Cosa fa un re ormai assediato da tutti i lati? Come si comporta quello che un tempo era il signore incontrastato degli streaming, dell’e-sport e degli strategici, davanti all’avanzata inarrestabile dei MOBA moderni? Legacy of the Void doveva essere la risposta a questo dilemma, il gioco che avrebbe mostrato finalmente la strada intrapresa da Blizzard per contrastare quei rivali accessibili e giocati da milioni di persone che hanno oscurato in pochi anni la forma originaria degli strategici in tempo reale. E la risposta è arrivata, diavolo se è arrivata, ma forse non è quella che molti si aspettavano.
Più epico non si puote.
Legacy of the Void è il pezzo finale di Starcraft II, quel terzo capitolo che ha il compito di chiudere definitivamente la saga. Blizzard non lo ha trattato però come una semplice espansione, lo ha sviluppato a lungo, lavorando duramente sui contenuti singleplayer e sulla campagna dedicata ai Protoss. Il risultato è un’avventura di un’epicità mostruosa, forse deboluccia e scontata in quanto a narrativa, ma gestita in modo geniale e ricca come non mai. Dopo aver affrontato il prologo nei panni di Zeratul, prenderete il controllo di Artanis e dei suoi Templari, contro l’oscura minaccia di Amon rivelatasi nei capitoli precedenti. La serie di eventi, come detto, non è delle più originali, ma parte con un paio di colpi di scena di rara potenza e continua in modo impeccabile, facendo seguire momenti esagerati a battaglie grandiose con un ritmo all’apparenza inarrestabile.
La campagna di Legacy of the Void è, in parole povere, la miglior campagna che abbiamo mai visto in un rts, e tutto ciò che un fan di questo genere potrebbe desiderare. Blizzard ha imparato benone la lezione, e ha deciso non solo di dar vita a una lunga serie di missioni capace di prendervi tranquillamente più di una dozzina d’ore, ma di variare i compiti in modo impressionante da una location all’altra, inserendo nel mix tutto ciò che di buono aveva imparato con Heart of the Swarm e Wings of Liberty. Nella campagna di Artanis e nelle missioni dell’epilogo troverete quindi sia scontri classici con obiettivi variabili che combattimenti con mappe mutevoli e meccaniche aggiuntive, missioni al controllo di eroi multipli dotati di svariate abilità, e alleati da difendere e supportare. La cosa migliore? Le missioni sembrano accuratamente studiate per rinfrescare la memoria e le abilità di chi non gioca a Starcraft II da tempo. Le prime sono un tutorial semplicissimo, ma avanzando la difficoltà aumenta in modo esponenziale, fino ad arrivare a momenti che, al massimo livello di sfida, potrebbero risultare complicati anche per un giocatore esperto. Il tutto è finemente calcolato e inserito nel minestrone per rafforzare ogni singola skill necessaria: microgestione delle unità, posizionamento difensivo di torrette ed edifici, scelta delle tecnologie ed espansione. Viene più o meno rinfrescato tutto, con inoltre il non indifferente valore aggiunto della Lancia di Adun, attorno a cui ruotano gran parte delle vicende di Artanis e compagnia.
Lancia ben affilata
La Lancia non è altro che una nave gigantesca con un funzionamento simile al Leviathan di Kerrigan in Heart of the Swarm. A bordo potrete conversare con gli altri personaggi del gioco, gestire le unità, partire per le missioni e utilizzare un materiale chiamato Solarite (ottenibile completando obiettivi extra) per attivare poteri della nave poi utilizzabili in missione. Si va da piloni gratuiti posizionabili ovunque sulla mappa a devastanti attacchi ad area, quindi non è il caso di sottovalutare l’utilità della Lancia, specie alle difficoltà maggiori.
L’elemento più interessante tuttavia è proprio la sopracitata gestione delle truppe. Niente evoluzioni biologiche, qui si lavora su quattro diverse fazioni, che vengono gradualmente sbloccate avanzando per la campagna. Ogni tipo di unità ha tre varianti, completamente diverse tra loro e disponibili spesso solo in singleplayer, che permettono di variare completamente un’armata e di personalizzare alla grande la propria strategia. Insomma, la campagna non è solo molto longeva, è anche rigiocabile alle alte difficoltà con sostanziali differenze.
Contenutisticamente basterebbe un tale ben di dio a innalzare il prodotto di Blizzard, ma in più in Legacy troviamo delle missioni co-op specifiche e l’Archon Mode. Le missioni cooperative sono ad obiettivi, e permettono di usare i vari eserciti nei panni di eroi con abilità variabili. L’Archon Mode è invece una modalità multiplayer dannatamente sfiziosa, che mette due giocatori al controllo della stessa base. Pensateci un po’, un giocatore può controllare l’economia della base e gestire le unità, e l’altro combattere, oppure è possibile gestire determinati elementi in coppia, per scontri cooperativo/competitivi divertenti come poca roba al mondo. Una grandissima trovata, che potrebbe stuzzicare anche nell’ambiente competitivo online. Chiaramente rimane invariata poi l’offerta dell’Arcade Mode, con una miriade di modalità create dalla community e minigames che sfruttano l’editor del gioco.
Nessun compromesso
Ora però è proprio dell’elefante che balla la rumba nella stanza di cristallo che è il caso di parlare… il multiplayer competitivo.
Tanti erano i cambiamenti previsti, e tanti eran già apparsi nella beta. Una velocizzazione generale delle fasi iniziali quello che saltava più all’occhio, grazie a una partenza con 12 unità di raccolta, capace fondamentalmente di annullare del tutto i momenti morti dalle partite e spingere ad azioni aggressive in pochissimo tempo. Questo genere di rivoluzione aveva già fatto gridare molti allo scandalo: ci si aspettava una semplificazione, una sorta di spinta verso l’azione per riavvicinare Starcraft II a quei MOBA che lo stanno usurpando.
Niente di più sbagliato.
I cambiamenti non snaturano il gioco, non lo rendono più accessibile e non lo instupidiscono in alcun modo, anzi, forse lo hanno fatto diventare persino più brutale e punitivo. Le mutazioni alle risorse in base e l’aumento di workers all’inizio rendono ora praticamente impossibile poggiare il sedere su una base sola, riducendo al minimo le tattiche atipiche e ingannevoli di inizio partita ( i “cheese”) ed eliminando la fase più noiosa dei match. La spinta all’espansione cambia del tutto la macro, ovvero la gestione di basi, risorse e costruzione di unità, portando a strategie immensamente aggressive da subito o a espansioni rapide ma ponderate che vanno protette in modo furbo. Permane l’elemento sasso-carta-forbice, ma ora praticamente ogni razza ha unità estremamente potenti a disposizione, che possono ribaltare un match, pertanto cambi improvvisi di strategia possono mutare il destino apparentemente già scritto di una partita e quasi ogni scontro tra giocatori preparati è tirato fino all’inverosimile. È un altro Starcraft, sia da vedere che da giocare, ma resta affezionato in primo luogo a giocatori desiderosi di spendere moltissimo tempo sul suo profondissimo gameplay e di imparare. Per un novellino, o per qualcuno fuori allenamento, sarà traumatico a livelli incredibili affrontare le partite ranked e non classificate di questo gioco.
Il colosso di Irvine, dunque, ha fatto la sua scelta. Mantenere invariata la complessità di Starcraft, abbracciare del tutto il suo spirito e regalare ai fan di vecchia data un gioco più veloce, più completo, più skill based rispetto alle prime due parti. Per quanto ci riguarda, la troviamo una scelta da applausi, ma temiamo profondamente per il futuro del marchio. I cambiamenti rialzeranno i rating su Twitch e il numero di giocatori? Riteniamo che Legacy lo meriti al 100%, ma il pubblico si sta chiaramente spostando verso un altra direzione… non resta che sperare.
Chiudiamo con il comparto tecnico, forse l’unica cosa di Starcraft II che inizia a mostrare le rughe, nonostante i miglioramenti apportati qua e la. Specialmente nelle cutscene che sfruttano il motore le texture appaiono a volte piuttosto sgranate e i modelli tridimensionali non impeccabili, ma ci si passa facilmente sopra. L’interfaccia è più o meno invariata, invece, con la solita pletora di comandi in-game che permettono facilmente di gruppare, dare ordini in successione, e tasti che facilitano la selezione delle strutture principali e delle unità militari in toto. Squadra che vince dopotutto non si cambia. Di altissima qualità infine il sonoro, grazie a un ost sempre galvanizzante al punto giusto e a doppiaggi ottimi. E sì, il titolo è completamente doppiato in italiano, e pure bene.
– Campagna longeva ed eccezionale
– Tanti contenuti e modalità cooperative spassose
– Fasi iniziali velocizzate moltissimo in multiplayer, e ancor più enfasi sulla skill personale
– Graficamente inizia a mostrare i suoi anni
– Narrativa piuttosto scontata, per quanto epica
Blizzard ha scelto di non piegarsi, e di migliorare il gameplay del re degli strategici con un secco aumento della velocità nelle fasi iniziali, e cambiamenti che premiano ancor di più la skill e la capacità di adattarsi in partita. Una scelta coraggiosa, che forse renderà ancor più elitaria la community, ma indubbiamente indica Legacy of the Void come il culmine di un processo evolutivo che pone Starcraft II al culmine del genere strategico. Non bastasse, il titolo vanta forse la miglior campagna che abbiamo mai visto in un rts, e una miriade di contenuti di qualità. En Taro Blizzard.