Recensione

Splinter Cell: Pandora Tomorrow

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a cura di pWi

Seguito o espansione? Solo un anno fa la comunità videoludica poteva mettere le mani sul primo Splinter Cell, quello che certamente possiamo considerare un capolavoro unico nel suo genere capace di entrare nella storia dei videogiochi come solo i grandi capolavori sanno fare. Le novità al concetto di gioco stealth erano certamente moltissime e preziose. A questo si associava un gameplay contemporaneamente accorto e divertente. Insomma, Splinter Cell ha saputo miscelare gli elementi a sua disposizione come pochi altri giochi hanno saputo fare. Adesso UbiSoft ci ripropone, come dicevo a distanza di un solo anno, questo secondo episodio della serie, ma come dobbiamo considerarlo? La mancanza del marchietto “2” nel titolo dovrebbe già farci riflettere. Ma siamo proprio sicuri che si tratti solo di un’espansione? Un’espansione può essere venduta a prezzo pieno, in quattro CD e senza aver bisogno del gioco originale per funzionare? Tutte queste domande in realtà sono degli indizi volti a non considerare Pandora Tomorrow come una semplice espansione. Vi dico subito che, invece, ci sono tantissimi elementi che lo differenziano dal predecessore, elementi da ricercare soprattutto nella modalità multiplayer. Come pubblicizzato a squarcia gola, infatti, questa modalità è realmente molto innovativa, ma di questo ce ne occuperemo nel dettaglio tra qualche manciata di caratteri. Per ora mi preme sottolineare l’opportunità di considerare Pandora Tomorrow un’espansione per quel che riguarda il gioco in single player, un vero e proprio seguito per il multiplayer.

Embrace the dark La confezione di Pandora Tomorrow è senz’altro molto accattivante e originale. Riesce con un solo colpo d’occhio a trasmetterci l’elemento fondamentale del gioco: il buio. I quattro CD, infatti, sono inseriti in particolari foderine, ognuna riportanti la frase che vedete come titoletto di questo paragrafo. Paragrafo che comunque esiste per raccontarvi i fatti che stanno dietro a questo Pandora Tomorrow, per cui vediamo di sviscerarli senza scoprire i dettagli che sicuramente fa piacere conoscere giocando il gioco e non leggendo una recensione. Come al solito, dobbiamo notare la presenza del nome Tom Clancy nella copertina e nel titolo del gioco. Tutto questo non è frutto esclusivamente di una mera campagna pubblicitaria, perché la mano del grande genio delle spy-story si sente assolutamente. Anche questo secondo episodio della saga vanta, infatti, un’atmosfera quasi cinematografica di tensione, sospetto, intrigo, morte. Inoltre, i personaggi che avevamo incontrato nel primo Splinter Cell ritornano praticamente tutti. Non mancheranno, quindi, il colonnello Lambert, colui che ci ordinerà il da farsi durante la missione; Anna Grimsdottir, la quale guida una piccola squadra di programmatori con il compito di fornirci il supporto tecnologico che ci serve; Coen, baldanzosa ragazzetta che ci aiuterà ad entrare e ad uscire dai luoghi in cui si svolgono le missioni. A questi si aggiunge Dermot P. Brunton, altra voce che si aggiungerà a quella di Lambert durante le missioni che si occuperà della coordinazione tra più agenti grazie all’aiuto di tecnologia satellitare. Ovviamente non può poi mancare Sam Fisher, l’agente che noi impersoneremo che per la seconda volta è chiamato a sventare una guerra ormai sull’orlo di scoppiare. Passando alla trama vera e propria, come dicevamo poc’anzi, essa è sulle orme dei romanzi di Clancy e quindi fa perno su elementi da spy-story pura e sulle solite crisi internazionali. A differenza del primo episodio, inoltre, risente pesantemente della situazione internazionale contemporanea non mancando di citare spunti relativi al terrorismo o alla presenza di forze americane al di là degli Stati Uniti. Tutto prende, infatti, avvio quando gli USA decidono di installare una base militare temporanea a Timor Est facendo crescere quindi l’odio della popolazione locale contro le forze americane. Tuttavia, agli americani serve la base per monitorare da vicino la situazione della mai doma Corea del Nord e quindi decidono di non smantellarla. I ribelli si affidano così a Suhadi Sadono, leader guerrigliero (a dire la verità non molto dissimile da Che Guevara) con pochi scrupoli. La prima mossa di Sadono è quella di impadronirsi dell’ambasciata USA a Jakarta, capitale dell’Indonesia nella quale si svolgeranno diverse missioni. La situazione diverrà ancora più tesa quando i servizi segreti americani verranno a conoscenza del piano completo di Sadono, il quale prevede un attacco batteriologico proprio negli Stati Uniti. Qui entriamo in gioco noi e Third Echelon, l’associazione governativa creata con lo scopo di fronteggiare crisi come questa in maniera diretta e in prima persona. E’ ovvio che qui stiamo parlando di Sam Fisher.

Spia significa furtività Come abbiamo più volte detto l’elemento centrale della serie Splinter Cell è certamente la furtività. Questa parola ce la stamperemo bene in mente, anche perché Lambert non farà altro che menzionarcela. Il primo impatto col gioco ci dà una sensazione estremamente familiare. Le somiglianze con il primo Splinter Cell sono più delle coincidenze che delle vere e proprie somiglianze. In una parola, nulla è cambiato rispetto al predecessore. Sam Fisher si muove sempre nel solito modo, può sfruttare ciò che lo circonda nel solito modo, può interagire con l’ambiente nel solito modo, può far fuori i soldati nemici nel solito modo. Come dicevamo, quindi, la campagna single player è più interessante per la nuova trama che per le aggiunte al precedente stile di gioco. Ritroveremo quindi tutte le mosse che poteva compiere Fisher, la solita interfaccia di colore verde e le solite armi. Tra queste non mancherà la pistola con il silenziatore, utilissima come sempre a far fuori i nemici da distanza ravvicinata con un colpo alla testa e per spegnere le fonti di luce che ci ostacolano nel nostro movimento furtivo. Abbiamo ancora una volta anche il preziosissimo SC-20K, fondamentale non solo perché è assolutamente letale contro ogni tipo di nemico ma anche perché può sparare, grazie al fuoco secondario, tutta una serie di oggetti che diventeranno fondamentali con l’andare avanti nel gioco. Tra questi non mancheranno proiettili di gomma, per tramortire ma non letalmente i soldati avversari; stickycam, si appendono alle pareti e ci forniscono un’utilissima visuale d’insieme di quello che ci circonda; telecamere diversive, in grado di attirare i nemici e di stordirli con del gas quando si avvicinano; granate chaff, fondamentali per disattivare congegni elettronici grazie allo sprigionamento di una nube di particelle magnetiche; microfoni laser, i quali una volta puntati su una fonte di suoni ne catturano il significato; jammer, i quali disturbano le telecamere grazie all’emissione di impulsi a microonde. A questi si aggiungono gadget più intuitivi come proiettili elettrici, fumogeni, granate flash, grimaldelli, kit di scasso, cavi ottici e gli immancabili visori. Anche qui ne avremo due: quello per la visione notturna e quello ad infrarossi. Il primo è fondamentale quando saremo al buio per regolarci su quello che ci circonda. E’ impressionante l’effetto grafico che genera allorché lo puntiamo contro una fonte di luce in quanto saremo fortemente abbagliati. Stavolta anche alcune guardie nemiche lo utilizzeranno e quindi potremo sfruttare l’effetto abbagliante che queste subiranno. Il visore ad infrarossi è altrettanto importante per rilevare la presenza di mine o di congegni elettronici magari non immediatamente visibili. Altri oggetti che potremo usare, stavolta in maniera letale, sono mine, flare e granate a frammentazione. Considerate però che in molte missioni Lambert ci intimerà di non procedere letalmente, quindi dovremo star attenti a far fuori i soldati nemici senza ucciderli. In queste missioni noteremo il massimo dell’esperienza stealth, in quelle in cui potremo far fuori chi vorremo invece potremo divertirci grazie ad un comunque ottimo livello di frenesia che il gioco riesce ad offrire. Tuttavia, a causa dei pochi proiettili che abbiamo a disposizione, anche in quest’ultimo tipo di missione dovremo procedere in maniera alquanto accorta. Passiamo adesso al discorso relativo ai movimenti che Fisher può compiere. Innanzitutto, diciamo che la bellezza delle animazioni raggiunge vette anche qui precedentemente inesplorate. Già il primo Splinter Cell ci aveva abituati ai movimenti plastici di Sam Fisher, ma Pandora Tomorrow ci ha dato, in maniera ancor più forte, quasi la sensazione che il nostro alter ego abbia dei movimenti precipui per ogni situazione in cui si trova. Insomma, sembra adattarsi a tutti gli elementi che incontrerà nella sua avventura. Vedremo animazioni che non avevamo visto prima anche alle ultime battute di gioco, tutto questo ci ha entusiasmati non poco perché contribuisce massicciamente all’atmosfera di realismo che circonda tutta la produzione e che, come vedremo, riguarda anche il discorso grafica in generale. Detto questo, dobbiamo sottolineare la presenza di nuove mosse e la conferma di tutte quelle che avevamo visto nel primo episodio. Iniziando con quest’ultime segnaliamo velocemente la capriola, la spaccata tra due muri, lo scalare con una corda, spostare corpi, afferrare gli avversari, tramortirli con un pugno o farne uno scudo minacciando altri eventuali nemici nelle vicinanze, appoggiarsi ad un muro per agire in silenzio. Sono molto sfiziose le nuove mosse che Fisher può compiere perché riescono, seppure in minima parte, a farci modificare lo stile di gioco che avevamo acquisito con il predecessore. Tra queste la più importante è sicuramente il fischio. Quando siamo nel buio, infatti, potremo fischiare in modo che i soldati nemici si avvicinino alla fonte del suono allertati dal possibile pericolo. Noi potremo spostarci velocemente in una zona altrettanto buia e contigua, avvicinarci di soppiatto al nemico allertato e stordirlo con facilità. Inoltre, adesso è possibile fare una mezza spaccata tra due muri e, con un nuovo balzo, raggiungere un livello più alto o, ancora, piombare dall’alto su un nemico uccidendolo con il nostro peso. Si potrà anche sparare restando aggrappati ad una corda o ad un palo, cosa molto utile in molte circostanze ma che ci costringerà a vere e proprie evoluzioni visto che spesso ci capiterà di vedere tutto al contrario a seconda della posizione che, in quel momento, ha assunto Fisher. Ultima delle novità è la cosiddetta rotazione SWAT. Questa avviene allorché siamo appoggiati ad un muro e una piccola interruzione del muro stesso ci impedisce di continuare appoggiati (capita spesso con porte o corridoi). Avvicinandoci alla sporgenza del muro e premendo il tasto di azione, vedremo Fisher compiere una rotazione e catapultarsi velocemente e invisibilmente per i nostri avversari dall’altra parte del muro. Insomma, utile e spettacolare.Per quanto riguarda la conformazione delle missioni, queste non sono molto dissimili a quelle a cui ci ha abituato il primo Splinter Cell. Tuttavia, essendo aderenti alla nuova trama, ci sembreranno il più delle volte anche originali. Non mancherà quindi il dover recuperare dei documenti, l’interrogare delle persone che ci possono aiutare nelle missioni, il recuperare informazioni da computer, il dover uccidere o spiare qualcuno. Anche qui però abbiamo riscontrato delle interessanti novità. Un paio di volte ci è, infatti, capitato di dover seguire un determinato personaggio il quale non ha bisogno di preoccuparsi della presenza delle guardie nemiche mentre noi, come sempre del resto, si. In queste circostanze è quindi importante non perdere molto tempo per non farsi scappare il personaggio in questione ma stare ugualmente accorti alle guardie considerando che il personaggio stesso può passare indisturbato e noi no. Insomma, niente di eccezionale ma riesce comunque a diversificare non poco il gameplay. Altra novità nello svolgimento delle missioni è costituita inoltre dalla presenza di molte locazioni con erba alta. Grazie ad essa sarà più facile nascondersi dalla vista dei soldati nemici e contemporaneamente nascondere i cadaveri. Insomma, per chiudere questo discorso diciamo che comunque Splinter Cell: Pandora Tomorrow è vario almeno quanto il suo predecessore grazie alla possibilità di agire in maniera sempre differente a seconda delle circostanze. Un discorso invece ancora più delicato è quello inerente l’intelligenza artificiale, probabilmente l’unico aspetto in cui soffriva il primo Splinter Cell. Diciamo subito che in questo secondo episodio i miglioramenti ci sono e sono assolutamente visibili ma, probabilmente, il problema non è completamente risolto. Adesso le guardie sembrano più accorte e soprattutto possono compiere operazioni svariate. E’ infatti possibile che prendano degli ostaggi e ci minaccino in questo modo o che chiamino aiuto quando si accorgono di essere in grossa difficoltà. Tuttavia, è sempre possibile aggirarli con i soliti meschini, e a volte stupidi, meccanismi. Inoltre, spesso toppano completamente incastrandosi in alcuni punti o non riuscendo a mettersi d’accordo tra di loro su chi debba passare prima da un corridoio particolarmente stretto. Insomma, sì passi in avanti ma la perfezione è ancora lontana.

Ma il punto forte è il multiplayer Ad inizio recensione avevamo detto come fosse l’aspetto multiplayer a conferire a Pandora Tomorrow i connotati di un vero e proprio seguito, vediamo il perché. Diciamo subito che la modalità multiplayer di questo secondo episodio della serie Splinter Cell è assolutamente inedita nel panorama videoludico in generale. Si tratta, infatti, del primo gioco stealth ad avere una modalità multiplayer a sé stante. D’altronde Pandora Tomorrow è stato pensato come un titolo destinato prevalentemente al gioco multiplayer e questo è dimostrato da diversi elementi. Primo dei quali proprio il menu di gioco, il quale recita la voce multiplayer al primo posto e quella della campagna in single player solo in una posizione subordinata. Vi sono tre tipi di gioco all’interno di questa modalità: neutralizzazione, estrazione, sabotaggio. A dire la verità esse sono tutte molto simili in quanto lo svolgimento delle partite varia di ben poco anche al variare di queste tre tipologie. In tutte queste modalità si scontreranno sempre quattro giocatori: due spie e due mercenari. Lo scopo delle spie sarà quello di entrare in possesso dei contenitori ND133, quello dei mercenari di proteggere questi contenitori. Vediamo nel dettaglio le differenze dovute alle tre modalità. In quella neutralizzazione le spie dovranno semplicemente trovare e neutralizzare i contenitori, i mercenari ovviamente difenderli. Nella modalità estrazione le spie, oltre a trovare i contenitori dovranno prendere i tubi che contengono e portarli al punto di estrazione. I mercenari, in questa modalità, avranno una possibilità in più: se non riescono a fermare le spie al momento della cattura del tubo potranno farlo mentre la spia cerca di riportare il tubo stesso al punto di estrazione. Infine, nella modalità sabotaggio le spie dovranno collocare un modem vicino agli ND133. Se il modem viene distrutto da uno dei mercenari dovrà prendere un nuovo modem (si trovano nelle casse di munizioni) e ricollocarlo vicino all’ND133. Ad ogni modo, il punto forte di tutte queste modalità sta nel dinamismo che ogni partita acquisisce. Scordatevi i movimenti precalcolati delle guardie gestite dall’IA e la possibilità di poterli sfruttare, qui tutto avviene in tempo reale. Potersi scontrare contro un mercenario che opera in maniera dinamica, ve l’assicuro, è un’esperienza unica per chi ha amato Splinter Cell in single player e che ha sempre desiderato poter vedere più dinamismo in quello che lo circonda. Tutto questo rende Pandora Tomorrow più apprezzabile se giocato con le spie, tuttavia il gioco con i mercenari è ugualmente divertente. Insomma, mi sarei aspettato un grande lavoro dai programmatori per adeguare il gameplay delle spie dal single player al multiplayer, ma non mi aspettavo assolutamente di vedere un gioco completamente diverso, ma ugualmente ben realizzato, allorché si giocasse con i mercenari. Vediamo nel dettaglio come cambia il gioco dall’uno all’altro team. Con le spie il tutto resta molto simile al gioco in single player. Ognuna di esse ha gli stessi movimenti e le stesse possibilità di interagire con l’ambiente che ha Sam Fisher. Si potrà quindi saltare, aggrapparsi a pali o corde, scalare reti, impugnare l’arma una volta aggrappati, compiere spaccate o capriole, afferrare un mercenario o stordirlo con una gomitata e altro ancora. Ovviamente, si dovrà stare ancora una volta molto attenti alle zone d’ombra: solo queste potranno salvarci dallo sguardo attento come non mai degli avversari. Ad aiutarci non mancheranno i soliti gadget che, più o meno, ricalcano quelli del single player. Qui diventano comunque preziose le granate chaff in quanto i sistemi elettronici di sorveglianza sono moltissimi. Dovremo infatti prestare molta attenzione a telecamere, rilevatori di movimento, laser associati ad allarmi e così via. Se faremo scattare uno di questi sistemi i mercenari sapranno immediatamente la nostra posizione e gli ND133 si sigilleranno impedendoci la loro cattura. In tutto questo diventa veramente divertente poter utilizzare i gadget, proprio perché ci troviamo dinnanzi ad un’esperienza di gioco completamente nuova rispetto al single player proprio per la sua dinamicità. Utilizzare una stickycam o un falso allarme, rispettivamente per controllare e per sviare i mercenari, dà una sensazione di esaltazione assolutamente diversa da quella provata fin’ora. Dicevamo che giocare con le spie dà comunque più immedesimazione, ma il gioco con i mercenari è, se possibile, ancora più divertente. Quando sceglieremo di impersonarne uno il gioco diventerà uno sparatutto in 3D in tutto e per tutto. La visuale sarà adesso in prima persona e la nostra arma ben in evidenza. Le difficoltà con i mercenari sono legate soprattutto al buio che pervade tutte le mappe e alla velocità dei movimenti delle spie. Anche quando ne noteremo una e questa sarà a portata di fuoco della nostra arma non sarà del tutto immediato ucciderla. La spia può infatti utilizzare fumogeni per annebbiare la nostra vista o granate chaff per mettere fuori uso i nostri congegni elettronici e quindi scappare dalla nostra portata. Inoltre, con la sua arma ad impulsi elettrici può immobilizzarci e spezzarci l’osso del collo. Quindi, dovremo essere anche qui molto accorti. Ad aiutare i mercenari, oltre alla potente arma che portano, ci sono due nuovi visori. Anche questi sono utilissimi così come lo sono quelli delle spie e, soprattutto, sono originalissimi dando una nuova esperienza di gioco assolutamente da provare. Si tratta del rilevatore elettromagnetico e di quello di movimento. Il primo è il meno utile dei due, ma comunque resta molto importante. In pratica, una volta indossatolo, la visuale viene invasa dal blu, mentre scie bianche sottolineano la presenza di oggetti elettromagnetici. Così potremo notare l’utilizzo, da parte delle spie, di particolari congegni e per rendersi ancora più invisibili e per catturare gli ND133 o, ancora, per tentare di ucciderci. E’ invece indispensabile il rilevatore di movimento il quale, allorché l’ho utilizzato per la prima volta, mi ha regalato una delle esperienze di gioco più immersive che ho riscontrato negli ultimi anni. Il rilevatore di movimento rende la nostra visuale rossa segnalando le fonti di luce con il nero. La cosa importante è che però sottolinea ogni tipo di movimento con un quadrato verde, in modo che possiamo localizzare con precisione la fonte del movimento stesso. Capirete senz’altro che è fondamentale nei luoghi bui per renderci esattamente conto della posizione delle spie. Che dire se non che i programmatori della UbiSoft non fanno altro che sorprenderci mettendo delle novità dove nessuno può mai aspettarsele. Per il resto anche i mercenari hanno degli utilissimi gadget. Tra questi dobbiamo segnalare soprattutto le mine le quali, se messe vicino agli ND133, diventano veramente letali per le spie. Non mancano tazer (i quali lanciano potenti scariche elettriche contro i bersagli vicini), flare, granate a frammentazione o al fosforo e così via. Un’altra cosa incredibilmente originale è la modalità cecchino. Premendo il tasto per utilizzare il binocolo avremo l’effetto di ingrandire quello che ci circonda e poter così uccidere da lontano le spie. La novità sta nella possibilità di trattenere il fiato, migliorando così la precisione della nostra arma. Potremo comunque trattenere il fiato solo fino all’esaurimento della barra dell’indicatore di fiato.

In tutto questo c’entra anche Unreal Il motore grafico che muove tutto questo ben di dio è ancora una volta quello di Unreal 2 (già visto anche in Unreal Tournament 2003 e 2004). E’ vero che questo motore ha ormai due anni sulle spalle, ma la grafica di Splinter Cell: Pandora Tomorrow non ne risente assolutamente. Credo, anzi, che sia una delle migliori dal punto di vista del realismo, essendo in grado di fornirci un’immagine molto reale e attinente con l’atmosfera che pervade il gioco. Non ci sono grandissime differenze da questo punto di vista rispetto al primo Splinter Cell, se non che i poligoni adesso sono molti di più, gli effetti di illuminazione risultano migliorati e gli effetti di pixel shader e vertex shader sono ancora più spettacolari. Il maggiore numero di poligoni ha permesso ai ragazzi di UbiSoft di creare mappe più grandi con un livello di dettaglio ancora maggiore. Tutto ciò lo si nota soprattutto nelle mappe ambientate nelle campagne dell’Indonesia, nelle quali alberi in lontananza e distese di erba arricchiscono massicciamente il livello di dettaglio complessivo. Gli effetti di illuminazione sono veramente straordinari. Se da una parte rendono meraviglioso l’effetto visivo dei nuovi rilevatori dei mercenari e di quelli “vecchi” delle spie, dall’altra creano eccezionali fenomeni di abbagliamento allorché si incappa in granate fumogene o nei flare. In questi frangenti la nostra vista viene completamente pervasa dal bianco e riusciremo a vedere solo a tratti gli spostamenti dei nostri avversari di turno. Difficile da spiegare, ma assolutamente meraviglioso da vedere. Insomma, tutte queste aggiunte impreziosiscono ancora di più un comparto grafico che non risente assolutamente del passare degli anni, restando certamente ai vertici dell’intera produzione videoludica del momento. Anche l’audio ci ha favorevolmente impressionati. Le musiche sono ancora una volta molto realistiche, rendendo molto bene l’atmosfera anche da questo punto di vista. Gli effetti sonori, poi, sono a dir poco eccezionali. Grazie ad essi, infatti, i programmatori sono riusciti a ricreare quell’atmosfera da silenzio assoluto che pervade soprattutto le partite in multiplayer. In queste anche un piccolo movimento o la semplice attivazione dei visori risalta sul silenzio incontrastato che ci circonda. A questo si aggiungono ottimi effetti sonori generati dagli spari delle armi, dal cadere degli oggetti e dallo sbattere delle varie granate. Insomma, il tutto è veramente immersivo anche da questo punto di vista. Aggiungiamo ancora un ottimo doppiaggio nella nostra lingua (da questo punto di vista tutti i giochi UbiSoft sono encomiabili) con la voce di Sam Fisher affidata ancora una volta al bravissimo Luca Ward che, per chi non lo conoscesse, è il doppiatore ufficiale di molte delle più importanti star di Hollywood come Russel Crowe o Tom Hanks.

HARDWARE

Requisiti minimi: Pentium III 1 Ghz o equivalente, 128 MB RAM, scheda video con almeno 128 MB di RAM, scheda audio Windows compatibile, 2,5 GB di spazio libero su hard disk.

Requisiti consigliati: Pentium IV 1,8 Ghz o equivalente, 512 MB RAM, scheda video con almeno 128 MB di RAM, scheda audio Windows compatibile, 2,5 GB di spazio libero su hard disk.

Sistema di prova: Pentium 4 2,8 Ghz, 512 MB RAM, GeForce 4 Ti 4200, scheda audio Hercules Game Theater XP.

MULTIPLAYER

Come abbiamo spiegato nella recensione, Splinter Cell: Pandora Tomorrow offre tre modalità multiplayer: neutralizzazione, estrazione e sabotaggio. Ognuna di esse può essere affrontata sia con le spie che con i mercenari, con evidenti differenze nella struttura di gioco in generale. E’ possibile giocare fino in quattro contemporaneamente.

– Quanto di buono fatto vedere dal primo episodio

– Modalità multiplayer inedita in tutto il panorama videoludico

– Spy-story intrigrante e ben ricostruita grazie alle atmosfere dark

– Esperienza di gioco assolutamente completa

– A parte la modalità multiplayer, pochissime novità rispetto al predecessore

9.2

Splinter Cell: Pandora Tomorrow conferma quanto di eccezionale aveva fatto vedere il suo predecessore collocandosi come uno dei migliori prodotti in assoluto di questa prima parte del 2004. E’ vero che la modalità single player è rimasta del tutto invariata, ma bisogna senz’altro sottolineare le grandi innovazioni che apporta invece quella multiplayer, proponendo un gameplay assolutamente inedito nel mondo del videoludo. Grazie a questa, infatti, Splinter Cell diventa uno stealth game assolutamente dinamico, nel quale il giocatore non deve più sperare nelle falle dell’intelligenza artificiale per avere la meglio sugli avversari ma deve, invece, confrontarsi, con un modo di agire assolutamente imprevedibile. Per il resto, Pandora Tomorrow propone comunque un’ottima trama per quello che riguarda il single player con un’atmosfera da spy-story ancora una volta memorabile, resa assolutamente intrigante grazie all’apporto di Tom Clancy, e con un nuovo livello di spettacolarità che lo accomuna sempre più ad un’opera cinematografica. Insomma, Pandora Tomorrow offre da una parte un ottimo gioco in single player costruito sugli elementi cardine forniti dal predecessore, dall’altra un’esperienza unica in multiplayer in grado di rivoluzionare lo stesso concetto di gioco online. Tutto questo lo rende un gioco assolutamente completo da tutti i punti di vista, una completezza difficilmente riscontrabile in qualsiasi altra produzione.

Voto Recensione di Splinter Cell: Pandora Tomorrow - Recensione


9.2

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