Da un po’ di tempo a questa parte sembra che l’ambientazione preistorica cominci a stuzzicare la fantasia di parecchi sviluppatori. Non che in passato non ci fossero giochi ambientati all’età della pietra, ma con Ark che spopola sul tubo, Far Cry Primal dietro l’angolo e Wild che ci fa stare tutti con il fiato sospeso, direi che gli zombie possono prendersi le meritate ferie e lasciare il posto a dinosauri e bestie varie. Il prodotto dei ragazzi di Yellow Worm Studio non solo è ambientato agli albori della razza umana, ma si presenta anche con un aspetto non dissimile da quello delle pitture rupestri, espediente già sfruttato (tra l’altro in maniera infinitamente migliore) da Apotheon, platform con ambientazione greca che sembra aver preso vita direttamente dalle decorazioni di un’anfora. Se avete letto il voto numerico sapete già che c’è poco di bello da dire, ma se vi piace leggere cattiverie sui videogiochi vi esorto ad andare avanti con la lettura.
Storie di pietra e controlli di m…
L’incipit narrativo di Stone Tales vede i due fratelli Uga e Buga, entrambi membri della tribù Ukelele, alle prese con la prova che li eleverà al rango di guerrieri. Sotto la guida dello sciamano essi partiranno per dimostrare il loro valore, ma si troveranno ben presto invischiati in un vortice di eventi che li trascinerà avanti per tutta la durata della loro breve avventura. La narrativa non è di certo il piatto forte della produzione che si presenta come un platform bidimensionale di stampo classico. La particolarità del titolo risiede nei due protagonisti: Uga snello ed esperto nello scagliare lance, e Buga, massiccio e in grado di incassare colpi ad oltranza grazie al suo scudo. Gli sviluppatori hanno avuto la malsana idea di creare un sistema di controllo unificato per entrambi i protagonisti, mantenendo separati solo il salto, la parata e l’attacco. Ne risulta quindi che i fratelli si muovono contemporaneamente nella medesima direzione e per lo stesso spazio, rischiando però di separarsi se uno dei due rimane incastrato in un dislivello del terreno o da qualche altra parte. Quando questo succede bisogna darsi un po’ da fare per cercare di farli tornare vicini perché non è possibile affrontare un salto con precisione quando i personaggi spiccano il balzo da due punti diversi. Inoltre bisogna sempre cercare di mantenere Buga davanti a Uga in modo che possa parare eventuali attacchi in arrivo mentre suo fratello scaglia lance riparandosi dietro di lui. Anche questa meccanica risulta difficoltosa da digerire a causa del sistema di controllo che sembra sia quasi stato creato male apposta per aumentare il livello di difficoltà della produzione. Il titolo propone livelli piuttosto lineari con poche diramazioni che si esplorano in breve tempo e strade tutto sommato obbligate. I rarissimi enigmi ambientali presenti sono talmente semplici da non rappresentare una sfida degna di questo nome e risolverli da veramente poca soddisfazione. Oltre ai normali livelli in stile platform sono presenti alcune sezioni di fuga in stile endless run bidimensionale, che però aggiungono poco al valore della produzione. Al termine di alcuni schemi ci si parerà di fronte un boss da affrontare, pochini per la verità, e di cui solo l’ultimo rappresenta una parvenza di sfida, rendendo necessario affrontarlo almeno un paio di volte per capirne i pattern di attacco.
Macchie su pietra
Stone Tales tenta di crearsi uno stile personale proponendo una grafica bidimensionale il più simile possibile alle pitture rupestri fatte dagli uomini preistorici sulle pareti delle caverne in cui vivevano. In parte ci riesce, ma il risultato finale rimane comunque molto spoglio, con dettagli veramente ridotti all’osso e protagonisti che ricordano fin troppo degli stickman, animati tra l’altro peggio che in molti video divertenti su youtube. I livelli si ripetono tutti simili l’uno all’altro variando in parecchi casi solo per le tinte delle piattaforme. Non vi sono zone segrete, scorciatoie o collezionabili che possono spingerci ad un’esplorazione accurata, il poco che c’è è li davanti agli occhi e non soddisfa.
L’unico espediente degno di nota è un livello onirico in cui non è stato fatto altro che abbassare un po’ la gravita e sostituire gli avversari animali che ci siamo trovati ad affrontare fino a qualche istante prima con degli spiritelli neri con poco carisma. dulcis in fundo ci sono i bug. Decisamente poco gradevoli da riscontrare in qualsiasi titolo, chiudiamo un occhio quando si tratta di open world, ma riscontrarli in giochi semplici come questo denota veramente poca cura da parte degli sviluppatori. Capita infatti di cadere attraverso le piattaforme o di trovarsi a “nuotare” dentro una parete dopo un salto un po’ troppo azzardato.
Come se tutto ciò non bastasse è da segnalare una longevità bassissima, in quanto è possibile completare il gioco in circa tre ore, buona parte delle quali le passerete a sacramentare contro il sistema di controllo. Il multiplayer non è contemplato e non credo nessuno possa essere interessato a rigiocare il titolo a causa dell’assenza totale di collezionabili, percorsi alternativi o una storia in grado di suscitare particolari emozioni.
– Stile grafico gradevole…
– L’idea del doppio protagonista è buona…
– …anche se un po’ troppo povero
– …ma sfocia in un sistema di controllo scomodo
– Level design troppo esile
– Buggato
– Breve
Stone Tales è un mezzo disastro da qualunque punto di vista lo si voglia guardare. Ad un comparto grafico/artistico di basso livello è affiancato un sistema di controllo veramente infelice. Un peccato perché l’idea del protagonista multiplo non è male, ma ci sono titoli, come ad esempio Trine, che sfruttano la cosa in modo estremamente più brillante. Se deciderete di acquistarlo sappiate che non vi porterà via più di tre ore e non vi lascerà nulla se non l’amara certezza di aver sprecato il vostro denaro. Fidatevi di me, in giro ci sono platform estremamente migliori a prezzi decisamente più ragionevoli. A meno che non siate amanti delle rocce e delle tastiere malfunzionanti lasciatelo dove stà.