa di nome Reynardo.
La voglia di sperimentare con lo storytelling e con le decisioni del giocatore ha portato gli sviluppatori a creare una narrazione frammentata, suddivisa in tante piccole storie autoconclusive, ognuna con i propri esiti, dei quali il protagonista serberà ricordo come si fa con un sogno al risveglio mattutino.
Ad ogni segmento giocato segue una scelta, sullo stile dei libri interattivi tanto in voga qualche decennio fa, in base alla quale Reynardo (e il giocatore con lui) intraprende una strada diversa: la prima di queste scelte binarie sarà tra salvare le penne ad un amico di vecchia data, il coniglio Lapino, o recuperare una spada di grande potenza, la Squartacieli.
Ne seguiranno infinite altre, in base alle quali il giocatore vedrà schiudersi dinanzi ai suoi occhi differenti cammini che porteranno a diversi finali, ben ventiquattro in totale.
Come se non bastasse, ad inspessire la fitta rete narrativa che sottende al gioco, ad ogni playthrough c’è la possibilità di ampliare le conoscenze del nostro alter ego (ad esempio, scoprire che una data pietra è capace di assorbire la mente di chi la indossa), influenzando, così, le scelte future e sbloccando ulteriori monologhi del loquace narratore.
Lo sviluppo del personaggio, peraltro, è legato a quante di queste “verità” il giocatore sarà in grado di scovare: ognuna sblocca il corrispondente livello nel ramo delle abilità all’interno del quale è possibile potenziare Reynardo al passaggio di livello.
Giocare un singolo capitolo della storia, suddivisa come un libro, non porta via che un’ora di gioco o poco più, ed è quindi lecito attestare la longevità media tra un minimo di quattro o cinque ore ad un massimo di quasi trenta, viste le numerose storie che potranno essere visionate.
Come e più di quello di Bastion, il narratore contribuisce non poco all’atmosfera di gioco, punteggiando ogni azione a schermo con commenti che variano dall’ilare al grave, conducendo così la musica su cui il giocatore e Reynardo si troveranno a danzare.
Soprattutto se fruita a piccoli sorsi, come una bibita troppo fredda in una giornata di agosto, la narrativa di Stories The Path of Destinies funziona – nonostante il riciclo di ambientazioni e situazioni – e offre un ulteriore ottimo esempio di ibridazione tra media, in questo caso quello videoludico e quello letterario.
Problemi strutturali
Nonostante qualche spunto positivo, a partire dal sistema di combattimento che ricalca molto da vicino quelli visti in titoli come i Batman di Rocksteady o l’Ombra di Mordor, le meccaniche di gioco sono abbastanza deboli, e restituiscono l’impressione che il team di sviluppo, nel concentrarsi sul versante narrativo del prodotto, ne abbia tralasciato il gameplay.
Il problema più grosso risiede di certo nella ripetitività, che farà compagnia al giocatore già dopo aver completato due o tre run, e quindi dopo circa tre ore di gioco: colpa di un level design sempre uguale a se stesso, di poche tipologie di nemici, di un sistema di crescita del personaggio estremamente guidato, che lascia poco margine di manovra al giocatore.
Se a questo aggiungiamo il fatto che non esiste un sistema di loot nel gioco, se non aprendo i forzieri generosamente sparsi per le mappe, appare evidente come il versante da action RPG della produzione Spearhead risulti impoverito di molte delle caratteristiche fondanti del genere, e reciti il ruolo di mero collante tra una sequenza narrativa e l’altra.
Reynardo può forgiare quattro diverse spade, tutte ulteriormente potenziabili, e con queste è chiamato a farsi largo tra masnade di nemici, perlopiù corvi antropomorfi: questi non solo non brillano per intelligenza artificiale, aspettando diligentemente il proprio turno di attacco anche quando in soverchiante superiorità numerica, ma offrono una sfida davvero minima.
Considerando che non esistono livelli di difficoltà ulteriori rispetto a quello base, né oggetti indossabili di sorta a parte delle gemme da alloggiare in appositi slot (che donano bonus passivi di varia natura), coloro i quali speravano in un dungeon crawler sulla falsariga di Diablo rimarranno profondamente delusi.
Le fonti più evidenti di ispirazione di Stories: The Path of Destinies sono Bastion e Hand of Fate, solo che questa produzione non riesce a replicare né il carisma del primo né l’elemento sorpresa del secondo, finendo col risultare un titolo poco più che sufficiente.
Il combattimento “freeflow style” si dimostra godibile come in tutte le altre occasioni in cui è stato chiamato in causa, ma quando nessuno dei nemici (nemmeno gli antagonisti principali della storia) riesce a dare filo da torcere al giocatore, si perde la necessità di muoversi con tempismo e di contrattaccare al momento giusto, perché, anche incassando tre o quattro colpi, si uscirà vincitori dallo scontro senza troppe difficoltà.
Abbiamo trovato irritante l’impossibilità di tornare indietro anche solo di un paio di stanze, come se le porzioni di mappa in cui si svolgono i singoli sottocapitoli non si vogliano mai davvero aprire al giocatore, in modo da lasciare eventuali scrigni e tesori nascosti per tutte le altre volte che questi passerà di lì (e credeteci, saranno diverse…).
Il rammarico aumenta quando si riesce a scorgere anche il buono della produzione Spearhead, come delle interessanti abilità secondarie peculiari per ognuna delle spade, o qualche enigma ben congegnato, per quanto semplice, o, come detto, le splendide battute di spirito della voce narrante, che solo i più ferrati con l’inglese riusciranno a cogliere.
Ombre e luci
Luci ed ombre anche per quanto concerne il comparto tecnico della produzione, che alterna una direzione artistica colorata ed ispirata, seppure un po’ infantile nel tratto, ad un framerate che ha mostrato qualche segno di incertezza durante i combattimenti più caotici, quando i nemici a schermo superavano agevolmente le sette o otto unità.
Di norma, i 30 fps sono abbastanza stabili, con piccoli cali solamente in occasione dei salvataggi automatici, ma il sovraffollamento dello schermo può portare a rallentamenti che, pur non decretando la sconfitta del giocatore, grazie anche alla morbidezza del livello di difficoltà, tolgono un pizzico di spettacolarità e di ritmo ai combattimenti.
Le ambientazioni, riprese con la consueta telecamera a volo d’uccello, tendono ad assomigliarsi molto tra loro, e, anche settando la qualità massima delle texture, non riescono a lasciare il segno nel giocatore, che sarà piuttosto rapito dall’ottima interpretazione della voce narrante, invero l’elemento più riuscito dell’intero pacchetto.
L’Unreal Engine 4, in Stories The Path of Destinies sembra accontentarsi del compitino, insomma, senza flettere i muscoli né garantire scorci degni di nota: l’unico risvolto positivo è insito nella grande scalabilità del prodotto, capace di girare anche su PC non esattamente all’ultimo grido.
Promossa a pieni voti, invece, la colonna sonora, che accompagna degnamente l’azione a schermo e sfoggia una varietà notevole, necessaria per commentare al meglio il gran numero di possibilità che potrebbero materializzarsi a schermo a seconda delle decisioni del giocatore.
– Ventiquattro storie diverse che aspettano di essere narrate
– Voce narrante spiritosa e briosa
– Rigiocabile…
– Davvero troppo facile
– Dove sono loot ed equipaggiamento?
– …al prezzo di una ripetitività non indifferente
– Sistema di crescita del personaggio restrittivo
Stories The Path of Destinies rappresenta una colossale occasione persa, date le premesse e il talento che il team di sviluppo ha dimostrato nel confezionare e raccontare storie.
A fronte di una narrativa brillante e di personaggi simpatici, nei quali è facile ritrovarsi, il prodotto Spearhead si presenta debole dal punto di vista del gameplay, restituendo spesso l’impressione che le fasi giocate siano solamente un intralcio nel tentativo di proporre una racconto al giocatore.
Lo si evince dalla enorme ripetitività di fondo, dalla totale assenza di un sistema di loot, dalla pochezza dei nemici e da un sistema di crescita del personaggio estremamente vincolato.
Così com’è, Stories The Path of Destinies risulta molto più appetibile agli amanti della narrazione pura di quanto non sia per quelli degli hack’n’slash con visuale isometrica.