Disney e i giochi di corse, capitolo uno. Potrebbe essere questo il cappello introduttivo perfetto per un titolo come Split Second che, dopo aver riscosso un buon successo su piattaforme next gen, sbarca sugli schermi LCD delle nostre PSP. Che c’entra Disney, vi starete chiedendo. Beh si dà il caso che il colosso dell’intrattenimento per famiglie non si sia dato solamente alla coproduzione, con Square Enix, dell’ormai arcinota saga di Kingdom Hearts, ma abbia anche pubblicato questo titolo sviluppato in collaborazione con i team di Sumo Digital e Black Rock Studio. Se esplosioni apocalittiche sono il vostro pane quotidiano, se il vostro film preferito è The Fast and Furious e se, da quando avete la patente, avete già distrutto tre automobili, beh, smettere di cercare.
ModalitàCome tutti i titoli prodotti da colossi internazionali (ci viene in mente, come esempio calzante, EA), Split Second non difetta certo in presentazione: dopo un filmato introduttivo adrenalinico, condito da musiche quasi ossessiva, il gioco ci introduce a menù intuitivi e ben realizzati ed all’ampio ventaglio di possibilità tra cui potremo scegliere: si va dalla semplice e canonica corsa rapida, ideale quando avete quattro minuti netti di tempo da dedicare alla vostra fida console portatile, alla modalità in cui l’ultimo classificato, di giro in giro, viene eliminato dal computer, la quale vi costringerà ad abbandonare le ultime posizioni allo scadere di un timer ben visibile, pena il Game Over, passando per la modalità che vi vedrà combattere contro il tempo, settore per settore, nel più classico degli scontri all’ultimo checkpoint contro il cronometro. Considerando che altri tracciati e altre modalità saranno sbloccabili in seguito, come da copione per ogni buon titolo arcade da vent’anni a questa parte, si può obiettare poco sull’offerta ludica del titolo, considerando poi che quelle fin qui menzionate non sono che portate secondarie, se paragonate al piatto principale, ovvero la modalità carriera. Quest’ultima vi metterà alla prova con una serie di tracciati internazionali e con avversari tra i più agguerriti tra quelli visti nella categoria giochi di corsa su Playstation Portable.Apprezzabile anche il tentativo di dotare il gioco di un minimo di comparto narrativo, perché a giustificare le nostre corse a rotta di collo ci sarà un reality show televisivo, in cui un avido pubblico di guardoni (dove l’abbiamo già sentita, questa?) si diletterà a starsene in panciolle mentre i concorrenti rischiano la vita ad ogni curva.
Curve ciecheSpiace dirlo, ma se il cuore del gioco fosse all’altezza della sua presentazione, probabilmente staremmo parlando di un nuovo punto di riferimento per il genere: scesi in pista, infatti, prima ancora di scontrarci contro un avversario o una trave che crollerà proprio dinanzi al nostro veicolo, saremo costretti a scontrarci con un porting dalla qualità quantomeno altalenante, tendente allo scarso. Partiamo dal sistema di controllo: scordatevi l’analogico, che vi aveva accompagnato fedele tanto in Gran Turismo quanto nei vari The Need For Speed, affermandosi come metodo di controllo preferito per i racing game sulla portatile di casa Sony. Per un qualche strano motivo, infatti, la risposta agli input dati con l’analogico è scandalosamente lenta, il che, se già costituirebbe un problema in uno strategico a turni, diventa una limitazione insopportabile in un titolo in cui sono richieste prontezza di riflessi e capacità balistiche non indifferenti. Certo, la situazione migliora facendo uso della cara vecchia croce direzionale, ma comunque il nostro controllo sulla vettura sarà incompleto, legnoso, irritante. In varie occasioni saremo costretti a fronteggiare incidenti dovuti alla scarsa manovrabilità del nostro mezzo piuttosto che ad una nostra reale mancanza, portando la frustrazione dietro l’angolo. Tornano peraltro problemi già riscontrati nelle versioni HD, come l’alta probabilità di rimanere coinvolti in incidenti che noi stessi causeremo, aggravati però dalla mancanza di maneggevolezza del nostro mezzo: l’idea alla base di Split Second, lo diciamo a beneficio di coloro che non hanno avuto modo di cimentarsi con le precedenti iterazioni, è quella di accumulare energia in una barra a fondo schermo tramite derapate, sorpassi, manovre azzardate e chi più che ha più ne metta, così da poter poi, alla pressione del dorsale sinistro, scatenare degli spettacolari incidenti che, sulla carta, dovrebbero devastare le altre vetture e aumentare le nostre chance di vittoria. Nei fatti, però, il riempimento della barra appare quasi casuale, svincolato cioè dalle reali azioni che intraprenderemo su schermo e il suo utilizzo causerà al nostro bolide gli stessi problemi (e gli stessi danni) che infliggerà ai nostri concorrenti, rendendone l’utilizzo inutile, quando non dannoso, seppure graficamente spettacolare. Il caos regnerà presto sulla pista e, se questo risulta divertente nel breve periodo, la situazione porterà presto a noia e si finirà, inevitabilmente, con l’accantonare l’ultima produzione Disney, in favore di titoli affini (il già citato The Need for Speed piuttosto che Burnout).Eppure qualche aspetto positivo c’è, e risiede principalmente nella già citata spettacolarità degli incidenti, nella discreta sensazione di velocità che il gioco riuscirà a trasmettere e nella più che sufficiente quantità di competizioni, bonus e sbloccabili offerti al giocatore, che, a patto di digerire le pecche del sistema di controllo, si ritroveranno tra le mani un gioco di corse più longevo della media dei concorrenti.
Analisi tecnico – tatticheSenza infamia e senza lode l’aspetto tecnico del gioco, che si espone a critiche più leggere rispetto al metodo di controllo: fatta eccezione per un aliasing marcato più che mai, una saltuaria scomparsa di qualche poligono e dei (fisiologici) rallentamenti nelle situazioni più concitate, l’impatto visivo del gioco è discreto, con modelli delle vetture sufficientemente dettagliati, una palette di colori particolarmente apprezzabile, soprattutto nelle gare effettuate al tramonto e una telecamera che, quantomeno, non fa danni. Mediocre il versante sonoro, che si compone di tracce abbastanza anonime, ritmate quanto basta per accompagnare delle gare mortali ma mai davvero incisive e senza alcuna traccia su licenza, che avrebbe magari impreziosito la produzione. Le modalità multigiocatore sono limitate al solo locale, in linea con un prodotto che, a fronte di qualche buona idea, soffre di difetti troppo evidenti per essere tralasciati: fino a quattro giocatori potranno sfrecciare sui circuiti, a patto di possedere altrettante copie del gioco, il che, vista la qualità generale, non sarà esattamente una cosa semplice da realizzare. Decisamente meglio invece la longevità, che, come abbiamo già accennato, risulta forse uno dei lati migliori di questo Split Second, con un discreto numero di tracciati e con la variabile dettata dal fatto che le devastanti esplosioni causate dal Power Play renderanno difficile percorrere due giri sulla stessa pista.
– Presentazione più che discreta
– Uno dei racing game più legnosi visti su PSP
– Power Play arma a doppio taglio
– Multiplayer solo in locale
– Una buona idea di base gettata al vento
Paradossalmente i ragazzi di Sumo Digital e di Black Rock Studio Il torto peggiore lo hanno fatto al gioco stesso, che godrebbe di un’idea di base affascinante, e che, sfruttando proprio la sua discreta originalità, ha ottenuto consensi nelle sue versioni da salotto: un sistema di controllo che varia dallo scandalosamente legnoso della croce direzionale al completamente ingovernabile dell’analogico toglie ogni velleità adrenalinica al titolo, che si riduce così ad un monotono girare e attivare il Power Play nella speranza che i suoi effetti devastanti non coinvolgano anche la nostra vettura. Un’occasione perduta per arricchire la non nutritissima line up dei giochi di corse arcade su PSP. Anche a parità di prezzo, vi avremmo consigliato di dirigervi, piuttosto, su Motorstorm Arctic Edge, altra conversione da PS3 ma di tutt’altro livello, figuratevi poi se considerate che quest’ultimo potreste trovarlo ad almeno una ventina di euro in meno di Split Second.